Baskin, uno sport per ragazzi speciali

A Ischia la diversità diventa una risorsa. L’esperienza di Anita, che con Mario e Stefania promuove una disciplina sportiva per tutti.

Il baskin è un termine che accomuna due parole: basket e inclusione. È il gioco del basket con alcune modifiche: la presenza di aree pivot, più canestri con altezze diverse… È una disciplina sportiva made in Italy, progettata per valorizzare la partecipazione di tutti in una stessa squadra: maschi e femmine, persone con o senza disabilità fisica o intellettiva, di età diverse, con diverse abilità, con o senza esperienze pregresse sportive. Una disciplina sportiva che valorizza la diversità, che diviene una risorsa necessaria.

Incontriamo Anita Agnese, promotrice del baskin sull’isola di Ischia, in provincia di Napoli, che ci racconta quest’esperienza davvero speciale. «Ad Ischia questo progetto è nato nell’estate del 2019 in occasione dell’Ischia Basket Summer. Dedicammo un pomeriggio alla presentazione del baskin – racconta Anita – con una dimostrazione pratica sul campo da gioco per spiegare e far vedere come si svolge questa disciplina sportiva. Quella è stata la prima occasione di quello che oggi è l’Ischia baskin».

Com’è nata l’idea?
Insieme a Mario Goffredo e Stefania Fuoco condividiamo da anni l’esperienza di istruttori di mini basket per l’ASD Cestistica Ischia. Mario già seguiva progetti di basket con ragazzi diversamente abili, con poche occasioni di inclusione. Stefania ed io, invece, abbiamo avuto varie esperienze con soggetti che presentavano diverse forme di disabilità e con il mini basket abbiamo sempre inserito questi bambini “speciali” nelle squadre. Quando però si partecipava ai campionati agonistici loro non potevano partecipare a causa di un regolamento ben preciso. Nel 2018 per caso partecipammo ad un primo corso di formazione per allenatori di baskin. Fra me, Mario e Stefania scoccò la scintilla: dovevamo creare subito una realtà isolana di baskin. E nell’ottobre del 2019 è nata ufficialmente l’Ischia Baskin. Oggi vi partecipano 26 ragazzi: 12 di loro presentano una forma di disabilità certificata come la sindrome di down, l’autismo, l’asperger, c’è un ragazzo in carrozzina e c’è chi ha ritardi cognitivi.

Come fate a far divertire i ragazzi affinché nessuno si senta escluso?
Le parole d’ordine sono passione e programmazione: rendono motivate, unite e coinvolte le persone che partecipano, sia dentro che fuori dal campo di gioco. Ad esempio c’è stata una festa di compleanno di uno di loro a cui tutti abbiamo partecipato: è stato un momento emozionante, che ha arricchito tutti. Il baskin è anche questo.

Anita, cosa ti spinge a fare tutto questo?
Il baskin è un’opportunità sia dal punto di vista sportivo che di vita. La mia principale motivazione è data dal ritorno emotivo che mi regala. Perché lo faccio? Per quel piacere nel condividere momenti sportivi davvero unici, con persone che nei loro occhi hanno una luce speciale. È per me un mondo magico che racchiude in piccolo quello che in grande dovrebbe essere il nostro modo di vivere le relazioni. Vedere poi le famiglie di questi ragazzi così emozionate nel vivere questa inclusione senza distinzione, è qualcosa di unico. Forse in passato non pensavo che potesse esistere un contesto del genere, ma ora posso confermarlo. Vivi il valore della diversità come risorsa e capisci che ognuno è unico e utile per gli altri.

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