Auto-colpo di stato in Perù

A meno di 500 giorni dall'inizio del suo mandato, il presidente del Perù, Pedro Castillo, il 7 dicembre scorso ha inaspettatamente sciolto il Congresso e dichiarato lo stato d'emergenza. Il suo arresto e le proteste di piazza hanno gettato il Paese nel caos.
Perù
I sostenitori del deposto presidente peruviano Pedro Castillo protestano contro la sua detenzione ad Arequipa, Perù (Foto LaPresse)

Cosa succede in Perù?

È la domanda che mi viene posta da diverse parti del mondo. A 10 giorni dal tentato auto-colpo di stato (come fece Fujimori nel 1992), sembra che la notizia sia finalmente arrivata ovunque e non solo nei paesi limitrofi, come avviene in genere nei nostri Paesi cosiddetti periferici(??)

Il 7 dicembre, mentre la gente si preparava a godersi un fine settimana lungo, José Pedro Castillo Terrones, presidente del Perù dal 28 luglio 2021, sorprendendo anche i propri avvocati (e la stessa moglie), in un messaggio alla Nazione trasmesso dalla televisione nazionale, annunciava lo scioglimento del Congresso e dichiarava lo “stato di emergenza”. Il provvedimento, illegittimo e contrario allo stato di diritto, è stato considerato un auto-colpo di stato che le Forze Armate non hanno appoggiato. Molti ministri si sono affrettati a presentare le dimissioni e a prendere le distanze da quanto accaduto, mentre la Polizia Nazionale ha arrestato Pedro Castillo e gli ha impedito di raggiungere l’Ambasciata del Messico dove stava cercando di rifugiarsi.

Perù
Il presidente peruviano Dina Boluarte, davanti al centro, e i nuovi membri del gabinetto dopo la cerimonia di giuramento presso il palazzo del governo a Lima, in Perù (Foto LaPresse)

La protesta dei suoi sostenitori – soprattutto nelle zone più dimenticate e remote della capitale, che si aspettavano molto da lui – non si è fatta attendere e oggi il Perù si ritrova nel caos, con una nuova presidente ad interim, Dina Boluarte (la ex-vicepresidente), avvocato, prima donna ad occupare questo incarico in Perù. Assume il mandato mentre in 35 città si sono scatenate violente proteste, incitate da gruppi legati all’ex guerriglia e con l’appoggio economico del narcotraffico, con una ventina di morti e più di 400 feriti tra civili e forze dell’ordine. Fino ad oggi.

Ma chi è Pedro Castillo e come ha fatto a raggiungere la massima carica dello Stato, lui che era un piccolo insegnante di un villaggio rurale, che si era fatto notare durante la campagna elettorale con un grande cappello di paglia, poncho e sandali ricavati da pneumatici usati? È un professore, un sindacalista e “rondero” (membro di organizzazioni rurali di autodifesa), che si era candidato con Perù Libre, un partito marxista-leninista con legami con il gruppo terroristico Sendero Luminoso.

Al primo turno, Castillo aveva raggiunto il 19% dei voti, i suoi voti, espressione della parte più dimenticata del Paese, che molto si aspettava “da uno di loro”. Al ballottaggio riuscì a sconfiggere, per una manciata di voti (50,13%), la candidata di destra, Keiko Fujimori, figlia dell’ultimo dittatore del Perù, Alberto Fujimori. È nato così il suo governo, che è durato meno di 500 giorni, segnato da una forte opposizione del Congresso, dove Castillo poteva contare solo su una piccola rappresentanza del partito che l’aveva sostenuto. Bisogna anche dire che, per la forte frammentazione, i partiti politici hanno perso la fiducia di molta gente e sono almeno in parte controllati da avventurieri in cerca di vantaggi.

Dal 28 luglio 2021, giorno in cui Castillo ha assunto la presidenza, fino al 7 dicembre 2022, si sono succeduti 4 presidenti del consiglio e più di 70 ministri, accusati di presunti atti di corruzione, sono stati sostituiti. Ministri scelti da Castillo più per amicizia e per impegni presi prima di essere eletto, che per le loro capacità o idoneità all’incarico ricevuto.

Alla mancanza di preparazione per assumere la guida di un paese grande e popoloso come il Perù, per Castillo si è aggiunta l’incapacità di circondarsi di persone competenti e di provata onestà, senza parlare dei favoritismi personali e familiari e delle relative presunte corruzioni. A luglio scorso è stata avviata la quinta indagine indipendente a suo carico su alcuni atti di corruzione legati ad un’importante impresa edile.

Nel mese precedente, Castillo aveva preso le distanze da Perù Libre, per cercare di governare senza i condizionamenti impostigli, tra cui l’urgenza di convocare un’Assemblea Costituente, sullo stile del Cile, per riformare l’attuale Costituzione, che risale all’epoca di Fujimori (1993). L’allontanamento da Perù Libre è stato il primo suicidio politico che l’ha lasciato con pochissimo sostegno. Il secondo l’ha compiuto con l’annuncio a sorpresa del 7 dicembre.

La Procura Nazionale e il Consiglio Nazionale di Giustizia hanno condannato l’illegittima iniziativa di Castillo, e il Congresso (monocamerale), con 101 voti su 130 deputati, lo ha destituito per “incapacità morale permanente”, secondo l’articolo 113 della Costituzione.

Va ricordato che il Congresso aveva già tentato due volte di rimuovere Castillo dalla presidenza senza arrivare ai necessari 87 voti (2/3), con molti deputati più che altro preoccupati di mantenere i propri privilegi. Ma il gesto contro lo stato di diritto è stata la spinta decisiva per farlo cadere. Si è unito, così, agli ultimi 5 presidenti consecutivamente rimossi dall’incarico, segno evidente che qualcosa non funziona a livello istituzionale e costituzionale. È ciò che dovrà risolvere, se non questo governo, quello che uscirà dalle urne nelle nuove elezioni nazionali.

Questo, però, è un altro problema, perché per anticipare le elezioni – come pretende chi protesta – è necessario modificare la Costituzione, cosa che può fare solo il Congresso. Lo stesso Congresso che ha posto il veto a molte proposte di legge presentate nell’ultimo anno, lo stesso che ha appena bocciato una proposta di riforma che permetterebbe di anticipare le elezioni, dimostrando così una grande irresponsabilità sociale.

Mentre le bombe continuano a cadere, molti paesi della regione e del mondo hanno riconosciuto la nuova presidente. Tuttavia, Messico, Colombia, Bolivia, Venezuela, Cuba e Nicaragua hanno offerto sostegno all’ex presidente Castillo, affermando che si tratta di “un complotto innescato da forze di destra”.

I Vescovi cattolici, da parte loro, hanno promosso per il 18 dicembre una Giornata di preghiera per la Pace estendendo l’invito “a tutti gli uomini e le donne di buona volontà”. E ci sono dei gruppi di opinione, come il Movimento Politico per l’Unità (Mppu), impegnati nella formazione politica delle nuove generazioni, scommettendo sul futuro.

Il Natale non è mai stato così atteso dai peruviani, che hanno bisogno, al di là delle differenze ideologiche, di pacificare gli animi e di ritrovarsi come fratelli e sorelle.

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