Come cambiano le mafie in Italia

Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia sul nuovo assetto delle mafie nel nostro Paese.  Crescono le infiltrazioni nell’economia
Mafie Foto Richard Morgano/LaPresse

Cosa Nostra sta cambiando. La relazione della Dia (Direzione Investigativa Antimafia) relativa al primo semestre 2021, resa nota nei giorni scorsi, fotografa i nuovi assetti dell’organizzazione mafiosa in Sicilia e nelle altre regioni. Nuovi assetti e nuovi orientamenti, nuovi modus operandi emergono tra chi detiene oggi le leve del potere mafioso.

Potere che passa, via via, nelle mani di nuovi capi, di nuovi referenti territoriali che sostituiscono coloro che sono in carcere: un normale passaggio generazionale accelerato però dal fatto che gli anziani uomini d’onore si trovano in carcere e dalle attuali norme del cosiddetto «ergastolo ostativo»: non ci sono sconti di pena, né possibilità di lasciare il carcere. L’ergastolo senza fine fa si che alcuni tra i vecchi boss mafiosi non potranno più ritornare nel territorio, ad eccezione di chi, come Giovanni Brusca, ha deciso di collaborare con la giustizia. Brusca è stato scarcerato quasi un anno fa.

Oggi in Cosa Nostra palermitana emergono nuove figure di spicco che via via sostituiscono i vecchi capi. Sembra però che non ci sia un unico vertice, un capo assoluto, com’era accaduto per Michele Greco e Salvatore Riina. Il rapporto della Dia parla di un «processo più orizzontale caratterizzato dal riassetto degli equilibri tra le famiglie dei diversi mandamenti in assenza di una struttura di raccordo di comando al vertice».  Nuovi capi, quindi, con assetti ancora molto fluidi e tutt’altro che definiti.

A Palermo ci sarebbero otto mandamenti, esattamente come in passato, nel resto della provincia ci sono sette mandamenti. In tutto ci sarebbero 49 famiglie mafiose. La latitanza, ormai da 29 anni, di Matteo Messina Denaro, resta uno degli interrogativi irrisolti.

La mafia tradizionale in cerca di nuovi capi deve fare i conti però con la mafia emergente, che ormai da qualche anno si è imposta prepotentemente. Si tratta della mafia nigeriana, attiva soprattutto nel settore della tratta e dello sfruttamento della prostituzione e nel settore degli stupefacenti.

La mafia nigeriana sembra aver trovato dei canali di collaborazione con la mafia tradizionale. Che, dal suo canto, sembra voler orientare la propria attività in altre direzioni, puntando soprattutto sugli affari economici e sugli appalti, senza rinunciare al tradizionale pizzo, che assicura proventi economici e controllo sociale di larghe fette del territorio.

La Dia evidenza «la tendenza dei sodalizi mafiosi a una progressiva occupazione del mercato legale». Ed è su questo fronte che si alza l’asticella dell’attenzione degli investigatori, nella consapevolezza che proprio la pandemia e la necessaria ripartenza potrebbero favorire il riciclaggio di denaro e chi utilizza proventi illeciti.

Che ci sia una tendenza, ormai consolidata, ad evitare le esecuzioni ed i fatti di sangue lo conferma la diminuzione del numero degli omicidi di tipo mafioso (scesi da 9 a 29). Sono diminuite anche le incriminazioni per associazioni mafiosa (da 77 a 57) , ma sono cresciute le operazioni di interdittiva antimafia e si prosegue nel tentativo di colpire i patrimoni criminali con sequestri e confische.

La mafia, peraltro, cerca di organizzarsi e si sfuggire al tracciamento del denaro, cercando di utilizzare nuovi sistemi, come il Bitcoin o il Monero.

La ‘ndrangheta conferma la sua potenza criminale e la sua vocazione affaristico-imprenditoriale che sfrutta i legami con alcune aree delle amministrazioni locali. La Dia evidenzia «la capacità delle consorterie criminali calabresi di relazionarsi con quell’area grigia di professionisti e dipendenti pubblici infedeli che costituiscono il volano per l’aggiudicazione indebita di appalti pubblici».

E tutto questo incide fortemente anche nelle relazioni politiche e sociali giungendo anche a «condizionare le scelte ed inquinare le competizioni elettorali». Si registra un dato di novità: un aumento delle collaborazioni con la giustizia, che in Calabria sono state sempre molto poche, per via degli assetti . Le ‘ndrine, infatti, sono quasi sempre basate su uno o più nuclei familiari, legati tra loro da vincoli di sangue. E infatti «l’esaltazione del potere criminale del proprio gruppo unita alla pratica diffusa dell’ostentazione ricorrente fornirebbero un chiaro quadro della perversa sottocultura mafiosa con cui la camorra tenta di imporre la propria affermazione sul territorio». Ma l’attività criminale cresce anche nelle altre regioni. In Basilicata, ad esempio ed in provincia di Potenza dove i clan riescono a «mimetizzarsi nel contesto economico, di svolgere attività lecite».

Sotto la lente d’ingrandimento anche le mafie pugliesi, dove coesistono diversi fenomeni: le mafie foggiane, camorra barese e Sacra corona unita. La prima è molto solida nella gestione sotterranea del mercato del lavoro, anche di stranieri e del caporalato. In alcuni casi i gruppi criminali hanno cercato anche contatti con l’amministrazione della giustizia.

I gruppi criminali sono molto presenti anche nelle regioni del Nord. In Lombardia, regione fortemente penalizzata dall’emergenza Covid (la produzione industriale e manifatturiera ha fatto registrare un netto calo) si registra una presenza criminale nelle attività lecite, anche attraverso il fenomeno dell’usura. Inoltre, alcune società già destinatarie di interdittiva antimafia, sarebbero riuscite ad ottenere dei finanziamenti.

Meno violenza, più infiltrazione: si usano meno le armi, ci si annida più facilmente nelle zone grigie dell’economia e delle istituzioni. Riciclare il denaro accumulato con i traffici per creare nuove fortune. La nuova mafia si muove così.

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