Bellini Festival, in scena la Norma del compositore catanese

Successo per la Norma del grande compositore tra Ottocento e contemporaneità.
Vicenzo Bellini (Fonte: Wikiedia)

Catania è Bellini. Oserei dire che la Sicilia è, musicalmente, Bellini. Perciò non si può che essere felici del Festival dedicato al musicista “biondo e bello”, candido e scaltro, morto a soli 34 anni a Parigi e sepolto nel duomo di Sant’Agata.

Norma, “tragedia lirica in due atti”, l’opera più nota, è a mezza strada tra la classica Medea e la donna romantica divisa tra passione e dovere: una sacerdotessa druidica tradita dall’amante romano Pollione, decisa a vendicarsi ma poi passata al perdono e alla morte. Figura grandiosa, potente a cui nel Novecento hanno dato vita soprani formidabili come Maria Callas, Montserrat Caballè e Joan Sutherland, ma occorre dire che la resurrezione del ruolo sulla scia di come lo voleva Bellini è opera in particolare della Callas. Rappresentata la prima volta a Milano, al Teatro alla Scala il 26 dicembre 1831, l’opera non ebbe all’inizio una grande accoglienza, ma non fu quel fiasco che Bellini pensava. Infatti, divenne in seguito un trionfo.

A Catania hanno osato e il 23 settembre tutta la città nel meraviglioso teatro Bellini, dall’acustica forse più perfetta al mondo, si è distesa ai piedi di un lavoro elegiaco e drammatico al tempo stesso, carico di inni guerreschi, di selve misteriose con cori nascosti, di duetti appassionati e di preghiere sublimi.

Nel 1831 protagonista fu il soprano Giuditta Pasta, per la quale Bellini abbassò l’aria “Casta Diva” dal sol al fa maggiore, quando invece oggi la cantante lituana Marina Rebeka l’ha interpretata nella tonalità originaria – applausi a perdifiato – con una emotività controllatissima, fiati lunghissimi, note legate con una dolcezza commovente di autentica poesia religiosa, dato che l’aria è una preghiera alla luna, romanticissima in un’opera neoclassica.

Lo scontro col superbo romano Pollione ha visto in scena il tenore Stefan Pop, partito troppo energico ma poi migliorato nel corso della serata, specie nel finale. Stupendi i duetti con l’Adalgisa di Annalisa Stroppa, mezzosoprano anziché soprano come prescrive Bellini. Orchestra diretta con puntiglio rispettoso della versione originale da Fabrizio Maria Carminati e regia commossa di David Livermore.

A questo proposito, occorre dire che la trovata della controfigura alla cantante, ossia l’attrice Clara Galante come l’anziana Giuditta Pasta che vive di ricordi, rivissuti nelle proiezioni sullo schermo che commentavano l’opera modernamente, si è rivelata una felice armonia tra passato e presente, senza rovinare la parte musicale.

Norma rimane un capolavoro unico, irraggiungibile – anche Wagner ne fu influenzato -, difficile da eseguire e da mettere in scena. L’accordo regista-direttore ha privilegiato l’amore per la musica belliniana e lo si è visto nel prodigioso, lunghissimo finale, di bellezza estenuante. Il Teatro Bellini a Catania è resuscitato.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons