Arturo di Modica, l’artista del Charging Bull

Il mondo dell’arte ha perso lo scultore siciliano, statunitense d’adozione che aveva realizzato il celebre “Toro di Wall Street”, l’opera simbolo del tempio della Finanza mondiale. Ritornato in Sicilia, voleva trasformare la sua casa in un un centro di aggregazione per artisti giovani da tutto il mondo e realizzare una grandiosa opera scultorea che sormontasse il piccolo fiume che costeggia la città, l’Ippari
Arturo Di Modica (AP Photo/Craig Ruttle, File)

Orgogliosamente figlio di Vittoria (Ragusa), ma conosciuto in tutto il mondo. Arturo Di Modica, l’artista che aveva realizzato il Charging Bull (“Il Toro di Wall Street”) è morto all’età di 80 anni.

Da qualche anno aveva deciso di ritornare nella sua città natale, aveva recuperato il rapporto con la Sicilia che non aveva mai interrotto. Tornava periodicamente negli Stati Uniti, dove aveva vissuto per più di 40 anni, e dove la sua fama di scultore aveva trovato la consacrazione. Soprattutto grazie a quell’opera che più lo rese noto, situato nel Bowling Green Park, nel quartiere della Borsa di New York. Oggi il Charging Bull è uno dei monumenti più visitati, secondo solo alla Statua della Libertà. Ha superato persino l’Empire State Building.

La storia di quel toro è emblematica. Di Modica la realizzò dopo il crollo della Borsa di Wall Street del 1987. Voleva simboleggiare la forza possente degli Stati Uniti, la capacità di reagire. Scelse un simbolo che lo riportava alle sue origini, alla sua terra di Sicilia, il bue, il toro: voleva rappresentare la Borsa che cresce. Lo realizzò interamente a sue spese e collocò quell’opera di tre tonnellate e mezza, abusivamente nel posto dove si trova adesso: un lavoro immane. Costò 360.000 dollari. Era il 16 dicembre 1989. L’iniziativa destò scalpore, reazioni forti ma anche consensi. Doveva essere una realizzazione solo temporanea ma, a poco a poco, quell’opera abusiva si trasformò in un simbolo. A poco a poco le iniziative per rimuoverla si sono affievolite e poi scomparse. Oggi il Toro di Wall Street è un simbolo irrinunciabile del tempio della finanza mondiale. Resterà al suo posto.

Nel frattempo, Arturo di Modica ha scelto di ritornare nella sua terra. Ha acquistato dei terreni e realizzato dei capannoni alla periferia della città. Voleva fare diventare casa sua un centro di aggregazione mondiale di artisti giovani. Scelse di vivere lì, pur continuando a recarsi negli Stati Uniti per dei brevi periodi. Aveva sempre un legame profondo con la terra che lo aveva adottato, che gli aveva dato la fama e dove era vissuto per più di 40 anni.

Il toro di Wall Street (AP Photo/Mark Lennihan, File)

Tanti artisti, tante persone, andavano a trovarlo. Arturo accoglieva tutti con semplicità e disponibilità: poche parole, carattere sobrio, tanta concretezza. Il 29 agosto scorso aveva ricevuto la vista dei quattro candidati sindaco della città che insieme gli avevano assicurato l’impegno per sostenere questo suo progetto per realizzare un’opera grandiosa che aveva immaginato e che voleva regalare alla sua città: due cavalli in bronzo da 40 metri situati uno di fronte all’altro a sormontare il fiume Ippari, il fiume che costeggia Vittoria. Nel frattempo aveva quasi completato un prototipo di 8 metri che voleva vendere per finanziare l’opera. Il sogno ora è rimasto incompiuto. È stato sconfitto da una malattia.

La sua vita e la sua opera sono quelle di un grande artista siciliano, dell’estremo sud della Sicilia, la provincia di Ragusa, terra di cultura e di artisti, di Piero Guccione, di Gesualdo Bufalino, di Salvatore Quasimodo, di Giorgio La Pira. Nella sua città resta un cavallo realizzato ed inaugurato alcuni anni fa.

Nel giorno del funerale la città si è fermata per il lutto cittadino. Il ricordo di un artista straordinario ha riempito le pagine dei quotidiani ed i palinsesti televisivi. In Italia ma anche e soprattutto negli Stati Uniti. Numerosi i messaggi pervenuti da tutto il mondo. Uno dei messaggi più significativi è quello del magistrato di Cassazione Bruno Giordano, anch’egli vittoriese. «Non sarebbe giusto, non basterebbe, non sarebbe vero dire che Arturo è stato un grande artista, uno scultore. Egli è stato molto di più: estroso, coraggioso, ambizioso, generoso, provocatore – scrive Giordano -. Ha visto il mondo come altri non l’hanno visto e ha dato al mondo molto di più di quello che ha avuto e visto. Un visionario della bellezza. Voleva donare a Vittoria la grandezza che merita. Un’opera incompleta, come capita ai grandi. Che la sua terra gli sia grata».

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