Caraibi tragici

L’epopea della Martinica e di Haiti riletta da Eduard Glissant e Madison Smartt Bell  
Haiti

La straripante bellezza esotica delle Antille, isole consacrate ad un turismo tanto spesso vacuo, non può e non deve far dimenticare che a partire dal XVII secolo queste perle disseminate nel Mar dei Caraibi sono state luogo di schiavitù per milioni di africani lì deportati per soddisfare l'avidità di un Occidente senza scrupoli.

S'incaricano ciascuno a suo modo di ricordarci questo destino segnato da sopraffazioni e violenze due scrittori notevoli come Edouard Glissant e Madison Smartt Bell. Dobbiamo a loro se i dimenticati della storia ritornano a parlare e ad agire da protagonisti, laddove nella letteratura americana dell'Ottocento e di buona parte del Novecento predomina una visione “biancocentrica” che confina gli afroamericani entro limiti spersonalizzanti. Di più: grazie al loro contributo, la Martinica di Glissant e l'Haiti di Smartt Bell, da aree a lungo considerate marginali, sono diventate osservatorio privilegiato per riflettere sui conflitti etnici e razziali che affliggono l'umanità del nostro tempo, per rileggere la grande storia e interrogarsi sull'avvenire.
Creolo della Martinica e tra i più rinomati scrittori dell'area caraibica francofona, Glissant è conosciuto in Italia per Il quarto secolo, tradotto dalle Edizioni Lavoro quarant'anni dopo la sua pubblicazione, e Premio Grinzane Cavour 2004 per la sezione Narrativa straniera.

Attraverso il racconto, denso e poetico, di un vecchio stregone ad un ragazzo desideroso di conoscere l'intricata saga del suo popolo, l'autore ripercorre quattro secoli di storia delle Antille francesi, dall'arrivo della prima nave negriera nell'isola della Martinica fino ai nostri giorni. La narrazione, che evoca il destino di due lignaggi di schiavi africani – quelli delle piantagioni e quelli che hanno scelto di fuggire sulle alture (i cosiddetti marrons) – è resa nello stile dei racconti notturni fra schiavi, con un andamento decisamente non cronologico, ricco invece di ripetizioni, pause, digressioni. Ma proprio questo fluire caotico e privo di appigli riesce ad esprimere senza facili scorciatoie il senso di meraviglioso e il mistero di un mondo complesso come quello creolo. Romanzo insolito e di grande suggestione, accomuna oppressi e oppressori nell’alienazione di un medesimo esilio, lontano dalle rispettive patrie.

Pure in successivi romanzi, saggi e raccolte poetiche Glissant continua la sua riflessione sulle condizioni di vita e di lavoro nelle colonie caraibiche, rimaste pressoché immutate anche dopo l'abolizione della schiavitù nel 1848 (aspre lotte politiche e culturali si susseguirono fino al Novecento). Tuttavia, non si limita a lanciare un grido di dolore o di denuncia; a lui preme mettere in luce anche un'altra verità: dall'incontro forzato fra bianchi, neri, indios nativi e successivamente asiatici è nato – nonostante tutto – un popolo nuovo con una cultura, lingua e letteratura proprie, il creolo. E “creolizzazione” definisce Glissant il fenomeno, oggi esteso all'intero pianeta, dell'incontro/scontro tra culture diverse: naturalmente, egli auspica piuttosto la prima soluzione, dove tutte le culture possano trovare pari dignità senza rinunciare alla propria identità.
A tal fine, per lo scrittore martinicano è essenziale l'abbandono di pregiudizi e privilegi, e viceversa la ricerca, al di là delle diversità, di possibili punti di contatto. Ciò non significa puntare ad una generica fratellanza che ignori le verità della storia: prova ne sia il suo impegno costante affinché la schiavitù e la tratta delle popolazioni africane siano dichiarate crimini contro l'umanità.

Anche Madison Smartt Bell s’è conquistato un suo pubblico di lettori in Italia grazie ad una trilogia monumentale che comprende i romanzi: Quando le anime si sollevano, Il signore dei crocevia e Il Napoleone nero, pubblicati dall'editrice Alet. In essa lo scrittore statunitense sostiene la tesi che la rivoluzione iniziata ad Haiti nel 1791, in seguito all'abolizione della schiavitù decretata dalla Francia repubblicana, costituisce insieme alla rivoluzione francese e a quella americana la triade che ha creato la società moderna. Più misconosciuta delle altre, la rivoluzione haitiana ha la particolarità di essere stata l'unica che, in quell'epoca, si è proposta di estendere l'ideale di eguaglianza anche ai non bianchi.
Purtroppo nell'antica colonia spagnola e poi francese si verificarono efferate crudeltà da parte sia dei ricchi latifondisti bianchi che dei neri: si uccise decapitando, scuoiando, bruciando, impalando, fino al 1805 quando l'imperatore nero di Haiti Dessalines ordinò il massacro di tutti i bianchi.

Suggestionato da questa tragedia che la storia ufficiale tende a rimuovere, Madison Smartt Bell si destreggia magistralmente tra verità storica ed invenzione romanzesca. Storico è, ad esempio, lo “Spartaco neroToussaint Louverture, leader carismatico e contraddittorio. D'invenzione, invece, è il personaggio del dottor Hébert, un po' la coscienza critica della vicenda: aperto alle esigenze dei neri di cui riconosce l'uguaglianza con i bianchi, assiste tuttavia impotente alla lotta di sterminio tra le due razze; lotta complicata dall'intervento di altre potenze colonialiste europee. Sullo sfondo di una natura lussureggiante e selvaggia, le passioni si scatenano con violenza inaudita, propagandosi come un morbo mortale. E in questo scenario, percorso da forze irrazionali, giocano un ruolo non secondario anche le credenze indigene legate al vudù e così radicate nella storia di Haiti. Immenso affresco, dunque, che restituisce in pieno l'antico mondo coloniale e schiavista, dove non esistono eroi senza macchia e sembra non esserci un'unica verità.
 

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