Per “fare bene insieme” dopo la pandemia

I 49 Centri Servizi del Volontariato in Italia hanno elaborato nel loro manifesto una nuova visione: i bisogni sociali non sono solo una questione di investimenti economici, la pandemia ci ha insegnato l'importanza di ascolto e relazioni interpersonali come base per la cura delle fragilità da cui possono nascere nuove risorse di cura della comunità.  
(Foto: Pexels)

Il 30 gennaio 2023 il sistema dei Centri Servizi del Volontariato, Csvnet, si è dato una nuova vision nel Manifesto “Per fare bene insieme”. Il documento riassume in otto punti l’agenda che i 49 Centri di servizio si sono dati per potenziare il volontariato nei prossimi anni. Chiara Tommasini, presidente di Csvnet, ha affermato: «Le associazioni diventino punto di riferimento nelle comunità, ad iniziare dalla Pubblica Amministrazione ma anche per imprese e fondazioni, per promuovere politiche di sostegno alle fragilità e di cura del territorio».

I Csv si percepiscono come agenti di sviluppo del volontariato nei territori. Si impegnano a promuovere la crescita delle esperienze associative, ad alimentare la collaborazione tra le realtà del volontariato, a favorire la cooperazione tra volontariato, istituzioni e imprese, a valorizzare le forme emergenti di impegno, ad animare la cultura della convivenza, del dono e dell’aiuto, a sviluppare le capacità organizzative, a riconoscere l’orizzonte dei diritti, a focalizzare i problemi e le sfide dei territori a livello nazionale. I Csv sostengono i valori e tutte le esperienze: contrasto alle povertà, tutela dei diritti, assistenza alle persone di ogni età ed in ogni condizione di fragilità, tutela dell‘ambiente, migranti e cooperazione internazionale, tutela degli animali, soccorso sanitario e protezione civile, sport, promozione della socialità, conservazione del patrimonio artistico culturale, beni comuni e beni confiscati alla criminalità organizzata, sostegno ad una cultura della pace.

Nel Manifesto emerge una strategia per consolidare ed evolvere. Collaborazione, conoscenza, fiducia sono la chiave per agire da “orchestra”. I meeting dei diversi Csv devono diventare luoghi per sviluppare una adeguata vision locale e nazionale. Nelle comunità infatti vanno trovate le vere risorse per il loro sviluppo. Non è solo il fattore economico ma soprattutto quello culturale a determinare il cambiamento necessario. Ne sono protagonisti i volontari, patrimonio di solidarietà da valorizzare nella comunità da ricostruire dopo la pandemia e vero terreno di crescita. Si tratta allora di innovare potenziando l’organizzazione, la capacity building. In particolare sono da apprezzare esperienze di volontariato fluido, informale. Profumo, presidente di Acri, ha garantito il sostegno delle Fondazioni di origine bancaria, «per rispondere alle nuove domande del volontariato».

Cosa ci sta dicendo Csvnet con questo Manifesto? Si tende a pensare che i bisogni sociali siano solo una questione di investimenti economici. In realtà la pandemia ci ha insegnato che sono importanti il semplice ascolto e relazioni interpersonali che solo il volontariato sa offrire in modo organizzato. Da una relazione viva possono nascere nuove risorse prendendosi cura delle fragilità. Fra queste assume sempre più importanza un volontariato informale e circoscritto, composto da persone che esprimono senso di cura e prossimità. Se accompagnate in percorsi più ampi possono diventare una vera risposta della comunità dopo la pandemia. Stiamo parlando di cittadini attivi in quartieri, in condomini che diventano punti di riferimento soprattutto per persone vulnerabili. Così si esprime una voglia di partecipazione, soprattutto di giovani, che sono restii ad entrare in percorsi di volontariato più tradizionali. Altro aspetto da considerare è che i fruitori dei servizi sono visti come protagonisti e non come semplici soggetti passivi. Ad esempio, il detenuto può diventare animatore nel quartiere, affidato in prova ad una associazione, per scontare la sua pena in modo rieducativo. Bisogna quindi raccogliere, raccontare, far crescere queste esperienze. Il volontariato sta vivendo una nuova stagione dopo il Covid 19. Deve pertanto comprendere la sfida che ha di fronte, per diventare catalizzatore di un nuovo modello di sviluppo inclusivo e sostenibile senza limitarsi a curare ferite e disuguaglianze crescenti.

Insomma, il volontariato deve pensarsi come «luogo di anticipo di relazioni e forme di umanità» (I. Lizzola, doc. di Pedagogia, Università di Bergamo). Non è scontato il bene e neppure l’insieme. «Il nostro è un tempo di passaggio e non sappiamo che lineamenti avrà la convivenza a venire. Ci sentiamo in esodo e incerti e proprio per questo l’agire volontario interpreta e tratteggia i nuovi profili. Il volontariato deve pensarsi come sospeso sul futuro».

«In questi giorni abbiamo focalizzato tre principali sfide: come salvaguardare le organizzazioni piccole e piccolissime nel grande quadro della riforma, come le reti associative possano coagulare un volontariato che oggi non ha un collettore ben preciso e come rimettere al centro le giovani generazioni». (Vanessa Pallucchi, Portavoce nazionale Forum Terzo Settore). La risposta risiede quindi in una maggiore collaborazione territoriale dentro un progetto che abbia come base la cooperazione e la solidarietà.

In conclusione, il volontariato si presenta come anticorpo alla povertà di prospettive. Dopo aver attraversato una dura pandemia ed una devastante crisi economica, nel corso di una grave crisi climatica, sono sempre più importanti le mille anime del non profit, l’attivismo civico ed i diversi volontariati. Da Bergamo, capitale italiana in questo campo nel 2022, è arrivato un messaggio di speranza da 500 giovani provenienti da 87 province. Hanno scritto dieci lettere alle principali istituzioni nazionali ed europee sollecitando interventi su ambiente e vita sulla terra, giustizia e legalità, parità di genere, pace e geopolitica, salute e benessere, investimento sul territorio, cultura, cittadinanza e partecipazione, scelte e opportunità, esperienza del dono.

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