Bari: migranti tra Cie e Cara

La sede del Cara deve essere trasferita per ampliamento dell'aeroporto. La sistemazione degli ospiti del centro di accoglienza è già precaria e con questo cambiamento potrebbe peggiorare
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I migranti del Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo (Cara) di Bari, saranno spostati in altri locali, poiché l’attuale sede è vicina all’aeroporto che ha necessità di ampliamento per consentire l'allungamento della pista di atterraggio.

Di questa decisione hanno discusso il vice ministro Bubbico, il Sindaco Emiliano di Bari e l'assessore comunale Fabio Losito, il quale ci racconta che «l'ipotesi che si paventa adesso risulta peggiorativa per gli ospiti del centro, in quanto l’idea sarebbe quella di trasferirli in una sede adiacente al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) in cui gli immigrati sono attualmente reclusi».

Lo stesso assessore aveva suggerito lo spostamento degli ospiti presso la caserma Briscese, vicino all'accesso per la tangenziale, in una zona non troppo lontana dal centro della città e non troppo vicina, onde evitare ritorsioni razziste da parte dei cittadini. Tra le ipotesi avanzate in precedenza erano state prese in considerazione anche alcune strutture militari poste in prossimità di zone residenziali, ma erano state scartate a causa di possibili resistenze sociali. Anche il sindaco di Bari, Michele Emiliano, aveva proposto una sistemazione equidistante dal centro abitato e dalla periferia.

Dopo l’incontro con il vice ministro Filippo Bubbico a Roma, da parte dell'amministrazione comunale barese, però, l'ipotesi di trasferire il centro di accoglienza nella zona adiacente al CIE è quella più accreditata. «Ho esposto i rischi di una tale scelta – sottolinea l'assessore del comune di Bari all'accoglienza Fabio Losito –, consistenti prima di tutto nella distanza della zona dal centro cittadino, che non consentirebbe il raggiungimento dello stesso a piedi ed esporrebbe i migranti al rischio di tragedie già avvenute, come le morti su strada. In secondo luogo, oltre al pericolo della possibile ghettizzazione del sito, la vicinanza con i migranti del Cie, che sono trattenuti in stato di reclusione, provocherebbe fenomeni di disagio mentale e di follia in questi ultimi, al confronto con gli altri presso il Cara che sono in stato di libertà.

Presso il Cie, infatti, risiedono migranti che spesso sono cittadini senza precedenti penali, ma solo sprovvisti di documenti personali di riconoscimento. La vicinanza dei due centri con trattamenti diversi creerebbe confusione sulla natura giuridica delle due strutture. Spesso infatti, a causa delle condizioni di vita nel centro CIE e dei lunghissimi tempi di attesa per il riconoscimento della loro identità e dei loro diritti, le persone immigrate arrivano a compiere gesti di autolesionismo e tentato suicidio».

Anche le condizioni di vita nel centro Cara sono inadeguate, sebbene consentano maggiore libertà agli ospiti, e spesso violano la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché l'articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che proibisce trattamenti inumani e degradanti. Numerose azioni sono state già intraprese negli ultimi anni per fermare questa disumana situazione, e in questi giorni è stato depositato negli uffici della Procura di Bari un esposto sottoscritto da alcune organizzazioni del terzo settore locale: Cgil di Bari, Padri Comboniani di Bari, Associazione Saro Wiwa, Acli regionale, associazione Abusuan e Arci di Bari.

Tra le ragioni dell'esposto, emerge il sovraffollamento delle persone abitanti il centro che «ha una capienza di 700 posti circa – sempre secondo l'assessore Losito –, a fronte di 1200 migranti registrati, più le presenze ufficiose e non registrate con le quali si arriva a 2000 ospiti in totale, come in tutti i Cara italiani. Il mio auspicio è che si adotti la scelta dell’area Asse via Napoli che rappresenta una giusta via di mezzo tre le esigenze dei cittadini e quelle dei migranti».

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