Andrej Tarkovskij e la dignità dell’uomo

La straordinaria produzione del regista russo. Da Andrei Roublev a Solaris, da Lo Specchio a Sacrificio, il suo testamento spirituale.

«La cosa più importante per me è la questione della dignità umana… Senza di essa non può esserci alcuno sviluppo dell’umanità».[1] Queste parole, affermate spesso dal regista Andrej Tarkovskij nella sua vita, ci permettono di leggere la sua straordinaria e complessa produzione cinematografica da un punto di vista nuovo e per certi versi chiarificatore.

Nato in Russia a Zavrože nel 1932, Andrej Tarkovskij perse il padre Arsenij, noto poeta, in tenera età e sentirà molto questa mancanza per lungo tempo. Altri dolori segneranno la sua infanzia e l’adolescenza, in particolare la violenza della guerra e lo stalinismo più acuto, lasciando nella sua anima, in maniera indelebile, un desiderio di pace universale.

La figura del padre gli ispirerà tre importanti film: L’infanzia di Ivan  1962, Andrei Roublev 1965, Lo Specchio 1975. Nello Specchio egli, come tributo d’amore, inserirà esplicitamente nella sceneggiatura alcune poesie del padre.

Intraprese in gioventù studi artistici di musica e pittura ma, pur essendo attratto da quegli studi, li interruppe per partecipare ad una spedizione scientifica in Siberia. Qualcosa lo spingeva a ricercare la verità nella ricerca e nel progresso. Quel lungo viaggio rappresentò un’esperienza totalmente nuova che sconvolse ogni progetto precedentemente intrapreso, indirizzandolo verso nuove scelte, per poter donare agli uomini del suo tempo la verità che egli aveva scoperto e di cui aveva urgenza di parlare.

Aveva intuito, infatti, dopo il suo viaggio in Siberia, che la scelta più importante per il progresso e lo sviluppo dell’umanità era quella di lavorare per ridare ad ogni uomo la consapevolezza della propria dignità. Tutto quanto si produceva e si ricercava, tutto quanto si scopriva e si progettava, era ben poca cosa se non si affrontava «la questione della dignità umana».

Il cinema gli sembrò, allora, la strada più adatta per aiutare l’uomo a raggiungere nella libertà le sue aspirazioni più grandi e nobili. Da quel momento tutta la sua arte sarà illuminata da questa tensione nuova.

Il suo primo film L’infanzia di Ivan (1962), che a sorpresa gli valse il Leone d’oro a Venezia, rivelò al mondo un regista capace di parlare al cuore di tutti attraverso un’iconografica forte, ricca di poesia e di struggente nostalgia. In maniera originalissima aveva raccontato l’infanzia tragica di un ragazzo infatuato della guerra. Un esplicito ed accorato invito a riscoprire la dignità dell’infanzia come qualcosa di sacro e da difendere ad ogni costo. Il film risultò abbastanza innovativo anche dal punto di vista compositivo, avvalendosi di flash-back, di un simbolismo naturale ed anche di contrasti poetici.

Dopo Ivan, Tarkovskij si dedicò ad un progetto che aveva coltivato a lungo: raccontare la drammatica avventura umana di Andrej Roublev, un famoso monaco pittore di icone. Anche Andrej, come il piccolo Ivan, aveva perso il padre in tenera età. Il film Andrej Roublev (1965), ritenuto uno dei più grandi capolavori della cinematografia mondiale, mostrò al mondo la violenza medievale, spesso taciuta e nascosta, capace di disumanizzare i costumi e la cultura del tempo, annientando in forme aberranti la dignità umana. Il film non fu molto gradito all’atea Russia, che non comprese così tanto impegno per la produzione di un film sulla vita di un monaco, e fu presentato al pubblico solo sette anni dopo, nel 1972.

Terzo film, Solaris (1972) ancora sulla dignità dell’uomo, questa volta cercata e trovata non sulla Terra ma nello spazio. Un film fantascientifico, tratto dal romanzo dello scrittore polacco Stanislaw Lem, sulla storia avventurosa di tre scienziati che stazionando in un orbita extra-terrestre subiscono l’influenza misteriosa di un pianeta sconosciuto. Tale influenza frantumando ogni corazza psicologica di nascondimento interiore, ogni falso pudore, rivelerà la verità nascosta di ciascuno, ed anche il desiderio di essere pienamente se stessi. Una dignità ritrovata nella libertà interiore e nella comunione profonda con l’altro.

Quarto film Lo Specchio (1975) ovvero il bisogno forte per l’uomo del surreale. Senza di esso la personalità umana risulta monca. La realtà da sola può risultare limitante e l’uomo potrà smarrirsi non riuscendo mai a comprendere se stesso e gli altri. Abbiamo necessità vitale del sogno per proiettare la vita oltre il già posseduto. Impedire all’uomo di sognare e realizzare le spinte interiori costituisce un attentato all’integrità della vita umana

Il film destò serie preoccupazioni nel regime. L’uomo reale, limitato dall’agire e dal fare, che Tarkovskij presentava nel suo film, contrastava la visione ideologica sovietica, che proponeva l’agire e il fare come valori assoluti. Ritirato dalla distribuzione Lo specchio fu messo in circolazione solo un anno dopo, ma nel circuito di terza categoria, senza compensi economici per il regista. Nonostante le tante perplessità sulla sua arte, innegabile fu il riconoscimento del suo valore, per cui poté continuare a lavorare in patria.

Nel 1979 apparirà Stalker, un secondo film fantascientifico ricco di fascino e di mistero, dove serpeggia un’intensa ricerca spirituale. Lo Stalker, un idealista, una guida per un gruppo di visitatori    in una zona interplanetaria dove, volendo, si può soddisfare ogni desiderio umano inappagato. Avendo forti idealità, supportati da una retta coscienza, possiamo raggiungere la felicità, indipendentemente dalla volontà e dalla capacita degli altri.

Solo nel 1981 egli per la prima volta gira un film fuori dell’Unione Sovietica. Egli giunge infatti in Italia per Nostalgia per raccontare la storia di un poeta sovietico in viaggio in Italia per scrivere la biografia di un compositore russo del XVIII secolo. L’incontro con Domenico, un matto, darà una svolta alla sua vita. La “nostalgia” da cui deriva il titolo è quella del poeta espatriato, ma anche quella dei vari personaggi che cercano di superare la propria alienazione spirituale e ricucire la propria separazione fisica dalle altre persone.

Siamo nati per entrare in relazione con l’altro, nonostante le difficoltà. Il bene relazionale quindi come necessità e come conquista.

L’ultimo suo film Sacrificio (1986), girato in Svezia, rappresenta l’ultimo e forse il più estremo atto di eroismo dell’animo umano: quello che permetterà all’uomo di sacrificare se stesso per la salvezza dell’umanità. Dare la propria vita per gli altri. Un film di rara bellezza che conquistò la Giuria di Cannes per la purezza delle immagini e per un simbolismo di alta densità drammatica e poetica.

Andrej Tarkovskij morirà proprio nel 1986 a Parigi e Sacrifico può considerarsi il suo testamento spirituale.

 

[1] Il Cinema, Grande Storia illustrata, Vol. VII Istituto Geografico De Agostinim  Novara 1982 p. 27

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