Cannes snobba l’Italia

Nessun premio al Belpaese. Palma d’oro al trhiller francese “Anatomie d’une chute” di Justine Triet, miglior regia a Tran Anh Hung, vietnamita naturalizzata francese per il trionfo del buon cibo in “La passion de Dodin Bouffant”
Foto collettiva dei premiati al Festival di Cannes (AP Photo/Daniel Cole)

L’Italia non ce l’ha fatta. Nonostante gli applausi, Moretti e Bellocchio non hanno preso nessun premio a Cannes. Proprio nessuno. Forse sull’onda della stroncatura di Moretti da parte di The Guardian e di Le Monde, la giuria presieduta dal regista svedese Ruben Ostlund non ha mai preso in considerazione un film nostrano. Anziché fare le vittime, come certo siamo bravi a fare ed esaltare i nostri autori ed attori anche quando non sono perfetti, dovremmo chiederci perchè il cinema italiano non sia piaciuto davvero. I due big, Bellocchio e Moretti, per quanto autori di notevole spessore e carriera, in effetti scontano temi che all’estero non dicono più di tanto. Bellocchio con una storia papale di 150 anni fa recita la consueta analisi storica dal tocco amaro – per quanto ben diretta e interpretata -, Moretti con un narcisismo personale e storico radical chic non funziona più, anzi risulta indigesto anche ai suoi amati francesi. Il cinema italiano dovrebbe farsene una ragione se non ha più molto da dire e ricordare che la storia va avanti e l’ora delle nostalgie è finita. Ci vuole qualcosa di diverso, anche da parte di giovani di talento come Alice Rohrwacher e il suo mondo arcaico di La chimera.

Forse l’ha capito pure Ken Loach con l’ultimo film The old oak, non premiato.

La verità è che certi temi non interessano più, sono lontani anni-luce. Oggi vincono prodotti variegati, non capolavori forse, ma tuttavia esprimono sensibilità “altre”. Il film vincitore del Premio della giuria con una grande Juliette Binoche nei panni di una cuoca eccezionale è un inno alla vita, al cibo, e alla passione che la cucina crea e porta a condividere (oggi di gran moda). L’amore per la storia non ce l’abbiamo solo noi, se è stato premiato Zone of interest del londinese Jonathan Glazer, un affresco sulla Shoah visto dalla prospettiva dei nazisti, cosa molto originale. Wim Wenders è tornato non con un documentario come altre volte, ma con Perfect days, la storia semplice di un addetto alle pulizie di Tokyo, un povero uomo felice col nulla che possiede, che ha fruttato il premio come miglior attore al giapponese Koji Yakusho.

Opere, come si nota, originali, creative, senza ripiegamenti su un passato molto locale.

Naturalmente, Cannes è anche passerelle: Harrison Ford al suo ultimo Indiana Jones, Johnny Depp imbolsito nei panni di un re francese, Scorsese con gli amici Di Caprio e De Niro, Isabella Rossellini, e Jane Fonda, la grande premiatrice, libera e viva a 85 anni. Il vero cinema e i veri attori non invecchiano mai. Del resto ogni Paese dà quello che ha. Lo capiremo noi italiani dai corti orizzonti? Ce lo auguriamo.

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