Caccia F35. Acquisto nel mistero

Nonostante dubbi e contrarietà, le agenzie di stampa internazionali danno notizia dell’acquisto, da parte dell’Italia, di 90 caccia bombardieri dalla Lockheed Martin. Il programma è sospeso e non annullato, afferma il ministro della difesa Roberta Pinotti. Per quale strategia?
F35

Secondo indiscrezioni riportate dall’agenzia di stampa Reuters, l’Italia avrebbe confermato l’acquisto di 90 cacciabombardieri dalla multinazionale statunitense Lockeed Martin, nonostante le dichiarazioni circa il ripensamento in corso dopo indagini parlamentari e il dibattito nell’opinione pubblica. Pronta la presa di posizione di Francesco Vignarca, coordinatore e portavoce della Rete disarmo: «Sugli F-35 siamo stanchi delle indiscrezioni. Il ministero della Difesa metta sul piatto i documenti ufficiali». 

La legge di stabilità recente approvata, infatti, non è una fonte comprensibile perché ha finanziato e confermato i fondi per il ministero della Difesa e anche per gli acquisti armati, ma, afferma Vignarca, «non c’è nessun dettaglio che riguarda gli F-35. Ad oggi non sappiamo quanti soldi ci sono sul bilancio per gli F-35 perché sono contenuti in un unico grosso capitolo di bilancio che non è dettagliato e comprende tante altre spese di sistemi d’arma».  Documenti ufficiali non sono ancora noti ma la ministro Roberta Pinotti ha affermato che «per ora il programma è sospeso. I 90 aerei non sono stati né confermati né disdetti».

È evidente che i rumori di un possibile intervento militare in Libia non possono che confermare la necessità di dotare le forze armate italiane di quegli strumenti necessari per esercitare le ambizioni di guidare una eventuale coalizione sotto l’egida dell’Onu. Per avere un’idea, nel 2011, in pochi mesi l’aviazione della Nato ha compiuto circa 10mila missioni di attacco con il lancio di migliaia di bombe e missili. Solo che questo tipo di intervento è stato fallimentare come riconoscono in tanti e all’origine dell’espandersi dell’Isis. Secondo il generale Fabio Mini, intervistato dall’Espresso,  in questo caso servirebbero nel Paese nordafricano almeno «50 mila uomini per controllare il territorio» mentre «gli interventi aerei servono a garantire le basi e  non a colpire in maniera indiscriminata, seguendo quanto sta facendo l’Egitto, perché in quel caso, in territori dove non tutti ci sono ostili hai solo la certezza di farti odiare da tutti. Perché se a uno che non ti sta combattendo uccidi un famigliare, anche per sbaglio, quello dal giorno dopo sarà un tuo nemico». L’intervento da terra comporterebbe, secondo le stime di Mini, una perdita dell’1 per cento di soldati (50) già nella prima settimana. 

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