Bari, tra Pasqua cattolica e ortodossa, segno di pace

La Pasqua ortodossa si celebra la settimana successiva a quella cattolica. Al di là delle differenze di rito, entrambe confluiscono nella preghiera per la pace per il mondo intero e la fine del conflitto bellico.

Irina, ucraina, e Albina, russa, che insieme portano la Croce sono l’immagine più significativa che ha attirato gli sguardi e l’attenzione del mondo intero durante la Via Crucis al Colosseo. Questo gesto e l’atto di consacrazione al cuore Immacolato di Maria della Russia e dell’Ucraina simboleggiano le facce della stessa medaglia del periodo quaresimale in cui papa Francesco non ha mai smesso di invocare la pace, il “cessate le armi”. Anche alla vigilia della Pasqua ortodossa, celebrata la settimana successiva a quella cattolica, la Santa Sede ha esortato ad una tregua del conflitto nei giorni di festa, accodandosi all’appello di Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu e di Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina di bloccare armi, missili e proiettili almeno per il 24 aprile. Appello rimasto inascoltato.

La Pasqua ortodossa è vissuta con intensità anche in Italia, soprattutto a Bari, che grazie anche alla presenza delle reliquie di San Nicola ospita numerose comunità dell’est europeo. In un vero e concreto segno di convivenza ed ecumenismo, alcune chiese cattoliche aprono le porte ai fratelli ortodossi per le celebrazioni. Oltre alla chiesa russa di proprietà della chiesa di Mosca ed un’altra affidata ai greco-ortodossi in pieno centro cittadino, a Bari sono presenti le comunità ortodosse rumene, copte e georgiane (quest’ultima la più numerosa). La chiesa russa a Bari, caso singolare per questo periodo, è frequentata prevalentemente da ortodossi ucraini, suggellando un altro piccolo segno di convivenza e pace vissuta nel quotidiano. Il capoluogo pugliese conferma di essere la cornice di un mosaico di pace, costellato da tasselli di fedi e riti religiosi impreziositi inoltre dalla presenza di una piccola parrocchia di rito cattolico bizantino a Bari vecchia. Sebbene si tratti di cattolici che hanno già festeggiato la Pasqua, i rappresentanti della piccola chiesa legata agli italo-albanesi, accolgono i fratelli ortodossi per le celebrazioni pasquali poiché storicamente, dal 1957, si recavano le persone di nazionalità greca-ortodossa che erano presenti già prima di fuggire dall’est europeo a causa degli eventi storici successivi alla caduta del muro di Berlino e al crollo del comunismo. La chiesa di San Giovanni Crisostomo, appartenente all’Eparchia di Lungro in provincia di Cosenza che fa parte di cinque province sparse in Italia, è stata supportata da Mons. Nicodemo, arcivescovo di Bari-Bitonto tra gli anni 50 e 70, sulla scia del percorso conciliare, affidando la chiesa cattolica di rito bizantino ad un parroco dell’Eparchia di Lungro.
Per i numerosi italo-greci, di ritorno in Italia dalle colonie fasciste, vivendo nella loro patria nello stato paradossale di profughi, il servizio della chiesa di San Giovanni Crisostomo, negli anni, si è rivelato di gran supporto.

Antonio Calisi, diacono barese della chiesa cattolico-orientale legata a Lungro, aiuta a comprendere alcune peculiarità della Pasqua ortodossa che, sottolinea, non cambia nella sostanza nel ricordo del Mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo dalla Pasqua celebrata dai cattolici, ma presenta alcune differenze di rito. Cambiano alcune preghiere, gli inni o  le celebrazioni. La chiesa latina ha modificato la scansione del tempo liturgico che, invece, il rito bizantino continua a conservare.

Il venerdì Santo, che inizia già dai primi vespri del giovedì Santo, i fedeli di rito ortodosso e bizantino vivono il Sepolcro, come spiega il diacono cattolico-bizantino: «La visione degli avvenimenti nella concezione latina è più circolare. Prima della Riforma di Paolo VI infatti, il giorno incominciava dalla sera, dal vespro precedente. La sera del giovedì Santo, perciò, all’interno del Triduo sarebbe già da considerarsi venerdì». I fedeli di rito ortodosso, bizantino, cattolico-bizantino celebrano già dal giovedì sera il Sepolcro con un vero e proprio rito funebre in cui si pregano le Lamentazioni di Cristo. Questa sfumatura differente rispetto alla chiesa latina, potrebbe spiegare l’usanza tutta meridionale e tradizional-popolare, soprattutto barese, di chiamare Sepolcro lo stesso Altare della Reposizione, confondendo così i due momenti del Triduo.

Tralasciando i punti di contatto o diversi tra i due riti, resta uguale il senso profondo di vivere il Mistero pasquale dei fedeli, affidando alla preghiera questo momento storico carico di  dolore e di dispiacere, anch’essi uguali per ogni professione religiosa. Ricorda Calisi: «La sofferenza in questi casi è doppia, perché in fondo a combattere tra loro sono proprio i fratelli cristiani, ripetendo tragicamente gli eventi storici degli anni novanta nell’ex Jugoslavia in cui a pagare le conseguenze della guerra furono tutti: ortodossi, cristiani, musulmani».

Come auspicato durante la Pasqua celebrata dai cattolici, anche quella che stanno vivendo i fratelli ortodossi è carica di preghiera per la pace, in linea con le incessanti esortazioni di papa Francesco e gran parte dei rappresentanti delle chiese orientali e ortodosse, sperando che il senso di Risurrezione in Cristo possa avvicinare l’umanità alla pace che non trova ancora tregua.

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