Caso Ebola, Tor vergata: «Il nostro cerotto? Può fermarla!»

Una soluzione innocua ed efficace per arginare l’emergenza. Ce ne parla un ingegnere biomedico del team universitario coordinato dal professor Gaetano Marrocco
Il cerotto in questione

Una soluzione innocua ed efficace per arginare l’emergenza Ebola? Esiste e parla italiano. Anzi romano. Creato dal gruppo di lavoro coordinato dal professor Gaetano Marrocco, presso i laboratori dell’Università di Roma, Tor Vergata, una sorta di “cerotto” in grado di misurare la febbre. Trasparente e traspirante. Resistente all’acqua e funzionante senza batteria, ha alla sua base una piccolissima tecnologia interna, chiamata RFID, ovvero “Identificazione a Radiofrequenza”. Che, come ci spiega Sabina Manzari, una giovane ingegnere biomedico che lavora attivamente nel team in questione, «si compone di due elementi principali: un chip con una memoria e un’antenna. Questi dispostivi possono trasformarsi in strumenti di rilevamento e sono silenti finché non sono vicini allo strumento che permette di leggere i dati rilevabili: accostando loro un lettore, il dispositivo si attiva in modalità wireless, tramite campi elettromagnetici, e trasmette i dati conservati nella memoriadel microchip. Le stesse etichette anti-taccheggio o usate per logistica tramite l’opportuna integrazione di sensori analogici o digitali possono essere in grado di “sentire” l’ambiente in modo discreto ed economico».

Ponendo quindi questa tecnologia nell’ambiente e/o sul nostro corpo può essere estremamente utile in situazioni di emergenze sanitarie, quali ebola e/o aviaria. Oltre a poter aiutare il nostro vivere in generale. Spiega ancora l’ing. Manzari: «In alcune emergenze, come Sars ed Ebola, è importante monitorare la temperatura di persone potenzialmente infette per evitare il diffondersi del contagio. Si può, quindi, immaginare di equipaggiare i passeggeri, negli aeroporti, con il nostro sensore epidermico. E controllare, poi, la loro temperatura nei vari momenti di transito. Per esempio, durante gli usuali controlli di sicurezza. Il sensore di temperatura integrato nel microchip presente nel dispositivo rivela variazioni di un quarto di grado fino a 65 gradi. Il cerotto si può applicare, per esempio, sul braccio.

E non è sempre attivo, in quanto, come detto, entra in funzione solo quando si trova in un campo elettromagnetico e invia informazioni solo se interrogato. L’antenna, presente nel cerotto, raccoglie l’energia elettromagnetica necessaria ad alimentare il microchip che si accende e, a comando, esegue una lettura della temperatura del corpo. Per poi trasmettere il dato verso un dispositivo interrogante, fino alla distanza di due metri in modalità passiva (senza batteria). Quest’ultimo può essere un lettore portatile, grande quanto un portachiavi, oppure un varco simile a quelli che si trovano nei negozi per il controllo degli oggetti acquistati. Inoltre, il dispositivo potrebbe essere utilizzato negli ospedali e nei centri di soccorso da campo dove le unità di lettura potrebbero essere installate nelle porte di accesso dei vari locali in modo da monitorare lo stato di salute di medici e infermieri che interagiscono con pazienti già contagiati, individuando e isolando situazioni critiche che richiedano maggiori approfondimenti».

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