Arte in Casa d’Este

Soltanto due secoli, il Quattro e il Cinquecento. Ma che civiltà. Casa d’Este diventa per quell’epoca un crocevia di cultura, sospesa com’è fra Venezia e la Germania, l’Emilia e Firenze. Oggi, città del silenzio, ma allora, fervida di una gioia di vivere di cui rimane l’eco sulle pareti di Palazzo Schifanoia: una delle delizie, cioè le residenze fuori castello, dove i duchi trascorrevano lunghi periodi. Cossa e Tura, i capostipiti della pittura ferrarese del Quattrocento, vi hanno illustrato Mesi e Stagioni in una cronaca fra allegoria, cabala, astrologia e mito. Perché la corte degli Este è aperta a tutte le suggestioni culturali e artistiche. Vi passano van der Weyden, Giambellino e Tiziano, soprattutto, il quale orna un camerinodi una serie di tele mitologiche – ora disperse fra il Prado e la National Gallery londinese – di enorme suggestione poetica e visiva, fonte di originali variazioni dagli altri artisti cittadini, primi fra tutti i Dosso. Il Castello inoltre, si trasforma da maniero in residenza fastosa. È qui che ai primi del Cinquecento Antonio Lombardo esegue i quadri marmorei del Camerino d’alabastro per Alfonso I, una rivisitazione stupefatta dell’Antico, tornato oggi in sede da San Pietroburgo. Perché l’ambiente di corte è pervaso da una forte idealità: non solo la celebrazione del gusto classico, ma quella del ciclo cavalleresco, storie di eroi cristiani come Orlando e Goffredo. Per quasi un secolo la forniscono interpreti di genio, che in queste sale cantano in versi le storie di Orlando – innamorato (Boiardo) e furioso (Ariosto) – e l’impresa dei crociati, come nella Gerusalemme del Tasso. Musica – i madrigalisti – teatro, poesia e letteratura – il Bembo – in un ambiente che vede passare personaggi come Lucrezia Borgia e il cardinal Ippolito, Isabella marchesa a Mantova e suo marito Francesco, Renata di Francia e Giovanni Calvino, l’élite di uno stile di vita e di pensiero. Ma anche una fibrillazione politica e guerriera costante, con il ducato spesso in stato di conflitto con vari pretendenti: il mecenatismo e il brillio della corte sono autentici, però nascondono un’inquietudine che mai manca e che porterà gli Este ad estinguersi nel 1598 e a vedere il ducato tornare allo stato della chiesa. Con la conseguente dispersione di un patrimonio artistico immenso, di cui ora, nelle 50 sale del castello circa 200 fra dipinti sculture ceramiche e miniature, rivivono come in un sogno. Effimero, come tutti i sogni, ma necessario a dire oggi cosa è una civiltà, e come le sue radici siano ancora vive nella cultura d’Europa. m.d.b. Gli Este a Ferrara. Castello Estense, fino al 13/6 (cat. Silvana editoriale). Sopra: Alfonso I d’Este. In alto: Pietà di Cosmè Tura. A des.: Antonio Lombardo, part. del Camerino d’alabastro.

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