Beato Alberione, apostolo delle Comunicazioni Sociali

L'attualità di don Giacomo Alberione a 50 anni dalla morte. La necessità della Chiesa di far penetrare il Vangelo nelle masse e nelle questioni sociali
Di Willi Heidelbach, CC Stampa BY 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=154912
Alberione foto Towarzystwo creativecommons.org/licensvia Wikimedia Commons

«Umile, silenzioso, instancabile, sempre vigile, raccolto nei suoi pensieri che corrono dalla preghiera all’opera (secondo la formula Ora et labora) intento ad ascoltare i “segni dei tempi” e cioè le più geniali forme di arrivare alle anime». Così Paolo VI descriveva don Alberione evidenziando le caratteristiche dell’uomo, del discepolo e dell’abile comunicatore, che fu proclamato beato da Giovanni Paolo II il 27 aprile 2003. La Famiglia Paolina da lui fondata lo ricorda proprio in questi giorni in cui ricorre il 50° anniversario del suo ritorno alla casa del Padre, avvenuto il 26 novembre 1971.

Don Alberione era un uomo intelligente, audace, proteso verso il futuro con uno sguardo profetico, pur rimanendo umile e riservato. Tre i suoi grandi amori: Gesù Maestro, Maria Regina degli apostoli e Paolo, apostolo delle genti. Il suo slancio apostolico, la sua missione, nascono davanti all’Eucaristia, in notte speciale, come egli stesso racconta: «La notte che divise il secolo scorso dal corrente fu decisiva… Si fece l’adorazione in duomo ad Alba, dopo la Messa di mezzanotte, innanzi a Gesù esposto. I seminaristi avevano la libertà di fermarsi quanto volevano… Avevo letto un invito di Leone XIII a pregare per il secolo che cominciava … Parlava della necessità della Chiesa, dei nuovi mezzi del male, del dovere di opporre stampa a stampa, organizzazione a organizzazione, di far penetrare il Vangelo nelle masse, delle questioni sociali… Una particolare luce venne dall’Ostia… ». Tutto quello che realizza, anche nell’ambito dei mezzi della comunicazione sociale, nasce dal tabernacolo: occorre, infatti, essere uomini e donne di preghiera per portare l’annuncio del Vangelo nel mondo. Il 20 agosto 1914, ad Alba dà inizio alla “Famiglia Paolina” con la fondazione della Pia Società San Paolo. Tutto avviene in forma semplice, secondo lo stile di don Alberione, che desidera “iniziare sempre da un presepio”, nel silenzio e nel nascondimento.

Don Alberione è consapevole del ruolo importante che la donna ha nell’operare per la gloria di Dio e la salvezza dei fratelli. La prima donna che lo segue è Teresa Merlo, una ragazza appena ventenne. Con il suo contributo, don Alberione dà inizio alla congregazione delle Figlie di San Paolo (1915). Successivamente la “Famiglia” si amplia, le vocazioni maschili e femminili aumentano, si definisce sempre meglio la missione e l’apostolato. «Considerando la piccola Famiglia Paolina – si legge nella sua autobiografia – si potrebbe paragonarla a un corso d’acqua, che mentre procede si ingrossa, per la pioggia, per lo sgelo dei ghiacciai, per varie e piccole sorgenti. Le acque così raccolte e incanalate per la irrigazione di fertili pianure e produzione di energia, calore e luce, attendono che di nuovo i canali si riuniscano nel mare di una felicità eterna in Dio». Tutto si sintetizza in tre frasi poste vicino al tabernacolo di ogni cappella paolina del mondo: “Da qui voglio illuminare”, “Non abbiate paura, io sono con voi” e “Abbiate il dolore dei peccati”.

Un carisma, quello di don Alberione, che ancora oggi attrae e affascina. «Se ripenso agli inizi della mia vocazione paolina, ho avvertito dentro me una profonda sintonia con il carisma innovativo dell’Alberione – racconta Suor Pina Riccieri, delle Figlie di S. Paolo -. Grande anticipatore dei tempi, egli aveva intuito come l’evangelizzazione potesse ricevere una forza straordinaria dall’utilizzo della stampa e di tutti i mezzi che il progresso avrebbe offerto per la comunicazione tra le persone. Alberione aveva un suo principio operativo: “Spirito antico e forme nuove” ossia coniugare sempre il Vangelo, la parola di san Paolo, il magistero della Chiesa con nuove forme e linguaggi della comunicazione per arrivare a tutti».

Attualissima la sfida di raggiungere ogni uomo e ogni donna attraverso le nuove tecnologie. Come affrontarla? «In prima istanza – continua sr Riccieri – cerco di pormi in ascolto della gente e della storia di oggi per capire dove cammina il mondo, quale prassi ci sfidano nel cercare di vivere la fede e la sequela di Cristo in questo tempo. È fondamentale poi la dimensione di fedeltà alla Chiesa che con Papa Francesco vuole essere Chiesa in uscita. Una Chiesa che entra in dialogo interdisciplinare con le competenze che riguardano la persona e stimolano la sua comprensione più profonda. Sono convinta che le nuove tecnologie sono mezzi potenti per raggiungere una moltitudine di persone e per veicolare il messaggio del Vangelo, ma tutto ciò va insieme alla forza motrice dell’evangelizzazione: la testimonianza personale e comunitaria».

 

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