Ancora una fumata nera (l’ennesima) per la Consulta

Sullo scenario internazionale rullano tamburi di guerra e risuonano minacce terroristiche, e sul versante nazionale è in corso un confronto serrato sulla riforma del mercato del lavoro. Nominati Zanettin e Balducci al Csm, ma dopo 14 votazioni il Parlamento è ancora bloccato sulla scelta di due giudici per la Corte Costituzionale
Luciano Violante

Nel panorama internazionale trovano centralità il dramma dei profughi in fuga da Iraq e Siria, le minacce dell’Isis all’Occidente, le sanzioni a Putin per la vicenda-Ucraina.  Nel quadro della politica interna del nostro Paese occupano la scena la contesa sulla riforma del lavoro e il braccio di forza con i sindacati. Sono questi i temi che, in misura prioritaria, interessano (e preoccupano) l’opinione pubblica in questo momento.

A seguire le cronache politiche, però, si ha la sensazione che le attenzioni di partiti e Parlamento, dalla ripresa dell’attività settembrina, siano soprattutto rivolte alle nomine per la Corte Costituzionale e per il Consiglio Superiore della Magistratura, configurando una incomprensibile situazione di stallo di cui la gente comune, stretta nella morsa di ben altri problemi esistenziali contingenti, non sa darsi ragione.

L’accordo fra Pd e Fi. Per quanto riguarda il Csm, l'indicazione era di votare Pierantonio Zanettin (Fi) e Paola Balducci (Sel): l’intesa su questi nomi, alla fine, ha retto ed i due candidati sono stati nominati ieri. Per la Consulta, invece, si è passati dal ticket iniziale fra Luciano Violante (candidato del Pd, nella foto) e Antonio Catricalà (candidato indipendente, ma segnalato da FI), a quello fra Violante e Donato Bruno (candidato organico a Fi): in entrambi i casi il Parlamento, dopo 14 votazioni, non ha raggiunto il quorum necessario.

È solo un problema di persone e di curriculum? Si tratta di storie personali e percorsi politici non speculari o sovrapponibili.

Luciano Violante, già magistrato e poi docente universitario, parlamentare per otto legislature, è già stato presidente della Commissione antimafia (1992-1994) e della Camera dei deputati (1996-2001). Il neo? È un “uomo di partito”: dal 1979 (Pci) fino ad oggi (Pd), passando da Pds e Ds. È “uomo per tutte le poltrone”, aggiunge Ferruccio Sansa su Il Fatto quotidiano

Donato Bruno, avvocato patrocinante in Cassazione, vicino a Silvio Berlusconi sin dal 1978, deputato per quattro legislature (Fi/Pdl) è oggi senatore e vice-capogruppo al Senato di Fi. Presidente della Commissione affari Costituzionali (nel 2001 e nel 2008), nonché della Giunta per le elezioni e della Giunta per il regolamento (nel 2006); già nel 2008 era stato in lizza per la nomina a giudice della Corte Costituzionale senza riuscire a raggiungere il quorum dopo 22 votazioni. Il neo? Anche per lui lo stesso: è “uomo di partito”. Ma non solo. Bruno sarebbe coinvolto nell’inchiesta di Isernia per una consulenza da 2,5 milioni di euro nel fallimento dell’ex colosso tessile Itierre, anche se l’interessato smentisce.

Si dirà: ma cosa c’entra Violante con Bruno? Evidente: il ticket affossa anche lui, perché i patti sono patti. Ma curricula (e nei) dei candidati a parte, è evidente che è in corso una faida tutta intestina ai due partiti che li hanno proposti per il ridisegno di equilibri interni.

Come se ne esce? Anche se Pd e Fi non annunciano finora candidature alternative, quella di ieri potrebbe essere l’ultima tornata di votazioni incentrata sugli stessi nominativi: lo segnalano le 655 schede bianche su 848 votanti.

Il Movimento 5 Stelle, in una lettera, ha chiesto ai due candidati di Pd e Fi di fare un passo indietro, per favorire l’uscita dall’impasse.«Siano presentati nomi non politici, ma tecnici e la coppia Violante-Bruno si ritiri». 

Ed è certo che, alla Consulta, servano giuristi piuttosto che uomini di partito. 

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