Bones and All, storia di due giovani

Esce nelle sale il film vincitore del Leone d’oro all’ultima Mostra di Venezia. Un horror delicato e inquieto
Bones and All
Luca Guadagnino con Timothée Chalamet e Taylor Russel alla Mostra del Cinema di Venezia 2022

Dopo Chiamami col tuo nome del 2017 il regista siciliano Luca Guadagnino ritrova Timothée Chalamet, nuova star americana di 26 anni, e Taylor Russel (28) per farne i protagonisti di Bones and All, una delicata e tormentata storia d’amore negli anni ’80. Non c’è Internet, non ci sono i social network. Ci sono due giovani, lui ribelle, introverso, anarchico, rifiutato dalla madre, lei più aperta, abbandonata dal padre, in cerca della madre sconosciuta. Un road movie attraverso gli States fotografati da una luce poetica e mite nel viaggio paesaggistico fascinoso. Incontrano persone buone e cattive che hanno come loro ricevuto dalla vita una eredità bruciante: sono cannibali.

Vanno in giro i due, studiandosi, e scoprono man mano la loro innata ferocia, l’irrefrenabile necessità di nutrirsi di carne umana. Non ne sono felici: lui accetta la realtà, lei fatica. Insieme devono trovare la forza per accettarla e per vivere una intensa anche se breve storia d’amore.

«Perchè è solo l’amore che salva», fa dire ai giovani il regista. Naturalmente le scene orrorifiche in Bones and All ci sono, ma non troppe. Quello che c’è soprattutto è il racconto, condito da dialoghi sintetici, da immagini delicate in un “tocca e fuggi” della cinepresa assai efficace, magistrale, libero dalla vena prolissa di tanti film attuali. Il regista ha una mano leggera ed è rapido anche nelle scene crude. Fa dire cose bellissime e inquiete nello stesso tempo in questo doloroso viaggio verso una disperante felicità.

Perché i due giovani hanno ereditato questa malattia perversa? La ragazza cerca e trova la madre impazzita che si avventa su di lei, ferita come il ragazzo lo era stato dal padre. E la domanda allora diventa ancora più seria: le ferite psicologiche dei giovani, i loro traumi – e quelli di ciascuno di noi – perché Bones and All tende ad essere “universale” – si possono guarire o sono una realtà pesante da portare per tutta la vita?

Non per nulla un vecchio “cannibale” si affeziona alla ragazza, la insegue cercando in lei disperatamente l’amore. «O c’è il suicidio – le dice – o convivi con il tuo destino». Un vecchio che cerca o di fuggire dalla solitudine o di dare e avere morte.

L’amore dunque come unico rifugio estremo. I due giovani arrivano a vivere insieme, ad assaporare la felicità – «Tu puoi amare un mostro come me?», chiede lui a lei – ad accettare di convivere con la loro malattia mortifera.

Si parla di morte perché essa è onnipresente nelle scene dure, nella paura, nel desiderio o nella speranza di evitarla con l’amore. Sarà possibile o essa divorerà i due giovani in una sorta di terribile “eucarestia”?

Guadagnino lascia rispondere a noi e lavora sui due formidabili protagonisti: lui talora più “fluido”, nostalgico della famiglia dove va e fugge, lei che pare più determinata ed è desiderosa di amore, insieme forti e deboli. Il regista ci parla, in questa metafora filmica, con “campi lunghi” di paesaggi rarefatti che “dicono” gli States anche come “stati d’animo”, primi piani di volti, talora mefistofelici ancor più dolenti e puri, come quelli della coppia.

Un film anche romantico, puro e folle, crudele e violento, eppure aurorale, delicato nel raccontare rapido il sogno di una generazione, pure attuale, di essere libera dalle eredità di una società malata di cui il cannibalismo è “figura”. Solo l’amore esclusivo può essere una luce nell’inquietante racconto di solitudine in cerca di pace, di accettazione, che è alla base del lavoro di Guadagnino

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