Anno scolastico al via, tra incertezze e precariato

Inizia il nuovo anno scolastico per migliaia di studenti. Non mancano le polemiche per via del precariato e dei bassi stipendi che coinvolgono la categoria degli insegnanti. Gli studenti tornano in classe in una condizione di semi-normalità, via la mascherina, ma non si escludono provvedimenti ulteriori se la situazione pandemica dovesse aggravarsi.
Foto Alessandro Bremec/LaPresse

Inizia in questi giorni il nuovo anno scolastico: stop alle mascherine ed a obbligo vaccinale per il rientro in classe, nonostante il Covid non sia stato debellato. Ovviamente, se il quadro epidemiologico dovesse cambiare, sono possibili nuovi provvedimenti. Rimangono le misure per i soggetti positivi alla infezione da Covid 19 ma non è prevista la Didattica a distanza. Sono ammessi a scuola studenti con sintomi respiratori di lieve entità, ma senza febbre. In tal caso dovranno rimanere in classe con mascherina FFP2. L’obbligo della mascherina rimane per personale scolastico e studenti a rischio di sviluppare forme severe di infezione. Il Dirigente scolastico deve richiedere ad Asur ed Arpa monitoraggi per adeguata aerazione delle aule. Va fatta una costante sanificazione dei locali. Nei casi sospetti l’alunno va posto in isolamento nella stanza Covid in attesa di essere riaccompagnato a casa. Novità positiva: l’isolamento è ridotto a 5 giorni.

Il 12 settembre sono rientrati a scuola gli alunni in 6 Regioni. Poi gli altri nei giorni successivi. Troveranno 50 mila nuovi docenti assunti ma permane il problema del precariato. Erano previste 95 mila assunzioni. L’Anief chiede un doppio canale di reclutamento, altrimenti solleciterà un altro intervento dell’Europa. Il ministro Bianchi puntualizza: “Non c’è nessun balletto delle supplenze. Abbiamo lavorato per fare tutto prima del primo settembre, non dopo come si faceva un tempo. Il sorriso dei ragazzi è la soddisfazione più grande, perché il primo giorno di scuola è una festa”.

Purtroppo gli stipendi degli insegnanti sono lontani dalla media europea: si parte da poco più di 20 mila euro annui nella scuola primaria. Sono 1400 euro netti per i professori. L’organico Ata è insufficiente per riaprire le scuole. Serve un organico aggiuntivo o sarà mobilitazione. I sindacati chiedono da tempo stipendi europei, aumento degli organici per docenti e Ata, più tempo scuola in tutto il Paese. Si tratta di destinare alla scuola un punto percentuale in più del Pil. Vedremo le scelte del nuovo Governo.

In sintesi, le scuole riaprono tra le proteste. I tagli fatti 15 anni fa si fanno sentire. Aumentare stipendi ed organici, eliminare le classi pollaio è doveroso ma per migliorare la scuola ci vuole molto altro. È necessario fissare un numero massimo di studenti nel dimensionamento di una comunità educante affinché sia assicurata la dimensione relazionale e comunicativa. È fissato solo il minimo in 600 alunni eccetto isole e comuni montani. Servono scuole a misura di relazioni umane e professionali.

Poi occorre sburocratizzare: ridurre il profluvio di norme, circolari, direttive, note, decreti che soffocano l’attività educativa fondamentale di docenti e dirigenti. L’insegnante non può essere ridotto ad uno scribacchino. Deve avere più tempo per  strutturare  la classe in una comunità  di apprendimento, per capire quali strategie sono più adatte per gli studenti che non apprendono, per utilizzare in modo proficuo le tecnologie informatiche e nuove metodologie di insegnamento- apprendimento,  per comprendere come integrare la comunità  esterna senza snaturare la  funzione formativa ed educativa della scuola, come responsabilizzare gli studenti mobilitando le loro capacità, senza lasciarli essere destinatari passivi.

Non basta parlare di riforme. Bisogna incidere sulle prassi didattiche concrete. Le scuole potranno solo così ridurre dispersione e povertà educative. È prioritario lavorare sulle competenze professionali dei docenti. Non abbiamo bisogno di un esercito di insegnanti malpagato, senza incentivi veri a migliorare la propria professionalità. Come afferma Michele De Beni, gli educatori siano maestri di speranza. Per affrontare l’emergenza educativa servono docenti e genitori che introducano i giovani alla vita vera, nel quadro di uno sconvolgimento antropologico di tipo epocale. Abbiamo assolutamente bisogno di ” buoni” insegnanti. Cosa fanno di speciale gli insegnanti?  Fanno la differenza. “In un mondo disorientato, infatti, un buon insegnante, con la sua passione e competenza, può effettivamente fare la differenza e dare speranza al futuro delle nuove generazioni”.

Riparte l’anno scolastico mentre la guerra in Ucraina e la crisi energetica con il caro bollette mettono le famiglie in seria difficoltà. A questo si aggiunge il rincaro dei libri di testo, quaderni ed astucci, di circa il 7%. 7.285.978 mila alunni con 620.256 docenti in 8029 scuole sono coinvolti. Si parte. Via la Dad. Nei programmi dei partiti un certo spazio è dedicato alla scuola, anche se non centrale. Tutti sono d’accordo sull’ adeguamento degli stipendi ai livelli europei (la media è superiore di circa 6 mila euro lordi annui). Il PD punta su 10 miliardi di investimenti e sulla estensione dell’obbligo dai 3 ai 18 anni. Il M5s chiede la scuola dei mestieri, lo ius scholae,  più psicologi e pedagogisti. La Lega propone la riforma degli Istituti professionali, dell’Alternanza scuola- lavoro e il potenziamento degli insegnanti di sostegno. Azione propone di inviare gli insegnanti migliori nel Sud, come si fa con i magistrati. Il programma del Centrodestra chiede l’eliminazione del precariato, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, il buono scuola per le famiglie che chiedono le scuole paritarie. L’ impressione comunque è che la scuola con Università e ricerca non siano ancora centrali nel dibattito elettorale.

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