Buone nuove da Reykjavik

Dall’Islanda la grande notizia: la Russia parteciperà alla Nato. Pare successo ieri, o forse mille anni fa, quando proprio a Reykjavik, nell’ottobre dell’ 86, il presidente degli Stati Uniti Reagan e il segretario del partito comunista sovietico Gorbaciov si incontrarono fra le brume islandesi dell’imminente lungo inverno polare. La guerra fredda era arrivata al culmine e i due leader si affrontavano, come per il passato, da grandi antagonisti, contrapponendo offerte e richieste di riduzione delle armi atomiche e, soprattutto, studiandosi a vicenda. L’americano stava per alzare la posta della partita buttando sul tavolo le sue “guerre stellari”: un bluff con cui dimostrare l’impossibilità per l’Urss di reggere un gioco al rialzo; e il russo, pur senza darlo a vedere, aveva certamente già in animo la grande svolta rinnovatrice con cui, di lì a poco, avrebbe stupito il mondo. A riguardare oggi quelle foto, sorprende il volto disteso di Gorbaciov: per la prima volta un capo del Cremlino non aveva gli occhi di ghiaccio. Il disgelo era già cominciato. Conosciamo la storia che ne seguì. Una storia che sembrava prendersi la rivincita sugli avvenimenti che cinquant’anni prima avevano fatto precipitare il mondo nel gorgo del secondo conflitto mondiale, apparentemente risucchiato da un fatalismo cieco. In realtà gli egoismi nazionali avevano velato gli occhi di chi, allora, reggeva la sorte dei popoli. La primavera a Reykjavik, quest’anno, fra i lembi di terra innevata che ancora biancheggiano qua e là, l’hanno portata venti personaggi politici d’alto rango, venuti per predisporre un accordo internazionale che dovrebbe sancire e rendere incontrovertibile il disgelo di un inverno durato mezzo secolo. Sono i ministri degli Esteri dei diciannove paesi della Nato cui si è aggiunto il capo della diplomazia russa Igor Ivanov. Dopo aver inutilmente osteggiato il graduale ingresso nell’Alleanza atlantica dei paesi dell’Europa centrale già satelliti dell’Urss, la Russia di Putin cambia atteggiamento. Non sarà più antagonista, ma alleata; accettando l’intesa sul documento costitutivo di un Consiglio dei Venti che il 28 maggio verrà firmato in Italia. Esso prevede fra l’altro la gestione delle crisi regionali, l’azione comune per la lotta al terrorismo, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, e la riduzione degli armamenti in generale, gli interventi in caso di calamità naturali e financo le ricerche e i salvataggi in mare. In sostanza si tratta dell’adesione a tutte le iniziative pacifiche o pacificatrici previste dalla Nato. Non di un ingresso a tutti gli effetti nell’Alleanza, con diritto di veto e obbligo di collaborare alla difesa comune in caso di aggressione esterna. Un passo che tuttavia potrebbe controbilanciare un poco lo strapotere Usa e che ha fatto dire a Putin: “Se attueremo davvero tutto quello che è previsto in questo nostro accordo, cambieremo il mondo”. E quanto il mondo sia davvero già cambiato, anche sul piano geopolitico, lo costatiamo tutti vedendo che, mentre la spaccatura di ieri fra est e ovest si sta saldando, si fa invece ogni giorno più profonda quella fra nord e sud. La storia potrebbe dunque ripetersi, cambiando fronte? Ce ne sarebbero tutte le condizioni. Come ieri le democrazie coalizzate sconfissero i totalitarismi di destra e, dopo mezzo secolo di tensioni, anche quelli nati dal marxismo – l’evoluzione odierna della Cina prelude a un suo rientro nelle regole della democrazia e dell’economia mondiale -, oggi i paesi del nord del mondo si preparerebbero ad affrontare le minacce portate dalle culture non omologate dal sud. Eppure, dovremmo sapere come fare tesoro dell’esperienza appena conclusa. Nel passato è stata certamente utile una Nato come strumento militare di dissuasione; oggi la sua evoluzione nel senso della pace, cui stiamo assistendo, è positiva. L’adesione della Russia, del resto, ne è l’ultima conferma. Ma il modello di collaborazione e di integrazione fra gli stati che più ci piace è un altro. Non è difficile immaginare che ci riferiamo all’Unione europea.Anch’essa si sta allargando ad est, mentre getta ponti anche verso sud. “Vorrei vivere fino al giorno in cui la Russia potrà diventare membro dell’Unione europea”, ha detto il primo ministro russo Primakov. È un auspicio cui ci si può associare di buon grado. In prospettiva, chi osserva come la ricompattazione di tutto l’emisfero nord possa aggravare la frattura con il sud del mondo, esprime dubbi legittimi, ma ragiona guardando indietro. Preferisco credere che ogni processo di integrazione, dovunque si produca, finirà per giovare anche al sud e risponda all’esigenza di guardare avanti.

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