Approvata (con polemiche) la legge sul voto di scambio

C’è voluto un ping-pong di quattro letture di Camera e Senato per varare la riforma dell’art.416-ter del Codice penale. Con gli emendamenti introdotti alla Camera ha prevalso il compromesso fra maggioranza e FI: con la legge approvata la platea del reato si allarga, ma la pena si riduce. Dubbi permangono sulla reale efficacia del contrasto all’inquinamento mafioso del voto
Beppe Grillo in tribuna al Senato con diversi deputati M5S durante il Ddl sul voto di scambio politico-mafioso

Il grido d’allarme. La prima relazione della Commissione europea sulla corruzione, del febbraio 2014, ha parlato di un costo della corruzione per l’economia europea di 120 miliardi di euro l’anno, pari all’1 per cento del Pil comunitario (poco meno del budget annuale dell’Ue).

L’anno scorso, la Crim (Commissione speciale sul crimine organizzato, la corruzione e il riciclaggio di denaro) individuava in ben 3.600 le organizzazioni criminali internazionali censite sul territorio dell’Unione europea e quantificava il fenomeno della criminalità organizzata in Europa con una incidenza significativamente superiore sul Pil comunitario (4-5 per cento).

Una (mezza) buona notizia. Sulla scorta di dati così inquietanti c’è da salutare positivamente, certo, il varo da parte del nostro Parlamento di una legge sul voto di scambio che possa essere applicata sin dall’election day del prossimo 25 maggio che eleggerà i nuovi parlamentari europei, i sindaci di oltre 4 mila comuni e i presidenti di due regioni (Abruzzo e Piemonte).

La modifica dell’articolo 416-ter del Codice penale sullo scambio elettorale politico-mafioso consente di perseguire e sanzionare un reato fra i più gravi della nostra epoca, che ha permesso di far entrare nelle istituzioni rappresentative politici legati alla mafia. Dunque «è una buona notizia», ha commentato l’associazione antimafia Libera, aggiungendo tuttavia che «è stato un errore ridurre le pene». Dunque una “mezza” buona notizia.

Cosa cambia con la riforma approvata? Si modifica l’impostazione della legge attuale, punendo non più “chi ottiene la promessa” ma “chi accetta la promessa”, ed estendendo lo scambio legato alla sola “erogazione di denaro” allo scambio connesso “ad altra utilità”.

Rispetto alla prima versione esitata il 28 gennaio dal Senato, che prevedeva la pena da 7 a 12 anni e la “messa a disposizione” del parlamentare tra le possibili offerte in cambio dei voti mafiosi, nel testo definitivamente approvato ieri le pene si riducono da 4 a 10 anni.

Il reato si allarga, la pena si restringe: con un minimo così basso, in mancanza dell’aggravante di ulteriori reati (ad esempio quello di associazione di tipo mafioso previsto dall’art.416-bis del Codice penale) le probabilità che il politico colluso con la mafia vada in carcere sono estremamente basse. Efficacia deterrente del reato: addio?  

Valutazioni contrastanti. Per Davide Mattiello (Pd), che era stato il relatore della legge alla Camera, è positivo il fatto che non ci sarà vacatio legis, cioè la legge entrerà subito in vigore e non nei successivi 15 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e riporta i giudizi sintetici del Procuratore antimafia Franco Roberti (che la valuta “perfetta”) e del neo presidente dellAuthority anticorruzione Raffaele Cantone (che la definisce “equilibrata”).

Di parere nettamente opposto il Movimento 5 Stelle, che aveva appoggiato il testo nella prima versione uscita dal Senato e che ha lottato fino alla fine perché non passassero gli emendamenti successivamente approvati alla Camera (proposti da Forza Italia) che consegnavano al Senato una nuova versione che riduceva sensibilmente le pene. Nella bagarre che ha contrassegnato la discussione finale a Palazzo Madama a farne le spese sono stati due senatori del M5S che sono stati espulsi dall’Aula. Alla fine, la legge è passata con il solo voto contrario dei pentastellati e l’astensione della Lega.

Altri punti deboli. Secondo alcuni magistrati antimafia, la legge approvata consentirebbe di punire solo il voto di scambio ottenuto attraverso intimidazione o violenza (come si evincerebbe dal testo: “mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis”); modalità che – affermano – non costituiscono certo, oggi, l’usuale modo di procedere del controllo mafioso del consenso, comunemente ottenuto contrattando/scambiando con il politico candidato il pacchetto di voti dei clan in previsione di ottenere futuri vantaggi, senza alcun ricorso a forzature intimidatorie/violente (quando non sia proprio il candidato politico a prendere l’iniziativa ricercandone l’appoggio elettorale).

E queste modalità di reato – ribadiscono ancora quei magistrati – con la nuova legge rischiano di rimanere impunite o di essere configurate quali meri reati di corruzione elettorale e puniti in modo leggero.

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