Carlo Bianchi, ribelle per amore

In occasione del 25 aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, un ricordo di Carlo Bianchi, partigiano cattolico, “ribelle per amore”, fucilato nel campo di concentramento di Fossoli nel luglio 1944. «Per contrastare il male si è messo a seminare il bene»
Carlo Bianchi

La vita di Carlo Bianchi è quanto mai attuale: «La professione di fede cristiana impone di essere dalla parte del bene per contrastare il male. Non so se questo è essere di parte: ma significa avere speranza nell’umanità e nella storia. Una manifestazione come questa ha un debito di riconoscenza verso il passato. Ma il suo vero significato è continuare a professare che c’è una speranza per l’umanità».

Così l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha risposto ai cronisti che gli chiedevano il significato della sua partecipazione alla celebrazione avvenuta, in occasione del 25 aprile 2019, al campo della Gloria del cimitero maggiore di Milano, dove ogni anno si ricordano i combattenti per la libertà, gli ebrei milanesi morti nei lager, gli oppositori politici del nazifascismo caduti durante la Resistenza, i militari italiani deportati in Germania e mai più tornati.

L’arcivescovo nel suo intervento ha poi ricordato che Carlo Bianchi «ci ha insegnato a coltivare una cultura che abbia un’interpretazione della convivenza umana come vocazione alla fraternità, e la libertà come condizione irrinunciabile, con la ricerca e la difesa della giustizia, con la pratica generosa della carità, con la formazione di una coscienza sociale».

Carlo Bianchi, ha proseguito Delpini, «ci dà l’esempio di una serenità e di una fortezza che derivano dalla preghiera e dalla fede in Dio, arrivando addirittura a perdonare, come lui stesso fece, chi lo aveva tradito. Noi prendiamo spunto da queste vittime di una ingiustizia assurda e di una violenza cieca, rendiamo giustizia a loro perché anche noi cerchiamo di mettere mano all’impresa di aggiustare quello che c’è di sbagliato nel mondo, di metterci a seminare il bene per contrastare il male. Così vogliamo onorare e ricordare quanti ci hanno dato questa Italia».

Lo scorso anno la figura di Carlo Bianchi è stata anche inserita nel Giardino dei Giusti di Milano.

Nei giorni scorsi, dopo la posa di una pietra d’inciampo in via Villoresi 24 a Milano, dove abitava Carlo Bianchi, è stato organizzato un incontro online sulla figura di Carlo Bianchi. Nel collegamento, proposto dalla diocesi di Milano, dalla Fondazione Ambrosianeum e da altre realtà, in preparazione al 25 aprile, dopo l’introduzione del vescovo Delpini, è intervenuta anche Carla Bianchi, ultima dei 4 figli di Carlo Bianchi: «Sono nata un mese dopo la fucilazione di mio padre. Non l’ho mai potuto conoscere. Ne ho scoperto e approfondito la personalità, le vicende, le idee grazie agli studi storici che ho dedicato a lui e ai cattolici nella Resistenza.

Una storia e una memoria quasi sconosciute, troppo presto e troppo a lungo dimenticate, anche nella Chiesa, anche fra le associazioni cattoliche. Per questo sono contenta che l’arcivescovo Delpini l’abbia ricordato anche oggi a questo incontro. E sono contenta non solo perché ha ricordato mio padre, ma per come lo ha ricordato.

Non ne ha fatto un “santino”. Non si è fermato al racconto di quel che fece prima dell’arresto, la sua partecipazione alla Resistenza, l’attività per salvare gli ebrei e altri perseguitati. No: l’arcivescovo ha preferito raccontare le motivazioni, le radici, i valori che hanno portato un cattolico come lui all’impegno in quegli anni difficili. Perché lui, cresciuto in una famiglia cattolica e liberale, educato dalla Fuci di mons. Montini e di Igino Righetti ai valori della libertà, dello spirito, della responsabilità civile e sociale, all’amore della pace, all’odio verso la guerra e la violenza, era già antifascista molto prima che iniziasse la Resistenza».

Ma chi era Carlo Bianchi, nato a Milano nel 1912 e fucilato nel campo di concentramento di Fossoli il 12 luglio 1944?

Iscritto all’Azione Cattolica fin dagli anni del liceo, durante il percorso universitario aderisce alla Fuci, della quale diviene presidente diocesano, conoscendo anche personalmente Giovanni Battista Montini e Igino Righetti. Dopo la laurea in ingegneria e due anni di specializzazione all’istituto elettrotecnico Carlo Erba, entra alla Siemens per approdare infine nel 1939 nell’azienda paterna, un’industria cartiera con annessa tipografia. Negli anni della guerra e della Resistenza è molto impegnato nell’aiuto ai poveri e ai profughi, oltre che nell’assistenza ai giovani cattolici in lotta contro il nazifascismo. A tale scopo istituisce, con l’aiuto di volontari medici e avvocati, il centro di assistenza medica e legale per i poveri, la “Carità dell’Arcivescovo”, attivo ancora oggi con il nome di “Centro di assistenza legale e medica card. Schuster ”, e organizza “Casa nostra”, una realtà che ospita studenti universitari in disagiate condizioni economiche provenienti da fuori città.

Dopo l’8 settembre 1943, quando viene reso noto l’armistizio e l’Italia si ritira dalla guerra, Carlo Bianchi si attiva nella Resistenza, nelle file delle Fiamme Verdi, i partigiani cattolici. Opera soprattutto nella redazione e nella diffusione della stampa clandestina, come il foglio Il Ribelle, che arriverà ad avere una tiratura di 15 mila copie. Arrestato il 27 aprile 1944 a Milano con Teresio Olivelli, di cui era amico e con cui collaborava nella redazione de Il Ribelle, verrà tradotto nel carcere di S. Vittore e poi nel lager Fossoli, vicino a Carpi, dove sarà fucilato il 12 luglio 1944 assieme ad altri 66 antifascisti di varie estrazioni sociali e politiche. Con questa fucilazione di massa i nazifascisti intendevano eliminare i leader della Resistenza nel Nord Italia.

Le storie di Carlo Bianchi e dei ribelli per amore, come Teresio Olivelli, profumano di Vangelo, di un Vangelo incarnato nelle sfide della storia. Siamo di fronte dunque a dei martiri della Resistenza, a dei martiri della pace. Carlo Bianchi ha lottato contro il nazifascismo a mani nude, senza impugnare armi. La resistenza è stata per lui una ribellione per amore, un atto di giustizia, un’opposizione al male, un comportamento che ogni giorno siamo chiamati a mettere in pratica.

Il lascito morale, l’eredità che ci proviene da questi ribelli per amore, è bene indicato dalla parola ebraica Tiqqun, che indica l’impegno a prendersi cura del mondo e dei suoi abitanti, soprattutto di coloro che restano indietro, che non reggono il ritmo, che sono stanchi, che si trovano le porte sbarrate. Questo è l’impegno educativo che ci deriva dalle pietre d’inciampo, dai ribelli per amore, dai martiri della Resistenza. Dallo sguardo rivolto al passato dobbiamo trarre gli insegnamenti per contribuire oggi a creare un mondo più giusto e fraterno.

Lettere dal carcere

Le lettere che invia da San Vittore e da Fossoli alla moglie e agli altri familiari ci danno l’idea dell’assoluto spessore spirituale di Carlo Bianchi. Eccone alcuni brevi estratti:

«Le nubi non ci sono ed è tutta luce per me il ricordo del nostro amore e della nostra gioia: tornerà presto il sole, magari prima di quanto immaginiamo» (da una lettera alla moglie).

 «Lo spirito è altissimo, la fede più viva che mai: non ho ancora avuto un momento di incertezza, di recriminazione, di rilassamento morale. Dio aiuta ad avere pazienza, ad avere forza, ad avere coraggio e serenità: la prima settimana mi è volata» (Ai familiari).

«Tu sai che il dolore non è sterile se offerto a Dio con retta intenzione: offriamo insieme al Signore le nostre sofferenze perché ne venga tanto bene a tutti, alla patria, a quelli che ci fanno del male, ai nemici a cui perdono di cuore» (Alla moglie).

«Il Signore ci aiuta in modo visibile, in tante piccole cose che succedono qua dentro e che non si possono nemmeno spiegare: io mi sono abbandonato tutto a lui e mi trovo benone. I momenti di malinconia sono pochissimi perché la forza sostiene il morale e la fede dà vita allo spirito» (Alla moglie).

«Sono convinto che la prova servirà a me per il mio avvenire e a tutti perché le sofferenze di tanti innocenti non possono che impetrare da Dio la salvezza e la pace futura» (Alla moglie).

 «Non posso pentirmi di quanto ho fatto e vi prego con tutto il cuore di scusare ancora una volta il mio entusiasmo che vi ha toccati senza colpa e vi fa soffrire per me. Siate calmi, sereni e allegri come lo sono io» (Ai familiari).

Per saperne di più

Carla Bianchi, Aspetti dell’opposizione dei cattolici di Milano alla Repubblica Sociale Italiana, ed. Morcelliana, Brescia 1998

Anselmo Palini, Teresio Olivelli. Ribelle per amore, editrice Ave, nuova ristampa Roma 2020

 

 

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