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Azzardo e mafie, il Report di Libera

di Antonio Maria Mira

Dati e mappe per capire la presenza della malavita organizzata nella filiera del cosiddetto “gioco” d’azzardo . Le dimensioni di un fenomeno sociale ed economico senza controllo che richiede grande responsabilità politica

Azzardo di massa ANSA/LUCA ZENNARO

È inarrestabile la crescita del gioco d’azzardo sul quale fanno ricchi affari tutte le mafie. Lo scorso anno la raccolta di tutte le tipologie di azzardo ha raggiunto 157 miliardi e 453 milioni, +6,59% rispetto al 2023 e per il 2025 si prevede un’ulteriore aumento del 10%, soprattutto grazie all’online: nel 2024 sono stati 92 miliardi e 102 milioni online, in fortissima crescita (82 miliardi e 553 milioni nel 2023), e 65 miliardi e 350 milioni nel fisico, sostanzialmente stabile (nel 2023 erano stati 65 miliardi e 164 milioni).

Cifre enormi che non possono che interessare alle mafie. Tra il 2010 e il 2024, sono stati ben 147 i clan censiti che hanno operato in attività di business sia illegali che legali, con il coinvolgimento di 25 Procure Antimafia, in 16 regioni. In testa la Campania con 40 clan che hanno messo le mani sul gioco d’azzardo, seguita dalla Calabria con 39 e dalla Sicilia con 38. Poi il Lazio con 24 gruppi criminali e la Puglia con 22. Nel Nord Italia “primeggiano” Liguria e Piemonte con 9 clan ciascuna.

Il fenomeno non riguarda solo il Sud. Infatti nel periodo 2023-2025 sono state emesse 15 interdittive antimafia da sei prefetture del Nord, Centro e Sud. Sono alcuni dei dati allarmanti contenuti nel rapporto Azzardomafie realizzato da Libera, il primo a presentare in modo completo tutta la realtà dell’azzardo, dagli affari dei clan ai gravissimi danni economici e sanitari, dalle normative nazionali a quelle regionali. Fino ai progetti dell’attuale governo…

«La politica parla di regolamentazione, ma troppo spesso resta prigioniera della logica del profitto», denuncia nell’introduzione del rapporto il presidente di Libera don Luigi Ciotti. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, almeno 18 milioni di italiani nell’ultimo anno hanno “tentato la fortuna” con la speranza di cambiare la vita tra slot-machine, gratta e vinci, sale bingo e scommesse. Mentre 5,5 milioni risultano giocatori abituali. Con pesantissimi danni.

I giocatori patologici sono 1 milione e 500 mila (3% della popolazione maggiorenne) e un milione e 400 mila quelli a rischio moderato. Ma per ogni giocatore, altre sette persone sono coinvolte: i suoi familiari, che in totale ammontano a 20 milioni e 400 mila (40% della popolazione). Dunque, prendendo in prestito i concetti dai danni del fumo, in Italia 4 cittadini su 10 sono vittime di “azzardo passivo”. Il risultato è una perdita stimata di 7,6 punti percentuali di qualità della vita, sia per il giocatore che per i familiari.  E le conseguenze non sono solo economiche: ci sono isolamento sociale, incapacità a gestire la quotidianità, malessere, ansia. Dietro spesso ci sono fragilità, e laddove la vita soffre, l’azzardo investe.

A preoccupare è anche l’aumento dei gioca tori d’azzardo problematici minorenni. Malgrado per loro l’azzardo sia vietato, entrano facilmente, senza controlli, nelle sale gioco e accedono a tutte le forme di scommesse. E proprio sui giocatori patologici di loro puntano le mafie come emerge dalle relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia, pubblicate tra il 2010 e il 2024, ampiamente citate nel rapporto.

«Il dossier – scrive ancora don Ciotti – ci restituisce l’immagine di un Paese in bilico: da un lato, la voglia di riscatto sociale e di un benessere per molti irraggiungibile; dall’altro, un meccanismo che, legale o illegale che sia, continua a speculare sulla vita delle persone. Si dimentica che dietro ogni slot, dietro ogni casella argentata del gratta-e-vinci o piattaforma online, ci sono esseri umani in difficoltà. Ci sono adolescenti che scommettono di nascosto, anziani che si giocano la pensione, famiglie che si sfaldano nel silenzio.

Dobbiamo smascherare l’inganno. Perché in fondo il gioco d’azzardo – qualunque forma assuma – rischia di essere sempre e comunque un grande imbroglio ai danni dei cittadini». Ed è una delle voci più remunerative del bilancio mafioso. Una “grande roulette” dove si ricicla denaro derivante da altri traffici; si impongono beni e servizi (per esempio le slot machine) agli esercenti dei locali; si estorce denaro ai giocatori fortunati o lo si presta a usura a quelli sfortunati; si truffa lo Stato manomettendo gli apparecchi di gioco o semplicemente si investe con società formalmente legali.

Da rilevare come i business criminali generati non siano un fatto esclusivamente nazionale, ma coinvolgano anche altre realtà criminali estere, come la mafia cinese, albanese e turca. In particolare, risulta interessante sottolineare come in alcuni casi si registrino delle collaborazioni criminali tra gruppi differenti: laddove le modalità illegali richiedono una complessità maggiore, si costruiscono network in cui gruppi diversi mettono a disposizione competenze differenti, necessarie per la riuscita dell’impresa criminale. E dove gli “affari” sono altamente remunerativi.  La conferma arriva dai dati forniti dalla Dia: «Un euro investito dalle mafie nel narcotraffico produce profitti per 6-7 euro, uno investito nell’azzardo 8-9, con molti meno rischi».

La disseminazione dei punti di raccolta scommesse e delle slot, scrive Libera, «è paragonabile alla rete di pusher di una piazza di spaccio, con l’evidente differenza che i primi raccolgono denaro virtuale, senza destare clamore, immediatamente canalizzato all’estero e quindi più facile da riciclare, mentre i secondi raccolgono somme di denaro con forte esposizione all’azione di polizia».

Riciclaggio confermato dai numeri dei beni confiscati. Complessivamente, al 2024, secondo i dati dell’Agenzia Nazionale dei beni sequestrati e confiscati, tra le 125 aziende confiscate alle mafie appartenenti al settore “Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento”, più della metà – 70 – riguardano sale gioco e scommesse. In testa la Campania con 20 sale, seguita dal Lazio con 14, dalla Sicilia con 9. Prima regione del Nord Italia la Liguria, con 4 sale. Aumentano le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette provenienti dagli operatori del settore dei giochi e delle scommesse.

Nel primo semestre del 2025, l’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (Uif) della Banca d’Italia ha ricevuto 6.433 segnalazioni, per un importo di 728 milioni di euro, con un incremento del 37% rispetto allo stesso periodo del 2024, quando erano state 4.697. Laddove sono in gioco interessi dei clan, inevitabilmente si registrano fatti di cronaca che raccontano di attentati, incendi e bombe ai danni di sale gioco e scommesse. Tra il 2023 e il 2025, come riportato dalle cronache dei giornali e dai mattinali delle forze dell’ordine, sono stati 21 gli episodi registrati in Italia.

Tornando ai “giocatori”, in numeri assoluti, in testa alla classifica di chi spende più in azzardo troviamo una regione del Nord, la Lombardia, con 24 miliardi e 841 milioni (fisico 12 miliardi e 455 milioni, online 12 miliardi e 386 milioni). Seguono la Campania con 20 miliardi e 584 milioni (7 miliardi e 508 milio ni e 13 miliardi e 76 milioni), il Lazio con 16 miliardi e 668 milioni (6 miliardi e 489 milio ni e 10 miliardi e 179 milioni) e la Sicilia con 15 miliardi e 210 milioni (4 miliardi e 408 milioni e 10 miliardi e 802 milioni).

Ma se rapportiamo questi dati totali con la popolazione di ciascuna regione, la classifica cambia molto. In testa finisce la Campania con 3.692 euro all’anno a abitante, bambini compresi (va ricordato che l’azzardo è vietato fino a 18 anni). Segue l’Abruzzo con 3.319 euro (totale 4 miliardi e 309 milioni). Poi il Molise con 3.275 euro, pur con un totale di “soli” 940 milioni.

«Eppure lo Stato – conclude don Luigi Ciotti – sembra guardare altrove: ai proventi che incassa grazie alle tasse sul gioco. Soldi che solo in minima parte vengono reinvestiti in percorsi di prevenzione terapia e reinserimento per le vittime di questa dipendenza silenziosa e sottovalutata. C’è una grave contraddizione etica in tutto questo. Occorrono politiche che mettano al centro la salute della gente, non il guadagno delle aziende o dell’erario! Serve più prevenzione nelle scuole, servono spazi di sostegno psicologico nei territori, forma zione per gli operatori. Serve soprattutto un cambio di sguardo: considerare il giocatore non come un colpevole, ma come la vittima di un sistema che alimenta certe fragilità per ricavarne un tornaconto economico».

Dietro c’è quello che il rapporto definisce «un vero “risiko” dei concessionari, soggetti autorizzati dallo Stato alla distribuzione del gioco pubblico». Sono 300 mentre 3.200 le imprese di gestione territoriali che, per conto dei concessionari, si occupano della gestione del gioco pubblico sul territorio. Nello specifico, «le lotterie nazionali sono affidate a un unico concessionario, configurando un vero e proprio monopolio, mentre le slot machines, suddivise in AWP e VLT, sono gestite da undici concessionari, in un regime di oligopolio». Dietro le quinte, «queste aziende operano con strutture societarie intricate, spesso con sedi in paradisi fiscali e proprietà difficili da tracciare. Tutte le società analizzate sono partecipate da banche, fondi di investimento internazionali, venture capital e private equity. Non solo: molte sono fortemente indebitate e vincolate da clausole contrattuali imposte dai finanziatori. La combinazione di indebitamento, incentivi distorti e opacità societaria crea un vero e proprio rischio sistemico. Non si tratta solo di un problema etico o sociale, ma di una fragilità strutturale che potrebbe avere ripercussioni sull’intero sistema economico e istituzionale».

Davanti a questo scenario, la risposta dello Stato continua a essere deficitaria. «Anno dopo anno la legislazione resta frammentaria, incoerente, asimmetrica e ambivalente, lasciando il comparto confuso e rendendo più sfumato il confine tra legale e illegale. Le norme contenute nella legge di Bilancio 2025 sul gioco d’azzardo ignorano i danni sociali, sanitari ed economici legati al settore. Si continua ad ampliare l’offerta di giochi e a ridurre gli strumenti di prevenzione e cura, generando un ulteriore squilibrio che, di fatto, favorisce le mafie».

Così Libera “per stabilire un nuovo equilibrio” chiede un intervento articolato: mantenere uno spazio di autonomia degli Enti locali, per regolamentare in modo più restrittivo l’azzardo, sulla base di esigenze ed emergenze territoriali; impedire realmente ogni tipo di pubblicità del gioco d’azzardo; evitare la compartecipazione alle Regioni e agli Enti locali del 5% del gettito delle slot e delle videolottery; ricostituire l’Osservatorio per il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo e al fenomeno della dipendenza grave presso il Ministero della Salute; non aumentare l’offerta di giochi da parte dello Stato, neanche giustificandola con il bisogno di raccogliere fondi per emergenze o calamità naturali; aumentare la rete di controlli tra concessionari, gestori, produttori ed esercenti; non prorogare le concessioni e rimetterle, seppur con estremo ritardo, nuovamente a bando.

 

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