Capannori, nomi e numeri di un modello ecosostenibile

Una città ecologica nel cuore della Toscana, modello per l’Europa e per il mondo. La raccolta differenziata è avviata verso l’85 per cento, con incentivi premianti per i cittadini. Sul tetto del Palazzo comunale ci sono 25 pannelli fotovoltaici, 15 distributori pubblici erogano detersivi senza tasse per chi li installa, i bar vendono gomme da masticare riciclabili e scelgono cialde smaltibili. Non è fantascienza ma la quotidianità di un comune del protocollo Rifiuti zero
Capannori

«Si fatica a credere che sia l'Italia, quella di Napoli e dell'emergenza rifiuti infiltrata dalla camorra, a indicare la strada per la gestione dell'immondizia» firma, con stupore, il quotidiano parigino Le Monde un articolo sul riciclo dei rifiuti. Gli onori delle cronache transalpine spettano alla Toscana e allo“strano caso” del pluripremiato comune di Capannori. Situato in una valle della provincia lucchese e circondato dagli Appennini, è il comune rurale più grande d’Italia, con una superficie di 157 Km2, dove risiedono 47.000 cittadini. Quali sono i suoi segni particolari, visto che oltre al giornale francese in tanti ne parlano e in tanti vengono a visitarlo, dalle delegazioni della Germania a quelle del Parlamento europeo, al punto da erigerlo come modello amministrativo?

Nel 2007, Eugenio Baronti, assessore all’ambiente nella giunta guidata dal sindaco Giorgio Del Ghinghero, scriveva: «Non è iscritto nell’ordine naturale delle cose che la gigantesca montagna di rifiuti che produciamo ogni anno debba continuare a crescere all’infinito. Penso sia possibile lavorare per fermare questa crescita e iniziare non solo a ridurla, ma anche a modificarne la composizione merceologica al fine di favorire strategie di raccolta differenziata, recupero, riutilizzo e riciclo». Non erano solo parole di propaganda politica perché già nel 27 maggio 2005 la Giunta aveva deliberato di adottare, prima in Toscana, il metodo “Green Public Procurement” nelle procedure di acquisto di beni e servizi, e nel 2007 Capannori è stato il primo comune italiano ad aderire ufficialmente alla rete internazionale “Rifiuti zero”.

Un percorso in embrione già dal 1 febbraio 2005, quando era partito il progetto pilota di raccolta differenziata “porta a porta” nella frazione di Guamo. Dopo un anno, la prima grande accelerazione: l’1 febbraio 2006 il sistema viene esteso nelle due frazioni più popolose, Marlia e Lammari, per un bacino di circa 10.000 abitanti. In 11 mesi, dal 1 febbraio al 31 dicembre 2006, si ottiene una riduzione dei rifiuti indifferenziati conferiti in discarica di cira 4.363.000 kg (23% del totale). Buona la prima? Per lo meno eccellente: la strada si è profilata, concretamente, etica e redditizia, che ha convinto anche i nonni ad aderire alla strategia “Rifiuti Zero”.

Ideato negli anni ‘80 dal chimico californiano Paul Connett, il modello punta al riciclo pressoché totale degli scarti, riducendo ai minimi termini il dibattito su termovalorizzatori e discariche. Spiega Rossano Ercolini, padre del progetto, insignito del Goldman Prize: «Il cassonetto è una miniera urbana di cartone, rame, materiali costosi: mandare all'estero o incenerire questo tesoro è, oltre che dannoso, un controsenso economico». Maestro elementare, negli anni '90, nel pieno delle polemiche sui termovalorizzatori, invitò Connett a Capannori: «Ci fece intuire che si poteva progettare un altro sviluppo: all'inizio, la gente protestava buttando in Comune i sacchetti e dicendo “adesso smaltite voi”, ma poi ha capito». “Rifiuti zero entro il 2020” è la storia di un percorso di rivoluzione culturale nei comportamenti e negli stili di vita di una comunità.

Un’ambiziosa provocazione scientifica, scandita da strategie operative atte a scoraggiare l’incremento dei rifiuti e la messa a discarica, fino a coinvolgere, oltre ai cittadini per la raccolta differenziata, anche il mondo produttivo che non ha meno responsabilità nel produrre e riciclare rifiuti. E Capannori avviato all'85% del riciclo vede comparire il suo nome accanto a città come S. Francisco, Oakland, Santa Cruz e Berkley negli USA, l’australiana Camberra, le canadesi Nuova Scozia e Columbia Britannica, Buenos Aires e alcune città del Regno Unito. Ma i costi sono sostenibili?

I primi numeri di una svolta  Bilanci alla mano, nel 2004 Capannori spendeva più di 3.100.000 euro per la gestione dei rifiuti; nel 2012 poco più di 1.300.000 euro: si è incrementato il costo relativo al rifiuto organico (da 244.000 del 2004 ai 784.000 del 2012) ma si sono più che dimezzate le spese complessive, relative soprattutto all’indifferenziato. Nel 2004 Capannori produceva oltre 31 tonnellate di rifiuti, oggi circa 12: in nove anni, la quantità di rifiuti pro capite annuale è passata da 700 a 430 Kg, ossia è diminuita del 39 per cento. Depositare in discarica pesa su gran parte dei bilanci dei comuni, mentre solo nel 2010 Capannori ha risparmiato un milione e 900 mila euro. I cittadini stessi, in base al peso del materiale differenziato che portano all’isola ecologica costituita, vedono incrementare i punti di una tessera magnetica loro intestata, per cui la raccolta di 500 punti frutta un’erogazione di 20 euro.

Al contempo, valorizzare riciclo e vendita ha consentito maggiori introiti per la “ASCIT”, azienda pubblica di raccolta e smaltimento che dà lavoro a 120 persone, 50 delle quali assunte proprio grazie ai guadagni del comune. Spiega il presidente Tiziano Bianconcini: «Le raccolte differenziate sono un grande strumento, sia per l’ambiente che per ricavarne vantaggi economici. Tutti possiamo farne parte: per i cittadini che praticano le raccolte siamo in grado di offrire sconti importanti, fino al 20 per cento». «Quando partimmo, nel 2004, ci presero per pazzi, pensando che avremmo fatto un buco di bilancio – racconta il sindaco – oggi invece abbiamo le bollette più basse della Toscana».

Un piano ambizioso e articolato La chiave della svolta? L’educazione prima di tutto: «abbiamo fattocentinaia di assemblee nelle nostre frazioni per fare sentire che c’era dietro un progetto e una passione. La gente lo capì – afferma il sindaco – e si è sentita protagonista consapevole di una rivoluzione». Educazione, partecipazione, ma soprattutto un progetto a lungo termine e ad ampio raggio, in grado di interessare ogni aspetto amministrativo della comunità. Nell’ottica stessa di ridurre la produzione primaria di rifiuti, il comune ha innanzitutto rimesso in sesto l’antica via dell’acqua, che fiancheggia la montagna: 15 fonti assicurano ottima e controllata acqua potabile. Secondo i calcoli, effettuati nell’arco di un triennio, il risparmio è stato di 100.000 bottiglie per 5.000 kg di plastica.

Nell’emporio “Effecorta” (Filiera corta), si vendono invece alimentari provenienti dai produttori della zona in un raggio di 70 chilometri: il costo è accessibile e ne guadagnano qualità, ambiente ed economia locale. Sul tetto del Municipio, dal 1° Agosto 2007 sono istallati 25 pannelli fotovoltaici che, secondo i calcoli, hanno evitato ad oggi l’emissione di più di 70.000 kg di CO2, producendo elettricità per oltre 100.000 KWh: un Palazzo ecologico. Le stesse case popolari, poi, sono state costruite seguendo il primo esempio di bioarchitettura applicato alla residenza pubblica: abitazioni del tutto in legno e a risparmio energetico, dotate di impianto solare sul tetto, box auto ed un impianto geotermico.

Sparsi per la città 15 dispensatori pubblici erogano detersivo, in un contenitore d'acciaio, più economico per chi compra alla spina e senza tasse comunali per chi vende. Un altro distributore eroga latte fresco di giornata, genuino e certificato, da imbottigliare al momento senza alcun trattamento industriale e al prezzo di un euro al litro. Gli stessi pannolini, lavabili e riutilizzabili, sono rimborsati dal comune e persino le gomme da masticare, biodegradabili, sono distribuite dal sindaco nei bar, mentre la cialda dell'espresso, probabilmente il rifiuto più difficile da smaltire, è studiata con apposite capsule speciali, riciclabili.

Per il materiale inutile e ingombrante, è possibile rivolgersi al centro del riuso attivo accanto alla stazione ecologica di Lammari, gestito dall'associazione La Bisaccia in convenzione con Caritas, Comune e Ascit: numerosi volontari smistano, ristrutturano, ordinano vestiario, oggettistica, giocattoli, mobili ed elettrodomestici che da scarto diventano risorsa per indigenti e fasce meno facoltose, ma anche per chi lo richiede comprando a prezzi convenienti. Sul piano edilizio, Capannori non si espande, non cede terreno per nuove costruzioni, ma non toglie occupazione: il grosso del lavoro appaltato è sull’esistente ed attraverso il regolamento edilizio il comune incentiva la riqualificazione di edifici esistenti e tecniche ecocompatibili.

Risparmio e democrazia diretta  Capannori compare nella lista dei “Magnifici 48”, cioè i comuni virtuosi d’Italia, dove al di là dei conti costantemente in ordine, il denaro risparmiato nel tempo è reinvestito nelle voci di spesa sociale, a cui viene destinato il 30 per cento degli introiti, coinvolgendo inoltre la cittadinanza nelle scelte attraverso il “bilancio partecipativo” che amplia, in questo modo, le frontiere amministrative della “democrazia diretta.

Se la cooperativa Odissea organizza prima assistenza e accoglienza a persone che risultano senza alloggio, il 10% di risorse dedicato alle opere pubbliche è stato investito, attraverso il parere diretto di un campione di cittadini, sulle scuole pubbliche del territorio. Se fosse un sogno, non svegliate i 47 mila abitanti di Capannori; se non lo fosse, cosa impedisce a tanti comuni di imitarne il modello?

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