Cacciatori o esportatori, urge riequilibrare

Il parallelismo tra un racconto popolare e l'attuale trattativa tra Germania e Grecia interroga sulle scelte politiche di uno Stato orgoglioso del suo successo e di uno in palese difficoltà finanziaria
Simbolo dell'euro

Un gruppo di cacciatori viveva di selvaggina, ciascuno battendo il territorio su cui, dopo lunghi conflitti, gli era stata riconosciuta l’esclusiva. Ma i confini non facilitavano le battute di caccia, perché se l’animale inseguito li superava, l’inseguitore doveva fermarsi e rinunciare. Per questo alcuni di loro fecero un accordo in base al quale ciascuno poteva sconfinare nei territori vicini. Ben presto, però, ci si rese conto che in questo modo il baldo Ottone riusciva a raddoppiare le sue prede, mentre Basilio, meno attrezzato e organizzato, ne prendeva meno di prima.

È vero che Ottone fu prodigo di prestiti, che permisero a Basilio di avere comunque abbastanza da mangiare, ma dopo qualche anno il debito accumulato era esorbitante. Basilio fu messo alle strette: «Caro mio, così non va. Da ora in poi dovrai intensificare il tuo impegno nella caccia e al tempo stesso ridurre le tue porzioni di lepre salmistrata, perché devi ripagare il debito».

Basilio provò a replicare: «È indubbio che tu sei cacciatore più abile e solerte di me, ma l’abbondanza delle tue prede e la scarsità delle mie dipendono in buona parte dall’accordo che abbiamo fatto. Se lasci tutto a me l’onere di riequilibrare le cose, io schiatto. Ma se mi venissi incontro anche tu, riducendo un po’ le tue battute di caccia, io me la caverei decentemente, e anche tu andresti comunque meglio di quando i nostri territori erano separati».

Purtroppo le ragioni dei deboli non risultano mai molto convincenti. Andò a finire che per farsi ascoltare Basilio dovette minacciare di dar fuoco alla foresta, così selvaggina non ce ne sarebbe stata più neanche per Ottone.

L’analogia tra questa storiella e l’attuale questione greco-germanica non è perfetta, ma poco ci manca. Certo, la gestione della cosa pubblica sulle rive del mar Egeo è stata sconsiderata e perfino fraudolenta, ed è assolutamente necessario che le cose cambino, anche a costo di sacrifici (che, per inciso, anche lì sarebbe bene iniziassero dalla classe politica e dalle classi privilegiate).

Ma i clamorosi successi dell’economia tedesca (oltre 1000 miliardi di euro di esportazioni nel 2010, una montagna!) non sono dovuti solo all’ammirevole livello tecnologico e organizzativo della sua industria. C’è anche il fatto che con le nuove regole del gioco ora i loro abili arcieri possono dilagare nei territori di caccia della Grecia (e così in quelli dell’Italia, della Spagna, o della Francia), e lo stesso dicasi dei non meno capaci arcieri olandesi (di cui si parla meno solo perché sono meno numerosi).

Infatti, in primo luogo, le regole del mercato unico permettono di vendere liberamente all’estero. Ma poi, con l’adozione della moneta unica, alle nostre scalcinate economie mediterranee è stata tolta anche l’arma della svalutazione, con la quale a intervalli regolari riuscivamo a recuperare competitività, seppur a costo di far galoppare l’inflazione.

Perché i vantaggi dell’accordo non vadano tutti a Ottone, anche lui deve fare la sua parte. Ad esempio finanziare con maggiore larghezza programmi europei che investano nei Paesi più in difficoltà, magari nel risparmio e nella riconversione energetica; o anche solo spendere di più, perché questo permette agli altri Paesi di accrescere le loro esportazioni. 

Se così stanno le cose, un atteggiamento di intransigenza, magari alimentato da un malcelato senso di superiorità, sarebbe ingiusto. Ma oltretutto potrebbe finire per lasciare i creditori con un pugno di mosche, perché Basilio è fortemente tentato di rispondere con il fuoco delle bombe Molotov.

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