Calciopoli, non basta l’aspirina

Non è giusto dare ad un solo uomo la responsabilità di disperdere le nebbie del nostro calcio. Eppure Luca Pancalli, avvocato, 42 anni, da 25 su una sedia a rotelle per una caduta da cavallo in una gara di pentathlon, da qualche settimana neocommissario della Federcalcio, ha spalle tanto larghe per reggere anche da solo la sfida. Così descrive, con gioia irriverente e paradossale, il momento che ha cambiato la sua esistenza: Il 1981 fu l’anno più bello perché arricchì la mia vita di molte conquiste e di inimmaginabili valori. Idealmente si è rimesso in piedi: una laurea 110 e lode in giurisprudenza, una moglie, due figli, sette ori e otto argenti paralimpici nel nuoto: È vero, ho vinto molto, ma non è questo che conta, non sono queste le grandi imprese. Ogni disabile deve saper apprezzare la vita, la normalità, la quotidianità. Questo è l’obiettivo: saper vivere con lo spirito giusto . Quando lo elessero vicepresidente del Coni disse: Questo riconoscimento è un gigantesco passo di civiltà. Un onore per me, un atto di giustizia per tutti i disabili d’Italia. La mia preghiera del mattino? Ricordarmi da dove sono partito. Ora ho il compito di aiutare gli altri. Sfidando chi auspica un colpo di spugna sullo scandalo più colossale del nostro calcio. Come profetizza quello scettico di Zeman: Un malato di cancro curato con l’aspirina. A Pancalli ed al suo staff (si tenga stretto Borrelli) riscrivere le regole per l’assemblea elettiva di febbraio, ma soprattutto ridare al nostro calcio un’immagine credibile. La bellezza del calcio è nella totale imprevedibilità del gioco. Conciliarla con gli interessi economici pare utopia. Richiede contrattazione collettiva dei diritti televisivi, revisione sull’opportunità che le società di calcio siano quotate in borsa, definizione di un tetto agli ingaggi dei giocatori, introduzione di una luxury tax (una quota dei salari dei giocatori trattenuta per coprire l’eventuale disavanzo tra stipendi ed entrate del campionato) al fine di scongiurare il fallimento delle società. All’ufficio indagini della Federazione va dato più potere, grazie ad una maggiore collaborazione con la giustizia ordinaria, ed agli arbitri va garantita autonomia dagli interessi dei club. Regole dunque. Non bastano le sanzioni che hanno colpito solo alcuni: i dirigenti del nostro calcio non potevano non sapere e ciascuno aveva il proprio tornaconto. Senza nuove regole s’alzerà il vento della restaurazione.

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