Bill T. Jones: La paura e la speranza

Avrebbero dovuto esibirsi il 12 settembre 2001, proprio sotto le Twin Towers. Ma il giorno prima sappiamo tutti cosa accadde. E stiamo cercando di capirlo ancora oggi dice Bill T. Jones, icona nera della danza contemporanea. Influenzato da quel tragico evento il coreografo e ballerino statunitense ha riversato in una nuova creazione vita e arte, pensieri e stati d’animo. Il suo Another Evening è tante cose: una riflessione sul mondo, sui sentimenti e la memoria, sulla paura, la rabbia e il perdono, sulla storia personale e sui ventidue anni di attività del suo magnifico ensemble, la Bill T. Jones/ Arnie Zane Dance Company. Ma c’è una parola che s’impone nello spettacolo: speranza. Quella che nasce dallo smarrimento e dalla perdita, dal bisogno di affermare il valore di essere vivi. E poter guardare, con uno sguardo al passato, verso un futuro migliore. Il presente è rappresentato dallo scorrere di numeri: una tabella luminosa in alto, con il costo in dollari della guerra in Iraq continuamente aggiornato. Il passato, invece, si dipana attraverso brani coreografici del miglior repertorio della compagnia, e altri nuovi, legati dalla voce di Jones. Sul filo dei ricordi egli si pone interrogativi. Domande vive tradotte in straordinari movimenti stilizzati, assoli e brani d’assieme, rappresentativi di una condizione del corpo e dell’anima. Assecondati dal respiro della musica di Daniel Roumain con melodie classiche e intromissioni rock, i danzatori entrano ed escono dal rettangolo della scena. Il bianco luminoso ne risalta le linee continue, spezzate, ripetute; le esplosioni di energia, le corse e i rotolamenti, le mani aperte e le braccia fluide, angolose. In una geniale sequenza non priva d’ironia, Jones chiede col microfono una risposta ai danzatori i quali la esprimono componendo con la postura del corpo le lettere dell’alfabeto. Poi interpella anche il pubblico chiedendo di gridare il proprio anno di nascita e quello che ha segnato la loro vita. Le proprie date significative e quelle dei ballerini le mostra scritte sul petto e sulla schiena. E chiude con un potente assolo, mentre racconta della propria madre in fin di vita che ritrova un sorriso nel gesto d’affetto di un nipotino. Another Evening trasfigura in coreografia la forza e la vulnerabilità della vita e segna, forse, una riappacificazione nel cuore dell’arrabbiato e provocatorio Bill. ASSAGGI DI POTERE Come nel Peer Gynt di Ibsen, anche Susanne Linke crea, ma col linguaggio danzato, un suo apologo delle cipolle. Per una metafora sul potere. Come in un quadro di natura morta, le sparge sopra un tavolo. Poi, fra le lacrime delle interpreti, le fa sbucciare per cercarvi la sostanza interna. Ma, strato dopo strato, non rimarrà niente: riferimento a ogni regime destinato a dissolversi. È uno dei momenti di Assaggi di potere. Macht Das Was che, figurativamente, rimangono più impressi. Lo spettacolo – prodotto da Versiliadanza nell’ambito di un progetto triennale con giovani danzatori guidati dalla coreografa tedesca – trae spunti e suggestioni dall’esplorazione di Firenze e del suo passato mediceo. Fra costumi moderni e fogge rinascimentali, l’atmosfera oscilla dal presente al passato. Il dispotismo mediceo dell’epoca rimanda ai conflitti di oggi – nei rapporti interpersonali, di coppia, fra gruppi -, con movimenti che riflettono, senza descrivere, l’ambizione, la gelosia, la rivalità. La tentazione, sempre presente nell’uomo, del dominio sugli altri, culmina, attorno a un banchetto conviviale, fra tradimenti e avvelenamenti. Per chiudersi, come in apertura, su un gruppo di turisti che ammirano le bellezze d’arte nel rumore metropolitano, mentre una dama in costume d’epoca vaga in una sospensione che ci riconsegna l’immagine di una città immobile nel tempo. La danza è travolgente, fatta di tensioni e morbidezze, di salti e cadute. Lo stile della Linke – classe 1944, caposcuola, insieme a Pina Bausch e Reinhild Hoffmann, del Tanztheater – trae la sua forza da una costruzione tecnica impeccabile, giocata sulla consapevolezza della relazione tra corpo, forza di gravità e oggetto. Aggressività e compressione, con preziose sfumature di leggerezza, si alternano di continuo. Rivelano la remota matrice espressionista della Linke, filtrata e personalizzata sui dieci bravissimi interpreti.

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