Beati coloro che accolgono

Al popolo andino pare connaturale fare del Vangelo il proprio essere
Il centro Rincon de luz a Cochabamba

Nel corso di un viaggio estivo, mi è stato dato di conoscere il popolo boliviano, attraverso decine e decine di incontri e di legami stretti nello spazio di un tè, di una breve conversazione, di una visita. Al termine, riguardando il diario di viaggio, mi sono reso conto come il filo d’oro dell’intero viaggio fosse la vita della Parola, che diventa vita.

Come è successo a La Guardia, nel Sud del Paese, dove ho visitato un asilo gestito dalla famiglia Gutierrez, Jorge e Reina, coi figli, gli amici e i conoscenti dei Focolari. Visitando i locali dell’asilo, dedicato a Chiara Luce Badano, Reina mi indicava ogni loro attività come il frutto di una Parola del Vangelo. Visitando le aule: «Qualunque cosa avrete fatto a uno solo di questi piccoli…». Nella mensa, popolata dalle grida dei bimbi e dai rumori dei cucchiai: «Non di solo pane…». E nella piccola sartoria, ricordava Paolo che cuciva le tende…

 

A Cochabamba, invece, nel cuore agricolo del Paese, ho visitato un centro sociale chiamato Rincon de luz. Vi si accolgono i bambini di un quartiere a rischio della città, per un doposcuola che spesso e volentieri si rivela educativamente più proficuo della stessa scuola statale. Mari Cruz, una delle insegnanti, che è stata tra le prime bambine del quartiere a beneficiare dalle attività del centro: «Vengo qui per un certo sentimento di giustizia – mi dice –, perché ho ricevuto e ora tocca a me dare. Insegno ai ragazzi della scuola primaria, appoggiando i valori familiari e affettivi, oltre che dar loro conoscenze scolastiche adeguate. Curiamo anche la salute e l’alimentazione degli allievi. La mia guida è la frase del Vangelo: “Date e vi sarà dato”».

 

Al Nord, invece, a El Alto, città aymara a 4100 metri d’altezza, proprio sopra La Paz, ho incontrato Calixto, un diacono cattolico: «La grande sfida che abbiamo come Chiesa da queste parti è quella del dialogo con la religiosità aymara. Tanti cristiani, infatti, considerano con un certo diniego le celebrazioni andine, ma qualcosa da imparare ci sarebbe. Penso ad esempio all’estremo senso comunitario di questi riti. Vedo che quando leggo loro i passaggi del Vangelo che richiamano all’armonia con la natura – penso alla pesca miracolosa –, rimangono attirati dalle sue Parole». Un pescatore aymara conosciuto con lui sul bordo del lago Titicaca invocava «la benedizione di Dio perché ripeta quello che aveva fatto al lago di Tiberiade».

 

Infine, a Sucre, la capitale, una giovane che svolge il lavoro di guida turistica, Rocío, mi ha detto: «Quando porto in giro qualche turista straniero, mi ricordo sempre delle beatitudini del Vangelo, al punto che ne ho inventata una tutta per me: “Beati coloro che accolgono i turisti e mostrano loro la bellezza del creato e della gente che lo abita”».

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