Beach Boys, la terapia balneare

I mitici “ragazzi della spiaggia” sono nonnetti ancora arzilli e han deciso di autocelebrarsi alla grande pubblicando questo delizioso That’s Why God  Made the Radio.
Beach Boys

La dodicesima estate di questo nuovo millennio sembra il perfetto antipasto delle più cupe previsioni dei maya: con questa crisi che pare un dobermann appeso ai garretti dell’Occidente, con i panem et circenses degli Europei e delle Olimpiadi che paiono messi lì apposta per distrarci dalle prossime batoste, con questo inaridirsi di mille vecchie consuetudini (comprese le derive socio-politiche in corso), senza che nessuna nuova ne germogli.

Un’estate infinitamente lontana da quella di cinquant’anni fa, quando s’avviò la carriera di questo gruppo di ragazzotti californiani destinati a lasciare un segno indelebile nella storia del primo rock. Oggi, dopo infinite traversie pubbliche e private, i mitici “ragazzi della spiaggia” sono nonnetti ancora arzilli e han deciso di autocelebrarsi alla grande pubblicando questo delizioso That’s Why God  Made the Radio: una dozzina di nuove canzoni che se fossero state pubblicate nei loro anni belli avrebbero fatto gridare al miracolo, ma che anche oggi fanno la loro figura.

La classe non è acqua, dunque non evapora: Brian Wilson, Mike Love e gli altri sopravvissuti sanno ancora concepire e confezionare canzoni dannatamente gradevoli e formalmente impeccabili, e poco importa se l’aroma che trasuda dai solchi richiami più l’eleganza molto levigata del pop californiano degli anni Ottanta che non la ruspanteria pre-freakkettona dei Sixties. Le armonizzazioni vocali sono ancora da brividi, le melodie intriganti, le atmosfere perfette per precipitarci nel calore nostalgico – ma non malinconico – di estati infinitamente lontane dalle inquietudini del presente.
Per questo le raccomandiamo: perché, specie di questi tempi, c’è anche bisogno di parentesi di dolcezza, di balsami lenitivi e di una spruzzata di spensieratezza. C’è bisogno di tirare il fiato, insomma, prima della prossima immersione nelle brume di uno degli autunni più spaventevoli del dopoguerra. Ovviamente non serviranno a dipanarne le matasse, ma potrebbero aiutarci a digerirle meglio. Non so se, come sostengono i succitati, sia per questo che «Dio ha inventato la radio», ma so che anche a questo possono servire le migliori canzonette.

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