Camusso e le nuove sfide del lavoro

Il congresso della Cgil si è chiuso con la riconferma del segretario generale alle prese con il dissenso interno della Fiom. Tracce di un dibattito sulla difficile rappresentanza dei lavoratori
Camusso

Il congresso della Cgil, il sindacato che conta ancora il maggior numero di iscritti e una solida struttura organizzativa, ha rieletto, come previsto, Susanna Camusso alla carica di segretario generale con una forte maggioranza (80,5 per cento) dei delegati, che non ha, tuttavia, inglobato il dissenso espresso dal leader dei metalmeccanici (Fiom) Maurizio Landini (16,7 per cento) e dalla frazione antagonista di Giorgio Cremaschi (2,8 per cento).

Alla base ci sono radicate differenti letture sulla condizione sociale attuale e sul ruolo del sindacato che, nel suo complesso, sta vivendo una lunga fase di difficoltà di presenza effettiva nelle aziende, assieme ad una crisi di immagine e di potere reale. Il riferimento tuttora valido per la Fiom resta l’insegnamento di Claudio Sabattini, guida carismatica dei metalmeccanici, scomparso nel 2003, sulla necessità per il sindacato, alle prese con la globalizzazione liberista, di promuovere un progetto originale di democrazia economica e di società indipendente dai partiti storici della sinistra.

Motivi di contrasto si agitano da tempo dentro la Cgil, come testimonia la rimozione, nel 1995, della Camusso dalla responsabilità del settore auto della Fiom per aver firmato un accordo con la Fiat contestato dagli iscritti della sede Alfa di Arese (ora smantellata) e ritenuto inaccettabile dall’allora segretario generale della Fiom, Sabattini, appunto. La questione Fiat, ormai multinazionale trasmigrata come sede decisionale all’estero, è stata ancora al centro delle polemiche assieme alle regole sul nuovo accordo relativo alla rappresentanza del sindacato nelle aziende siglato dalla Camusso, assieme a Cisl e Uil, con la Confindustria.

È chiaro che su tali tematiche incide il rapporto implicito con la linea espressa dal partito democratico, o almeno con una sua parte, che mantiene uno stretto rapporto con quadri e dirigenti della Cgil. Il paradosso sta tutto nel fatto che il governo guidato dal segretario di questo partito, Matteo Renzi, e con un ministro del lavoro presidente delle cooperative “rosse”, ha snobbato intenzionalmente la grande assise di Rimini dopo aver chiuso il primo atto di nuova regolamentazione del lavoro su contratti a termine e apprendistato (Decreto Poletti) ignorando le proposte di modifica avanzate dalla Cgil. Se, come dice il ministro Poletti, «si ascoltano tutti ma poi si decide», stavolta sembra che abbiano prevalso le tesi di Scelta civica e Nuovo centro destra che, con Maurizio Sacconi, già ministro del Lavoro con il governo Berlusconi, ha salutato il testo licenziato al Senato, dove è presidente della Commissione lavoro, come un grande successo della politica intesa a creare lavoro e ha definito «esagerate le critiche della Camusso» sull’aumento della precarietà.

Il riconfermato segretario della Cgil si trova quindi, dopo il Congresso nazionale, con una frazione interna minoritaria, ma molto combattiva e visibile, e al centro di un contenzioso con un governo che, secondo la Camusso «taglia non solo l'interlocuzione con le forme di rappresentanza, ma ne nega il ruolo di partecipazione e di sostanziamento della democrazia». Una congiuntura sicuramente difficile per affrontare i numerosi dossier delle aziende in crisi, mentre un crescente numero di vertenze emblematiche, come quelle dei lavoratori della logistica, trovano rappresentanza nei sindacati di base.

Per tutto il mondo del lavoro si sente il bisogno di alzare lo sguardo per cercare di capire l’attuale contesto globale dell’economia mondiale. Significativa in tal senso la lectio magistralis su "Politiche sbagliate, paure e ineguaglianze" tenuta dall’ex presidente del consiglio Romano Prodi, durante il meeting della Cgil, “Le giornate del lavoro”, che ha preceduto il congresso del sindacato. Affrontando l’interpretazione delle nuove tecnologie, Prodi ha, ad esempio, affermato che «non funziona più l'ascensore sociale, e c'è una crescente difficoltà del sistema democratico a rappresentare gli esclusi», giungendo a citare la «globalizzazione dell'indifferenza» denunciata da papa Francesco. L’esclusione di una fascia sempre più ampia dei lavoratori dagli elementari diritti sindacali e da pratiche di solidarietà sul posto di lavoro rappresenta, infatti, una ferita aperta al centro del dibattito sindacale attuale.

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