Angelica alla conquista del gran mondo

Un personaggio iconico del “Gattopardo” rivive in un romanzo tutto per sé di Silvana La Spina
Angelica (Claudia Cardinale) danza nella celebre scena dal film "Il Gattopardo" di Luchino Visconti (Foto blu ray del film, Pubblico dominio)

Capita che uno scrittore innamorato dei classici della letteratura decida, perché intrigato da uno dei personaggi preferiti, di dedicargli a sua volta un romanzo che ne esplori la vicenda, la quale, se in parte può svolgersi parallelamente all’opera ispiratrice, ne comprenda anche il prima e il dopo della sua parabola esistenziale, con l’intento di scolpirne la figura a tutto tondo.

Così ha fatto Silvana La Spina, prolifica autrice convinta del potere immaginifico della letteratura, originaria del nord Italia ma con un rapporto privilegiato con la Sicilia. Non a caso la scintilla ispiratrice del suo ultimo romanzo Angelica, edito da Neri Pozzi, è scaturita dalla frequentazione col capolavoro “sicilianissimo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, nel quale questa figura femminile, figlia dell’amministratore di don Fabrizio Corbera principe di Salina, anche se personaggio non minore, lasciava aperti ampi spazi di approfondimento.

La “nuova” Angelica (ancora una donna protagonista dei romanzi della scrittrice), è pronta a scalare le vette sociali grazie alle ricchezze accumulate dal padre, don Calogero Sedara, che pur di arricchirsi non ha scrupoli a servirsi di banditi locali per i suoi loschi affari. Ambita dal nipote di don Fabrizio, Tancredi Falconeri, attratto sì dalla sua bellezza, ma soprattutto dai beni che ella porta in dote, beni necessari alle sue ambizioni carrieristiche, Angelica è un temperamento libero e forte, che sa bene cosa vuole dalla vita: emergere sugli insulsi aristocratici decaduti che, pur se ridotti i propri patrimoni, non mancano mai di marcare le distanze da una parvenue come lei.

Se Angelica non ha raggiunto la felicità sposando il superficiale Tancredi, grazie a lui, come rivalsa, finirà per dare scacco alla nobiltà, diventando una raffinata dama alla moda, che s’intende d’arte e suona il pianoforte, che dal suo palazzo a Palermo, dove il marito fa di tutto per diventare deputato anche con l’aiuto mafioso del suocero, arriva ad essere accolta alla corte di Vienna, finendo anche lei nelle maglie della politica per aiutare la stessa imperatrice Sissi a risolvere un grave problema dell’adorato figlio Rodolfo.

L’autrice, lei pure temperamento inquieto e forte come la protagonista, nella quale evidentemente s’identifica, racconta la “sua” Angelica con partecipazione: dalla fiorente giovinezza amareggiata dall’odio di una madre follealla ricerca fallimentare di felicità, lei che neanche la nascita di una bambina ha potuto appagare, fino all’età avanzata, quando, non più ammirata dagli uomini, resta pur sempre la regina dei salotti palermitani e il riferimento per quanto riguarda l’eleganza e il buon gusto.

Il romanzo, che attraversa la storia nazionale dal Risorgimento all’Unità d’Italia, è più di una vicenda al femminile: tema centrale, a mio avviso, è il potere delle ricchezze, al quale uomini e donne si asserviscono a costo di indossare maschere per apparire diversi da quelli che sono, pur di raggiungere una effimera felicità.

Con umana comprensione La Spina descrive le loro passioni e miserie, penetrando i caratteri dei tanti personaggi che affollano il romanzo, anche di quelli minori. Spicca tra gli altri donna Concetta Corbera, una delle figlie del principe di Salina: avrebbe sposato Tancredi se prima Angelica non glielo avesse portato via, eppure si sacrifica rimanendo fedele all’amicizia con la rivale.

Angelica le sopravvive e, giunta a fare un bilancio della sua vita, immagina di doverle una spiegazione: «Cara Concetta! È vero, il nostro Tancredi alla fine ha scelto me, ma non perché non ti amasse, era solo più innamorato di sé stesso. E senza una dote adeguata non avrebbe potuto fare la carriera che ha fatto. Del resto non ha amato nemmeno me, tranquillizzati, cara. Ha solo amato i sacchetti di danaro che appartenevano alla mia dote. Di me ha amato solo la bellezza, ma non il cuore, e forse, come ha detto una volta, anche la mia forza. Non ha capito, lo stupido, che la più forte eri tu. Con la tua dolcezza e determinazione sei stato il faro della mia vita». Con questa confessione sincera della protagonista si conclude il bel romanzo di Silvana La Spina.

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