Anziani sulla breccia

Quanto è schivo e pacato lui, tanto è vivace ed estroversa lei. Ma entrambi due rocce, per quanto riguarda la fede. Lui è don Flavio Tosi, 76 anni, nativo di San Giovanni Lupatoto, a sud di Verona, e ora collaboratore della parrocchia di San Giacomo nella città scaligera. E lei è Mèyra Lucchi Moise, 83 anni, istriana di Cherso trapiantata a Parona, sulle pendici del Valpolicella: una vita dedicata all’insegnamento nonché all’evangelizzazione. E come don Flavio, tutt’altro che rassegnata alla pensione, anche ora che gli acciacchi dell’età si fanno sentire. Conoscere l’esperienza dell’uno e dell’altra (li ho incontrati in momenti diversi, e ne ho già sritto su queste colonne) è rendersi conto di quale potente aiuto nel percorrere il cammino verso la santità e produrre, allo stesso tempo, frutti abbondanti per il regno di Dio derivi da un’amicizia fondata su Cristo. Mèyra è stata tra le prime persone conosciute quando ero parroco a Parona, dove lei tuttora risiede – racconta don Flavio -. Da quando lei pure ha fatto proprio lo spirito dei Focolari, tra noi il rapporto è di profonda condivisione nella fede e nelle scelte di vita. Per don Flavio, Mèyra è stata anche la chiave d’accesso per entrare in un nuovo campo di apostolato. Avevo un po’ il rammarico di non vivere tutte le opere di misericordia come la visita ai carcerati, e proprio grazie a lei, in scambio epistolare con alcuni detenuti, ho avuto questa opportunità. Il contatto personale con diversi di loro dura ormai da anni, soprattutto tramite lettere, ma in certi casi anche con visite periodiche fatte insieme. Mèyra, bisogna riconoscerlo, è una persona un po’ unica, sempre piena di iniziative che a volte cozzano con l’età, la salute un po’ precaria e i tanti fronti in cui è già impegnata. Quando mi sembra che esageri, cerco di ridimensionarla un po’; del resto lei è sempre disposta a perdere la propria idea. Di fronte invece all’ultima impresa di questa vedova iscrittasi a Filosofia presso l’università statale il 2 ottobre 2005, giorno del suo 82° compleanno, non ci sono state obiezioni. Ma perché questa decisione? Lo sentiamo da lei stessa. Più che altro sento questa come una occasione per testimoniare Cristo in mezzo i giovani. Il primo giorno, al corso di Storia della filosofia antica il professore ha detto: Non c’è nessuno qui che ha da dire qualcosa?. E guardava me con intenzione. Professore, ha ragione: quel qualcuno sono io. Le sembrerà strano che una della mia età… (e ho cominciato a raccontargli di me). Ci provo, non è detto che ci riesca. E lui: Con quella faccia ci riesce, eccome!. Appunto per non perdere la faccia, ho studiato come una matta il suo corso su Aristotele e l’anima, prendendo al primo esame 30 e lode. Anche da qualche altro professore ho ricevuto incoraggiamenti. Uno anzi insiste perché collabori con lui per un futuro corso sulla famiglia, malgrado gli abbia obiettato di non sentirmi all’altezza, avendo insegnato soltanto nelle scuole medie. I primi giorni, a dire il vero, ero un po’ spaesata in quel labirinto di sale, salette, corridoi, aule dal nome strano. Temevo anche di non farcela con la memoria, che invece mi sono accorta di avere ancora discreta: finché dura, vado avanti… Gli studenti? Un po’ meravigliati all’inizio nel vedere una matricola della mia età, sono stati sempre molto gentili con me; sono ormai per loro una collega, mi telefonano, vengono a trovarmi, ci scambiamo gli appunti, mi invitano a incontri o feste a cui cerco di partecipare, facendomi accompagnare in auto da qualche amica. Non mancano episodi divertenti come questo. Un giorno davanti al portone dell’Università s’era piazzato un giovane a vendere Il Manifesto a tutti quelli che arrivavano. Voleva venderlo anche a me: No grazie, conosco abbastanza i contenuti. E mi sono messa a distribuire dall’altra parte del portone Come incontrare Cristo oggi, un libretto di cui avevo con me un centinaio di copie. Lui mi guardava con due occhi così perché gli studenti venivano da me piuttosto che da lui. A un certo punto sbotta: Ma insomma, ‘sta vecia deve farmi concorrenza!. Al che mi sono avvicinata e gli ho detto: Caro, ci vuol carisma anche per vendere Il Manifesto. Lui ha incassato il colpo e dopo un po’ se ne è andato. Un’altra volta, ad alcune giovani colleghe visibilmente scontente, Mèyra ha chiesto espressamente: Avete tutto eppure mi sembrate tanto tristi. Come mai?. Quel suo modo di fare schietto e insieme affettuoso ha suscitato le loro confidenze: non erano credenti e avvertivano un vuoto esistenziale. Allora non le ho più mollate. Dopo neanche un mese una di loro mi scrive: Da quando sei qui ci hai ridato la gioia di vivere. Alla prima occasione le ho invitate a mangiare una pizza: Ma come, aspettate che vi arrivi la gioia da una vecchia? Se fossi più giovane, farei fuoco e fiamme, sarei a Montecitorio!. Dopo di loro hanno cominciato ad affezionarsi a me anche i ragazzi. La mia esperienza è che i giovani sono buoni di fondo, e sarebbero fatti per grandi cose. Ma hanno bisogno di qualcuno che li sproni e proponga loro grandi ideali. Mi sembra di vederla, questa ultraottantenne rimasta sé stessa senza cedere a tentazioni giovanilistiche pur di risultare più accetta, mentre è alle prese con i giovani e i loro problemi, magari impegnata in animate discussioni sul Codice da Vinci. Frequentare poi – come lei – due corsi lo stesso giorno, senza rinunciare alle sue lezioni di catechismo e, la sera, a dare lezioni private di altro tipo, risulterebbe impegnativo per chiunque. Ma io mi diverto molto – ride Mèyra -. Magari a casa sono piena di malesseri, ma quando vado all’università (cosa strana!) mi passa tutto e mi sento come fossi una ventenne. Mèyra non finisce di meravigliare: – commenta don Flavio -: ora la vedi prostrata, e un momento dopo è tutta un’altra persona. Per me è una prova lampante di come lo Spirito sostenga il fisico. Essere in comunione spirituale e poter fare qualcosa per gli altri – lei ha una fede purissima, e ogni cosa fa vedendo in tutti Gesù – la tirano su in maniera straordinaria.

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