Burqa vietato in ospedali e uffici pubblici

«Per tutelare la libertà della donna», in Liguria l'ingresso negli ospedali e negli uffici pubblici regionali sarà “vietato” alle donne che indossano il burqa (e non il semplice velo islamico: esso copre anche gli occhi della donna che lo indossa).

Il divieto pare sia destinato a diventare legge. Nel nome del diritto di «tutelare la libertà della donna», certe donne musulmane saranno costrette a togliersi la stoffa che copre anche il loro sguardo. È stato annunciato proprio l’8 marzo: poiché quella data è «una buona occasione per dire che il burqa è il simbolo della sottomissione della donna all’uomo – dice il presidente della Regione  Toti – ed è una buona occasione per ribadire che bisogna rispettare in Italia le regole minime di uguaglianza tra uomo e donna». Cambia disco invece l’assessora alla salute Viale che precisa: «Le persone che chiedono assistenza devono essere riconoscibili anche per facilitare gli interventi degli operatori». Non poteva mancare la voce di patron Salvini che chiosa: «Nel diluvio di chiacchiere inutili che accompagna la festa della donna, questa è una iniziativa concreta per la tutela della libertà, della dignità, dell’indipendenza e della sicurezza delle donne».

Tutela, dignità, indipendenza e sicurezza. Fa «inorridire» secondo Salvatore, portavoce regionale M5S, questa delibera «che, invece di estendere i diritti delle donne, li riduce ulteriormente. Un pessimo segnale, alla vigilia dell’8 marzo, che offende tutte le donne». E continua: «Fa inorridire l’idea che nel 2017 si tenti di impedire alle donne l’accesso alle cure sanitarie essenziali solo ed esclusivamente per i vestiti che indossano». Per l’assessora Viale: «Disporre il divieto d’ingresso nelle strutture sanitarie per le persone che indossino il burqa significa per la Regione Liguria assumere una misura fortemente anti-discriminatoria a difesa della libertà delle donne. Il nostro obiettivo è dire un chiaro no a quella che è la discriminazione simboleggiata dall’utilizzo del burqa. È un tema che deve essere portato all’attenzione della comunità ligure: le discriminazioni attuate attraverso la copertura del volto e del capo della donna sono l’anticamera di quello che non vogliamo. L’8 marzo è un simbolo di libertà della donna di scegliere come muoversi e come operare. Il burqa, al contrario, è simbolicamente l’atto di discriminazione sessuale più palese e maggiormente indice di fanatismo che si ritrova in alcuni Paesi in cui la democrazia è dimenticata».

Dal Pd fanno sapere che «tutti hanno diritto a essere curati, indipendentemente dalla religione che professano e da come si vestono. Se si vuole aprire una discussione sul burqa, iniziare dagli ospedali è la cosa più sbagliata che ci sia. Gli stranieri in Italia sono 5 milioni, quasi il 10%. Molti sono musulmani. Una Regione seria affronterebbe queste vicende aprendo un dialogo con queste comunità, utilizzando mediatori culturali e stimolando una riflessione con la parte più moderata e avanzata. Infine una domanda: se si presenta al pronto soccorso una donna in pericolo di vita che indossa il burqa, cosa fa il medico, le dice di andare a curarsi altrove?».

È strano che una regione adotti queste inammissibili discriminazioni sulla salute a partire da una idea di donna che può essere discutibile ma che ha un fondamento religioso. Resta il fatto che, comunque, in ambienti sanitari non si può curare una persona, fare un’anamnesi corretta, se non la si vede in faccia. Dispiace che si utilizzino questioni culturali e religiose a fini politici.

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