Bartali l’intramontabile

Raiuno. Una vita di corsa. Superando i tornanti del dolore, cercando di staccar in salita gli anni che avanzano, sempre sui pedali per seminare i luoghi comuni e le scorciatoie del conformismo. L’epopea di Gino Bartali, come quella di tanti grandi del ciclismo, è sudore che si alterna alla gioia, cadute che sono trampolino per nuovi trionfi. Non c’è dubbio. La vita di chi si dà tutto alla bicicletta offre infiniti spunti a chi voglia raccontare per metafore il senso profondo del nostro stare su questa terra. E quella del toscanaccio, storico avversario di Fausto Coppi, è da questo punto di vista ancora più ricca. È la vicenda di uno straordinario campione dello sport, simbolo dell’Italia che rialza la testa e si riscopre unita negli anni bui dell’attentato a Palmiro Togliatti. Ma è anche la toccante esistenza di un uomo schietto, dalla fede genuina, generoso e testardo, esempio di longevità agonistica e modello di lealtà sportiva per i più giovani. Un grumo di sentimenti e vicende che non potevano che fare della fiction tv di Raiuno diretta da Alberto Negrin, un film che porta facilmente all’emozione e al coinvolgimento. Interpretato con trasporto e passione da un ottimo Pierfrancesco Favino, il Bartali tv soffre però di un eccesso di retorica e da una troppo frenetica scansione degli eventi. Da una parte estremizza il contrasto con Coppi, una rivalità che va oltre il ciclismo e diventa inconciliabile distanza fra due uomini e due Italie. Il cattolico e il laico, il marito fedele e il dongiovanni, il chiaro e l’oscuro, il solare e il tenebroso, l’istintivo e il calcolatore. Dall’altra, per inseguire il succedersi delle tante vittorie e dei molti fatti della Storia, il film corre più di quanto faceva Bartali, non si prende mai una pausa per sbozzare meglio le psicologie dei personaggi, e così facendo rischia di scivolare sugli stereotipi e sulla logica bianco/nero. Qualche mugugno c’è stato anche da parte degli appassionati di ciclismo che non hanno troppo apprezzato la ricostruzione delle sequenze di gara. Malgrado questo, il film, ha una sua forza, arriva dritto al cuore, invita a pensare positivo e offre a tutti una strategia per vincere il Tour de France della vita. Per arrivare con la maglia gialla fino all’ultima tappa dell’esistenza bisogna mettersi nella scia del toscanaccio: basta scattare quando arrivano le salite più dure e lasciare i pedali quando arriva la discesa. Gianni Bianco

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