Cantone e la difficile lotta alla corruzione

Pubblichiamo l'intervista integrale al presidente dell'Anac, di cui nei giorni scorsi sono state ipotizzate le dimissioni, da lui smentite con decisione. Il magistrato parla del codice per gli appalti, del suo impegno come cristiano, di papa Francesco, delle blockchain, della presenza delle mafie anche al Nord, della speranza che fonda nei cittadini e nei giovani, del whistle blower: il "segnalante" che può denunciare gli illeciti nelle amministrazioni...

«Non ho alcuna intenzione di dimettermi». Parla Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, dopo alcuni articoli che parlavano della sua intenzione di lasciare la guida dell’Anac. Il magistrato precisa di «aver presentato domanda al CSM (Consiglio superiore della magistratura, ndr) per incarichi direttivi presso le Procure della Repubblica di Perugia, Torre Annunziata e Frosinone la settimana scorsa, dopo una lunga valutazione di carattere squisitamente personale. Sapendo che i tempi del Consiglio superiore della magistratura non sarebbero stati brevi, era mia intenzione informare quanto prima gli esponenti dell’esecutivo con cui più intensa è stata la collaborazione istituzionale in questi mesi». A breve Cantone si incotnrerà dunque con il presidente del Consiglio Conte e con i Ministri dell’Interno Salvini e della Giustizia, Bonafede, ai quali, commenta, «esporrò nei prossimi giorni le mie motivazioni».

Il problema sarebbe politico, visto che in una nostra intervista realizzata lo scorso dicembre e qui pubblicata integralmente, Cantone aveva affermato di sentire di avere tanti cittadini dalla sua parte, di avere fiducia nei giovani, di avere come grande alleato papa Francesco nella difficile lotta alla corruzione.

L’esistenza di un malcontento era stata palese qualche giorno fa, quando nel corso della presentazione dellIndice di corruzione percepito (CPI) , che vede l’Italia migliorare di una posizione nella classifica internazionale di Transparency International, Cantone aveva esclamato: «Ogni tanto leggendo il giornale si ha l’impressione che il problema non sia la corruzione, ma l’anticorruzione, soprattutto per una serie di luoghi comuni che vengono poi smentiti dai fatti». Certamente, aveva aggiunto, se nel Paese si fa largo l’idea che per appalti e concessioni si debbano avere le “mani libere”, «è evidente che l’anticorruzione può rappresentare un limite, ma se invece viene vista come uno strumento per far applicare le regole, non è assolutamente vero che sia un limite».

 

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