Bobby Mc Ferrin: il vocabolario della bellezza

Bobby Mc Ferrin

Era da mooooolto tempo che il vostro cronista aspettava d’ascoltare un capolavoro di questo calibro. Uno di questi dischi così pieni di pathos, perfetti nella forma e rutilanti nella sostanza da commuovere. E se c’è ancora qualcuno convinto che solo la bellezza possa salvare il mondo, allora sì, questo VOCAbuLarieS è un disco salvifico oltreché mirabilmente lenitivo per molti mali del mondo contemporaneo.

Ma è difficile rendere con le parole lo straordinario ritorno discografico di quel maestro assoluto della voce che è Bobby Mc Ferrin. Un album “mostruosamente” emozionante in ognuno dei sette frammenti che lo compongono, in realtà mini-suites dove s’incrociano suggestioni classiche e multietniche, echi soul, jazz, gospel, tutto ciò che richiede alla Musica la maiuscola. Nonostante la raffinatezza delle composizioni e delle esecuzioni, ciò che schizza dai solchi non richiede chissà quale preparazione per poter essere compreso e goduto. C’è molta Africa nei ritmi e nei cori, ma questo è uno di quei dischi che sfugge i cliché e le catalogazioni. Perfino il termine canzoni è restrittivo per classificare quanto arriva alle orecchie.

Quel che è certo è che la musica ha bisogno come l’aria di dischi così: per la perfezione della struttura e la varietà di linguaggi e stili che l’attraversano, per il rigore con cui tutto è stato concepito e realizzato, e per l’approccio ecologico dei suoni e delle voci. Un capolavoro epocale per la world-music, paragonabile a quel che rappresentò Back on the block di Quincy Jones per la black-music americana. Sette anni di lavoro ci sono voluti per completare questo gioiello, una specie di sinfonia vocale in sette movimenti che fonde gioia di vivere e cura del dettaglio, allegria e struggimento, cultura alta e festa di popoli.

Un caleidoscopio di voci e suoni degno d’entrare nella storia della musica di questo giovane secolo anche per la perfetta sintonia con l’anima multirazziale che caratterizza oggi il Villaggio Globale. Là dove il passato sa ancora nutrire il presente, proiettandolo nel futuro.

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