“Carceri devono rieducare”: la scossa di Mattarella

Nel messaggio inviato in occasione della festa del Corpo della Polizia penitenziaria del 7 giugno, il presidente della Repubblica ha parlato della necessità di un «profondo rinnovamento del modello di detenzione». Temi toccati quelli dell'istruzione, del lavoro e del diritto alla genitorialità
Sergio Mattarella al Corpo di polizia penitenziaria

Nel messaggio inviato in occasione della festa del Corpo della Polizia penitenziaria del 7 giugno, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato della necessità di un «profondo rinnovamento del modello di detenzione». La funzione rieducativa della pena, il senso di umanità restano l'obiettivo primario. «Bisogna proseguire sulla strada che sappia unire sicurezza alla comunità e relazioni sociali, opportunità di istruzione e lavoro per offrire ai detenuti – ha affermato il capo dello Stato – la scelta del recupero e dell'integrazione».

 

Serve da subito un nuovo modello di detenzione. La sanzione penale deve diventare qualcosa di responsabilizzante, non di inutile e passivizzante.

E più che di astratte teorie, Mattarella parla di carceri, di detenuti, di vita dietro le sbarre e di condanne che devono rieducare, non semplicemente punire chi ha sbagliato.

Parla agli agenti che negli istituti di pena lavorano e ai quali esprime «viva gratitudine della Repubblica perché impegnati quotidianamente nella delicata funzione dell'applicazione delle misure di giustizia». Non servono tuttavia più poliziotti. Servono invece più operatori sociali, più mediatori, più interpreti, più medici, più psicologi. Più attenzione all’uomo detenuto, prima ancora che al percorso di detenzione.

 

Il processo di cambiamento, cominciato a seguito della condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, non può fermarsi qui. Perderemmo un’occasione storica per ripensare un modello penale e penitenziario che non ha funzionato, come i tassi elevatissimi di recidiva ci dimostrano inequivocabilmente.

 

Dare istruzione e lavoro. «Occorre – continua Mattarella – unire l'opportunità dell'istruzione, del lavoro, l'apertura alla società esterna, per offrire ai detenuti la scelta del recupero e dell'integrazione».

Conciliare severità e umanità. «Il poliziotto penitenziario è sempre meno agente di segregazione e sempre più garante del trattamento che concili severità e umanità. Devono prevalere le migliori capacità professionali del personale interno: la sensibilità, la conoscenza delle storie e delle vicende personali dei detenuti».

 

Carceri costose e affollate. Una situazione, quella delle carceri italiane, drammatica.

Come ha denunciato il rapporto Galere d'Italia dell'associazione Antigone, il 34% dei detenuti è in attesa di giudizio. Celle vecchie, sovraffollate e allo stesso tempo costose più di un hotel a 3 stelle. Con 53.476 detenuti. Mancano persino i letti per i detenuti. Ben 9 mila sognano gli standard europei di 4 metri quadri a testa di spazio. Per quanto riguarda le pene, prevalgono quelle brevi ma sono ancora troppi gli ergastoli, circa 1633. In crescita rispetto al 2011 quando erano 1446 e 1408 nel 2009. Mattarella ha parlato dell’importanza del lavoro in carcere. Oggi solo il 29,7% del detenuti è impegnato lavorativamente .

La stragrande maggioranza lavora alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, impiegata in attività domestiche del tutto dequalificate: il portavitto che distribuisce le vivande, lo scopino che tiene pulita la sezione, lo spesino che prende le ordinazioni della spesa, lo scrivano per le emergenze. E la vita dentro come passa?

Circa il 95% dei detenuti in media sicurezza può trascorrere 8 ore fuori dalla propria cella. I colloqui visivi e telefonici con i familiari sono mal gestiti. Il diritto all’affettività è bistrattato. Le sbarre, simbolo del carcere, non possono diventare un ostacolo alla genitorialità e al diritto contestuale, dei minori, di avere un legame affettivo fondamentale. Ci sono tantissimi ragazzi in età minorenne con genitori reclusi: 57 mila figli con 25.119 padri o madri in carcere. Una situazione preoccupante che mette a dura prova il diritto alla genitorialità.

Per rispondere a queste esigenze Vanna Iori, deputata Pd con delega al Welfare, ha depositato una proposta di legge volta a modificare la situazione delle madri detenute con bambini e la vita di genitori e figli a cui è negato il diritto alla espressione della genitorialità.

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