Brian Wilson: oltre la leggenda

Èuno di quelli che hanno fatto la storia del rock. Anche se il sessantaduenne californiano non può vantare la fama universale di gente come Mc Cartney, Jagger e Bob Dylan non c’è dubbio che sia da annoverarsi tra i personaggi più influenti dell’epopea rock. Fondatore dei mitici Beach Boys, principale artefice di quel Pet sounds tuttora riconosciuto tra i massimi capolavori del pop novecentesco, il signor Wilson fu costretto a lasciare il gruppo all’apice della creatività per una progressiva instabilità mentale che lo portò fin sulla soglia della pazzia. La storia di Brian è stata scostante quant’altre mai, fatta di continui alti e bassi, di lunghe latitanze ed effimeri ritorni, di drammi personali e di faticose risalite. Anche per questo il suo recente ritorno discografico Gettin’ in over my head (Rhino-Cgd), arrivato a sei anni di distanza dal precedente Imagination, è uno di quei dischi che è impossibile ignorare, tanto più che basta un ascolto superficiale per accorgersi che Wilson sembra aver davvero ritrovato la verve e l’ispirazione dei suoi giorni migliori: incantevoli armonizzazioni vocali, soluzioni melodiche sopraffine, l’immediatezza solare di una manciata di nuove composizioni che ancora possiedono quell’ineffabile quid capace di far la differenza tra una canzonetta da fischiettare sotto la doccia e qualcosa di ben più emozionante e duraturo. Certo i solchi trasudano vapori inevitabilmente retrò, ma è un’aura più che una cappa, o se preferite una no- stalgia corroborante, priva delle insopportabili zavorre che si porta appresso la gran parte dei ricicli revivalisti: perché la classe non è acqua, e il talento non evapora se lo si lascia libero da condizionamenti di sorta. Le tredici canzoni del disco conquistano fin dal primo ascolto con la loro leggerezza aggraziata, segnate dal medesimo imprinting stilistico che rese i ragazzi della spiaggia una delle icone più rappresentative dell’America dei primi anni Sessanta, e la California il suo Eldorado. Per questo Gettin’ in over my head ha tutte le caratteristiche necessarie a farlo resistere all’usura del Tempo, e dopo aver illuminato l’estate, saprà scaldare i crepuscoli di questo nuovo autunno come le sere più gelide del prossimo inverno: fin dalla deliziosa copertina firmata, guarda caso, da quel Peter Blake che già realizzò quella del celeberrimo Sgt.Pepper di beatlesiana memoria. E se qualcuno avesse ancora dubbi sul ruolo di caposcuola del nostro, basta buttar l’occhio alla lista degli ospiti accorsi in sala d’incisione, la crema del poprock: da Mc Cartney ad Eric Clapton, da Elton John al duetto virtuale col fratello Carl, anche lui membro dei Beach Boys negli anni belli. E non è tutto: sull’onda del rilancio è ormai imminente la stampa di Smile, forse il più celebre e favoleggiato album-fantasma della storia, inciso da Wilson e i suoi ragazzi subito dopo Pet sounds e mai pubblicato: un evento d’archeologia rockettara di straordinario interesse. CD NOVITÀ THE OFFICIAL ATHENS 2004 OLYMPIC GAMES ALBUM Emi Solita compilation a corredo del business olimpico. Tra i sedici frammenti che compongono il puzzle (tutti brani inediti o mai pubblicati), qualche bello spunto e parecchie banalità. Molti i nomi altisonanti, da Sting agli Earth Wind and Fire, da Kravitz alle Destiny Childs. Carina l’idea dell’impostazione a duetti e trii per sottolineare l’intento di fratellanza universale che, nonostante tutto, i Giochi riescono ancora a veicolare. PATTI SCIALFA 23RD STREET SERENADE Sony La signora Springsteen è tornata a riaffacciarsi sulle scene discografiche a undici anni dal precedente Rumble dolls.Tra folk metropolitano e country-rock, Patti si dimostra cantautrice di razza non lontana per stile e sensibilità dall’appassionata rusticità del consorte. A GIRL CALLED EDDY Anti Buon debutto per questa song-writer del New Jersey. Erin Moran (questo il suo vero nome) richiama l’essenzialità minimalista di Suzanne Vega e le atmosfere vagamente jazzy di cantautrici come Tanita Tikaram e Julia Fordham. f.c.

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