I risultati annunciati lunedì 27 ottobre dal Consiglio Costituzionale indicano che il presidente Paul Biya è stato rieletto con il 53,66% dei voti contro il 35,19% del suo principale avversario, il 76enne Issa Tchiroma Bakary, ex ministro divenuto avversario politico. Tuttavia, Tchiroma non riconosce la vittoria di Biya. «Non ci sono state elezioni, è stata piuttosto una farsa» orchestrata da «una pura e semplice dittatura […] Il mondo intero, il popolo camerunese nel suo complesso, sa che l’ho battuto ottenendo il 65-70% dei voti», ha affermato il leader dell’opposizione. Anche altri leader dell’opposizione hanno criticato il processo elettorale e denunciato l’incredibile risultato delle urne proclamato dal Consiglio Costituzionale, i cui membri sono considerati vicini al presidente Paul Biya.
Akere Muna, ex candidato alla presidenza, ha accusato il Consiglio Costituzionale di essere «nient’altro che un timbro di gomma per una tirannia». Questa decisione, contestata dalla numerosa popolazione favorevole a Issa Tchiroma Bakary, ha scatenato disordini in tutto il paese. Manifestazioni sono scoppiate in diverse città, tra cui Mbouda, Mandjou, Bandja, Douala, Yaoundé e Bafoussam, causando ingenti danni. Il Camerun, spesso ridicolizzato in tutto il continente per la debolezza della sua opposizione nonostante la resilienza della popolazione di fronte alle sfide della vita, ha deciso questo lunedì di reagire. Una situazione senza precedenti dal 1991. Le manifestazioni di protesta, inizialmente pacifiche, sono rapidamente diventate violente quando le forze di sicurezza hanno brutalmente represso i giovani che marciavano con cartelli e scandendo il nome di Issa Tchiroma. «Vogliamo risultati concreti!» gridavano i giovani, accusando il governo di aver “confiscato” la democrazia.

Manifestanti antigovernativi e sostenitori del candidato dell’opposizione Issa Tchiroma Bakary si confrontano con le forze di sicurezza camerunesi durante le proteste scatenate dalla rielezione del presidente Paul Biya, a Douala, Camerun, il 27 ottobre 2025. Il Consiglio Costituzionale ha dichiarato vincitore Biya, 92 anni, al potere da oltre quarant’anni. Credit: Ansa.
La polizia ha usato gas lacrimogeni, idranti e infine proiettili veri, secondo un copione ben noto e consolidato. Il bilancio delle vittime si aggirerebbe attualmente intorno alle 20. Ma altre fonti parlano di 64 o addirittura di 80 morti in 72 ore, in tutto il paese. Decine di persone risultano disperse o ferite in un contesto di repressione ritenuto sproporzionato da numerose Ong internazionali. Domenica 26 ottobre, ci sono state quattro vittime nella capitale economica, Douala, durante le manifestazioni a sostegno del leader dell’opposizione. Incidenti sono stati segnalati anche nella regione orientale. A Mandjou diversi edifici pubblici sono stati incendiati, tra cui gli uffici elettorali (Elecam) e l’Ispettorato generale del Ministero dell’Istruzione di Base.
Le manifestazioni rivelano una radicata e diffusa esasperazione popolare: disoccupazione giovanile, costo della vita, corruzione e mancanza di opportunità di lavoro. Martedì 28, incendi sono divampati in diverse città camerunesi, provocati con l’obiettivo di estromettere il regime di Biya dalla presidenza. «La gente è stanca di vedersi rubare la voce!», ha gridato un manifestante a Douala. Ma dietro a questi scontri c’è una nazione esausta che sembra dire basta ad un sistema radicato da oltre quattro decenni. Il Camerun viene paragonato alla Corea del Nord. Una facciata di libertà, ma repressione, rapimenti e torture sono all’ordine del giorno.

Una barricata improvvisata viene incendiata da manifestanti antigovernativi e sostenitori del candidato dell’opposizione Issa Tchiroma Bakary, a Douala, Camerun, il 27 ottobre 2025. Il Consiglio Costituzionale ha dichiarato vincitore il presidente Paul Biya, 92 anni, al potere da oltre quarant’anni. Credit: Ansa.
L’Unione Europea ha denunciato la violenta repressione delle manifestazioni in Camerun di martedì scorso. L’Ue chiede trasparenza e giustizia. Dopo l’Unione Europea, anche gli Stati Uniti stanno valutando sanzioni contro i leader politici e militari camerunesi. Queste misure potrebbero colpire diversi ministri e alti ufficiali dell’esercito sospettati di aver ordinato o coperto gli abusi commessi contro i manifestanti. Le organizzazioni internazionali denunciano una deriva autoritaria e invocano una transizione pacifica. Il Paese, già indebolito dalla crisi anglofona ed economica, sta ora sprofondando in una spirale di violenza che ne minaccia la coesione nazionale.
Una cosa è comunque evidente: le violenze post-elettorali iniziate il 27 ottobre 2025 hanno fatto precipitare il Camerun in un periodo di profonda incertezza. Nessuno sa quando o come finiranno le proteste, la cui intensità aumenta di giorno in giorno. Paul Biya è solo il secondo presidente del Camerun dall’indipendenza del 1960. Ha assunto la carica di capo dello stato nel 1982, all’età di 49 anni, ed è rimasto.