A Caracas l’incertezza regna sovrana

Guaidò riuscirà nel suo tentativo di Golpe? Maduro resisterà? Tutto è possibile. A parte Stati Uniti e Russia, e pochi altri, schierati chiaramente per uno dei due contendenti, la prudenza è seguita dalle cancellerie mondiali

Pneumatici che bruciano, lancio di pietre, lacrimogeni. Scenari consueti da tre anni a questa parte in Venezuela. È quanto si è visto anche ieri, 30 aprile, dinanzi alla caserma di La Carlota, a Caracas, dove Guaidó aveva fatto convenire qualche migliaio di suoi supporter per girare un video che supponeva scatenare la rivolta in tutto il Paese e, soprattutto, convincere i militari ad abbandonare il presidente Maduro. Nel video si vedeva l’adesione alla sua causa di un gruppo di militari. Dopo di che Guaidó ha lasciato la base recandosi ad Altamira, sopra un camion e circondato da una folla esultante e urlante: «Sì, possiamo».

Ovviamente la risposta del governo è stata rapida. Il governo ha denunciato «un tentativo di colpo di Stato». Secondo il ministro della Difesa, un soldato venezuelano fedele al presidente Nicolas Maduro è stato colpito e ferito nella base di La Carlota, accusando «i leader politici dell’opposizione di essere responsabili dell’assassinio».

È evidente come Guaidó stia cercando un upgrade decisivo per la battaglia che ormai da 8 mesi lo oppone a Maduro. Se questi è rimasto al suo posto negli ultimi anni, ciò dipende solo dall’esercito, che gli è rimasto fedele pur tra non pochi tentennamenti. Ma ora l’esercito sostiene Juan Guaidó? Nicolas Maduro dichiara su Twitter di aver «parlato con i comandanti di tutte le aree del Paese, che hanno ripetuto la loro totale lealtà nei confronti del popolo, della Costituzione e della patria». Ma delle defezioni nel rango dell’esercito ci sono state, anche se è impossibile sapere, allo stato delle cose, il numero di soldati che hanno effettivamente deciso di sostenere l’operazione lanciata da Juan Guaidó alla base aerea di La Carlota. Per il momento, però, la dimensione delle manifestazioni e il numero esiguo delle vittime sembra dire che la frattura nell’esercito non c’è stata, e che la spallata di Guaidó non è riuscita.

Nel frattempo, però, uno dei massimi leader dell’opposizione venezuelana, Leopoldo López, rilasciato martedì dalla sua casa sorvegliata da soldati che sostenevano Juan Guaidó , si è rifugiato con la moglie e uno dei loro tre bambini nell’ambasciata del Cile a Caracas. Non pochi pensano che Leopoldo López possa diventare il vero leader della rivolta anti-chavista.

Oggi, primo maggio, potrebbe essere la giornata decisiva. Dieci giorni fa, in effetti, Juan Guaidó ha invitato la popolazione a scendere in piazza proprio il primo maggio per quello che lui ha definito «il più grande evento della storia» del Paese e costringere così Nicolas Maduro ad andarsene. Un’iniziativa ovviamente appoggiata dall’Assemblea nazionale, dominata dall’opposizione e guidata dallo stesso Guaidó, ma svuotata di potere dai recenti movimenti politici di Maduro.

Sul piano internazionale gli Stati Uniti hanno confermato apertamente di stare dalla parte di Guaidó, al quale evidentemente non stanno facendo mancare il loro supporto di intelligenze e di soldi. Dall’altro lato, Putin invita Maduro a rimanere al suo posto, così come fa anche il presidente boliviano Morales. Il resto delle cancellerie internazionali sottolinea la gravità del momento e invita a non scatenare violenze inutili, optando per una transizione non-violenta. Le prossime ore saranno decisive.

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