Bassetti scuote la politica: «I cattolici guardino a La Pira»

Un convegno a Palermo, a 40 anni dalla morte, ricorda il sindaco di Firenze capace di unire il Paese e fornire modelli imitabili per il bene comune contro le povertà

«Quando, nel 1965, la stagione lapiriana venne forzosamente chiusa, nessuno avrebbe potuto accusare La Pira di non aver realizzato concretamente il programma del 1951. Anzi, le realizzazioni lapiriane hanno qualcosa dell’incredibile già al 1954. Proprio in virtù di questa concretezza, rifiuto di applicare a La Pira la categoria del sognatore. Se tutti i sognatori fossero come La Pira, oggi le nostre città avrebbero ben altri strumenti per aggredire le povertà che, oggi, sono tornate ad essere, drammaticamente, delle vere emergenze sociali».

Il presidente della Conferenza episcopale italiana, mons. Gualtiero Bassetti, ha scosso così la politica italiana dal convegno “Spes contra spem 4” di Palermo, dove il 13 ottobre scorso la Fondazione Giorgio La Pira ha riunito circoli, associazioni e cittadinanza nel nome dell’ex sindaco siciliano di Firenze, del quale quest’anno ricorrono i 40 anni della morte. Un richiamo che arriva dopo la sua prima prolusione al Consiglio permanente della Cei, tenuta il 25 settembre scorso, postasi già quale inequivocabile appello all’impegno per la Chiesa italiana e i cattolici, sulla scorta della “profezia” di cinque anni di magistero di papa Francesco, in particolare rispetto a temi d’emergenza quali lavoro, giovani, famiglia e migrazioni.

In Italia servono cattolici che sappiano «rammendare il tessuto sociale dell’Italia con prudenza, pazienza e generosità» aveva ammonito in conclusione delle sessione Cei Bassetti: che sappiano unire il Paese e non dividerlo, o peggio dividersi tra “cattolici della morale” e “cattolici del sociale”.  «La dignità della persona umana – aveva sottolineato Bassetti – non è mai calpestabile e deve essere il faro dell’azione sociale e politica dei cattolici. Non ci si può prendere cura dei migranti e dei poveri per poi dimenticarsi del valore della vita o farsi paladini della cultura della vita e dimenticarsi dei migranti e dei poveri, sviluppando in alcuni casi un sentimento ostile verso gli stranieri».

«Credo che noi, uomini e donne del terzo millennio, dobbiamo risvegliarci da un certo torpore in cui siamo sprofondati negli ultimi decenni – ha affermato a Palermo mons. Bassetti. – Anni in cui ci siamo voluti illudere che assieme al tramonto delle ideologie fossero finite anche le emergenze storiche. Ma non è così. Oggi noi viviamo in un grande “cambiamento d’epoca”, un eccezionale mutamento storico che ci obbliga a stare svegli, a guardare lontano e ad assumere una prospettiva globale, pur restando ben ancorati alla nostra storia, alle nostre tradizioni e ai nostri luoghi. Da questo punto di vista, la visione profetica di La Pira è di fondamentale importanza: per la Chiesa e l’Italia».

Una visione, quella di Giorgio La Pira, fondata tanto sulla concretezza quanto sulla bellezza per rendere politicamente operativo il binomio del pane e della grazia, per la quale Firenze rappresentò nel mondo qualcosa di unico. Il 5 luglio 1951, nel suo discorso programmatico durante un animato consiglio comunale, il neosindaco di Firenze imperniava il primo punto del suo programma amministrativo sulla “pagina più bella ed umana del Vangelo: risolvere i bisogni più urgenti degli umili”. Allo stesso tempo, affermava che per ottemperare a questo obiettivo non si sarebbe limitato a fare tutto ciò che le risorse a disposizione gli avrebbero consentito, ma avrebbe proporzionato le risorse ai bisogni.

Proporzionare i beni ai bisogni, ha ricordato mons. Bassetti, significò, oltre che mobilitare importanti risorse pubbliche, coinvolgere l’intera città. La concretezza di La Pira si espresse pertanto su tutti i campi del sociale: dalle medicine al latte, distribuito quotidianamente nelle scuole per integrare la dieta, in molti casi inadeguata, dei bambini di Firenze; dalle case requisite, alla costruzione dell’Isolotto; dalla lotta contro i licenziamenti di massa, alla nazionalizzazione del Pignone e della Galileo.

 

Un concretezza mai finalizzata solo a una visione materialista. «Dare allo spirito dell’uomo quiete, poesia, bellezza! Tutti quelli che, da qualunque parte del mondo, vengono a Firenze trovano qui la quiete: la trovano nell’aria, nelle linee architettoniche degli edifici, nei volti degli uomini. I nostri grandi scrittori, poeti, artisti, – affermava La Pira – hanno assegnato a Firenze questo compito nel mondo e noi faremo il possibile per far diventare la nostra città sempre più il centro dei valori universali».

 

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