Calcio, un grande Napoli diventa caso di studio

Lo straripante Napoli di Luciano Spalletti, capolista in Serie A, fa notizia persino negli Stati Uniti d’America per i suoi numeri da record: vediamo perché
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I giocatori del Napoli esultano a fine partita per la vittoria contro la Juventus allo stadio Diego Armando Maradona (Foto Alessandro Garofalo/LaPresse)

I colleghi del New York Times lo definiscono «l’attacco più devastante del calcio europeo»: a fare notizia addirittura in America è il Napoli di Luciano Spalletti, capolista in Serie A a metà campionato a suon di gol. Con tanto di recentissima ciliegina sulla torta: uno storico 5-1 ai danni della storica rivale Juventus al “Diego Armando Maradona”, nome tanto evocativo che pare spostare gli equilibri astrali della Serie A di calcio. D’altra parte, i segnali sembrano esservi tutti: il Napoli gioca un calcio frizzante, spesso imprevedibile e ad alta intensità; tra le rivali storiche della serie A non si vedono affatto fulmini di guerra e, tanto per chiudere l’anno con speranza, a trionfare ai Mondiali è stata quell’Argentina che, a parte il citato “D10s”, rappresenta forse la quintessenza calcistica partenopea da decenni, tanto per indole quanto per storia sportiva.

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L’allenatore del Napoli Luciano Spalletti Foto Davide Spada/LaPresse)

Sogni a scaramanzie tradizionali a parte, con questa media realizzativa la squadra di mister Spalletti può chiudere da 109 a 133 gol, che sarebbe record. Dunque sognare è lecito e non solo per le congiunture astrali. L’undici di Spalletti ha rifilato sei gol in autunno all’Ajax: nessuno lo aveva mai fatto, sul campo di Amsterdam; ha annichilito con quattro reti la corazzata Liverpool farcita di grandissimi giocatori e vicecampione d’Europa; ha strapazzato la “vecchia signora” del calcio italiano e domina il campionato dalla prima giornata, con ben nove lunghezze di vantaggio sul Milan che insegue al secondo posto. Manca metà torneo, è vero; ma ad oggi i numeri sono già strabilianti e fanno notizia oltreoceano, con buona pace del low profile necessario a tenere piedi e pallone per terra.

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Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis (Photo by Joel C Ryan/Invision/AP)

Le premesse peraltro erano tutt’altro che scontate: sembra passata un’epoca da quando, solo a metà luglio scorso, i fischi sommergevano il nome del presidente De Laurentiis durante la presentazione della squadra per la stagione imminente in piazza a Dimaro. Qualcuno non si limitò a questo, prendendo a male parole il presidente anche in città e poi contestando anche Luciano Spalletti per non essersi opposto alle scelte non comprese inizialmente da chi, di calcio, più che altro parla, anziché capirne. Non fu capita la scelta di non rinnovare un lauto contratto a Dries Mertens, così come di non rinnovarlo a capitan Lorenzo Insigne, che anziché abbassare le pretese ha scelto gli infiniti dollari canadesi del Toronto. Non fu capita la cessione del grande capitano del Senegal, Kalidou Koulibaly, né dell’addio al portiere della nazionale colombiana Ospina. Ebbene, aveva ragione il presidente con i suoi collaboratori, sul piano tecnico, ancora una volta, smentendo mugugni troppo precoci, dato quanto i nuovi arrivi abbiano sbalordito.

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L’attaccante Khvicha Kvaratskhelia esulta alla fine del match vinto contro la Juventus (Foto Alessandro Garofalo/LaPresse)

Basti pensare che tra i pali il giovane Meret si è preso uno spazio di primo piano tra i migliori portieri del campionato. Oppure all’innesto al centro della difesa del pilone coreano Kim, imperioso, solido e sicuro come pochi in Europa, al di là di qualche ruvidezza tecnica. Ottimi per ora anche gli ingressi da Simeone a Raspadori, attaccanti dinamici di movimento che hanno consentito a suon di gol e prestazioni di rifiatare al capocannoniere del campionato spacca-difese, Osimhen, terminale offensivo di un reparto avanzato atomico impreziosito dall’arrivo di un campione insospettabile: l’esterno alto Khvicha Kvaratskhelia, che è tutto un capitolo a parte. Attaccante esterno della nazionale georgiana, era considerato uno dei maggiori talenti internazionali poco dopo maggiorenne e, nell’estate del 2019, fu indicato dalla Uefa come uno dei 50 giovani più promettenti per la stagione 2019-2020. Poi però, sarà stata la pandemia o, come dicono a Napoli, l’acqua o l’aria, nessuno se n’è ricordato… tranne De Laurentiis, che ha pensato bene di puntare forse su questo sconosciuto di belle speranze per sostituire un totem come Insigne. Il risultato? Una scommessa stravinta da tutti i punti di vista: il ragazzo, che ha schiantato difese su difese in pochi mesi a suon di gol e assist, ha già fatto dimenticare ai tifosi l’illustre predecessore nel ruolo. Un giocatore eccezionale: dotato di gran tiro, forza fisica, creatività e fantasia, dribbling di classe e che, ad oggi, mostra ben pochi grilli per la testa nonostante una piazza fragorosa che monta di passione viscerale e una fama già internazionale grazie a splendide prestazioni in Champion League.

E quella fascia di capitano? Viene portata con autorevolezza da Giovanni Di Lorenzo, terzino cresciuto in quell’Empoli che per mister Spalletti è aria di casa: non a caso, tra i due il feeling è evidente. Il ragazzo amministra la difesa con Rahmani, Kim e Mario Rui con grande affidabilità e senso di responsabilità. A Proteggere la retroguardia, due mediani già invidiati un po’ da tutti: il “cervello” Lobotka, tanto minuto quanto potente, i cui piedi sembrano più una banca sicura per tutti per recapitare il pallone e smistarlo con sapienza, ed il marcantonio camerunense Zambo Anguissa, diga di qualità di centrocampo. A completare gli inserimenti offensivi, le invenzioni e le giocate di Politano e Zielinski, trequartisti già ben conosciuti dall’ambiente che hanno trovato continuità, e i loro sostituti di assoluto livello Lozano ed Elmas, capaci di deliziare il pubblico e pungere letalmente più retroguardie. No, non è proprio un sogno: questo Napoli è una realtà che può arrivare molto, molto lontano.

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