Dopo il carcere una nuova vita, aiutando i rifugiati ucraini

A tu per tu con una famigliola proveniente dall’Ucraina. Una nuova vita, che ci racconta una lettrice, dopo l’esperienza della sua detenzione nel carcere di Teramo.
Ucraina, rifugiati (AP Photo/Markus Schreiber)

Sono stata  chiamata da un amico di settant’ anni, vedovo, che aveva dato la disponibilità ad accogliere persone dell’Ucraina. Da lui sono arrivati una madre e  2 bimbi di due e quattro anni, dopo un viaggio di 3 giorni. In Ucraina, la giovanissima donna  ha lasciato il marito, perché gli uomini debbono restare lì, la madre e la sorella.

Spaesati, pallidi e stanchi hanno raggiunto la casa di San Benedetto. Io ho messo in moto il mio cuore. Ci voleva un ambiente pulito e ben sistemato e mi sono messa all’opera.

Ho cucinato, ma i bimbi, ancora frastornati, hanno vomitato tutto, davvero stravolti; poi, come tutti i bimbi, in breve tempo si sono ripresi. Per comunicare con questa giovanissima madre ho installato sul cellulare il sistema di traduzione simultanea. Ho ascoltato di peripezie incredibili.

Nei vari spazi liberi dal lavoro torno da loro, ho coinvolto delle amiche, abbiamo comprato scarpe per i bimbi! Mi ero accorta che il più grandicello le aveva sfondate ed erano pure rosse, come quelle del bimbo che giaceva morto sulla spiaggia dopo il naufragio del barcone dove viaggiava, qualche anno fa, foto che aveva commosso il mondo. Non so perché in me c’è stata questa associazione di idee!

Abbiamo procurato giochi e vestiti anche chiedendo ad una Onlus trovata aperta per caso. Gli occhi dei bimbi sono così luminosi da commuovermi ogni volta, ma riesco a restare padrona di me fino al rientro a casa e lì, soprattutto la prima volta, piango. Questo signore che ha aperto la sua casa, mi ha chiesto una costante collaborazione ed io, appena sono libera, garantisco la mia presenza felice.

“Date e vi sarà dato” dice il vangelo ed è vero. Stefano, mio marito, si è sentito spinto a venire di persona con me per far conoscenza: è rimasto colpitissimo dalla gioiosa accoglienza e dagli abbracci dei bimbi. Il più grandicello lo ha chiamato con sorpresa, papà.

L’esperienza prosegue e sono felice. Ora nella vita ho un solo obiettivo: non cadere più nelle trappole. Ho un marito che mi ama, lavoro ed ora so come vivere i ritagli del mio tempo.

N.I.

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