Amore, istruzioni per l’uso

Una coppia di una certa età era venuta a consultarmi perché desiderava risolvere il problema dell’acquisto di un appartamento. La procedura fu molto lunga, considerando che l’agente immobiliare era fallito. Il marito morì prima ancora della conclusione dell’affare. Madame J rimase quindi sola. Veniva spesso a trovarmi, per lei ero diventato un amico. Un giorno mi confidò la sua disperazione: non contava più nulla per nessuno. Viveva sola, senza famiglia, senza amici, senza altro scopo oltre a quello di attendere la morte attraversando le miserie della vecchiaia e la freddezza dell’egoismo umano. “Madame, non ha il diritto di dire che non ha più amici. Pensavo di essere per lei un amico…”. “È vero, ma lei abita lontano”. “Ma come? Non ha il telefono? È vero, lei abita a cento chilometri da qui, ma con una chiamata lei è qui al mio fianco”. “Sì certo, non ci avevo pensato”. “Madame, mi prometta che, quando si sente sola, mi telefonerà “. “D’accordo, glielo prometto “. Qualche tempo dopo, era un mercoledì pomeriggio, ricevetti una chiamata: “Sono io, Madame J. Ho deciso di farla finita con questa vita senza senso. Ma, prima di partire, volevo salutarla”. “Un momento… Se lei si suicida oggi, il funerale avverrà venerdì prossimo, o sbaglio? Ora, ciò mi crea un problema, perché vorrei accompagnarla al cimitero. E venerdì ho una grossa udienza in tribunale. Come risolviamo il problema? Potrebbe farmi l’ultimo favore di posporre la partenza? Basterebbero pochi giorni”. Silenzio. Continuai: “E nell’attesa, non dimentichi di sorridere, perché tanta gente ne ha bisogno. Se la mattina lei esce da casa con un bel sorriso sulle labbra, vedrà che incontrerà della gente. Ad esempio, la giovane moglie del medico che abita accanto alla sua casa: vedendola passare con un bel sorriso potrebbe dirsi: “Guarda un po’, Madame J sorride. Eppure la sua vita non è certo allegra. Si è rovinata acquistando un appartamento da un agente che è fallito, ha perso suo marito, non ha figli, né amici, invecchia con le sue malattie… Eppure sorride. Io, invece, mi sono svegliata con un’ombra di tristezza nel cuore, nonostante abbia un marito, due bambini e la felicità…”. Così la moglie del medico si metterà a sorridere, e lo trasmetterà alle persone che incontrerà facendo la spesa. In questo modo il suo sorriso contagerà tutto il paese”. Per mesi non ebbi più notizie di Madame J, fino al giorno in cui lei fissò con la segretaria un appuntamento. La feci entrare. Era un fiore sbocciato. “Si figuri che, dopo la nostra ultima telefonata, ho incontrato un vedovo. Ho ritrovato gusto per la vita. Non mi immaginavo che alla mia età si potesse ancora piacere a qualcuno. E ci siamo addirittura sposati. Accetterebbe di conoscerlo? “. “Ma certo, Madame, con grande piacere”. La donna si precipitò nella sala d’aspetto e tornò nel mio ufficio sotto braccio a un bell’uomo di settant’anni. Dopo le presentazioni, Madame J assunse un tono commosso e solenne: “Alla nostra età, quando ci si sposa non arrivano regali dalle persone che ci circondano. Ma un matrimonio senza regali non è un matrimonio. Così con mio marito ci siamo detti che, se anche non ricevevamo regali, almeno potevamo farli. E allora eccoci qui”. Mi tese un delizioso pacchettino. Lo aprii, ed ecco una penna d’oro, una penna che voleva essere il simbolo del filo d’oro dell’amore. È la stessa penna che oggi mi permette di vergare queste righe con molta forza, fatta di fede, gioia e speranza, dopo aver trovato il titolo giusto: “Amore, istruzioni per l’uso”. La notte più profonda capitola al mattino Ieri, sul finire della mattinata, ho ricevuto una telefonata di un cliente che conosco da trent’anni. Per tre volte ho dovuto seguire le sue cause di divorzio, ed ogni volta abbiamo avuto modo di dialogare a lungo. Conosce il senso dei valori a cui credo, e sa che non approvo sempre le sue scelte. Così, quando mi ha chiamato, gli ho chiesto per quale delle sue donne dovessi intervenire. Mi ha risposto che effettivamente era Madame X, che conoscevo bene. “Ha un grosso problema: un figlio disabile di 22 anni, Y, che finora era ospite di un centro specializzato per… bambini. Pochi giorni fa, è stato ricoverato d’ufficio in ospedale. E, lei lo sa, in certi ambienti si dice che ciò sia simile ad essere internati a Dachau. In poche ore, un giovane che viene da un ambiente protetto, che conosce bene, dove ci sono solo bambini più piccoli di lui, delle educatrici che lo curano… si trova incarcerato in una cella d’ospedale”. Ho incontrato Madame X, una mamma disperata. Mi ha chiesto di intervenire immediatamente contro i medici che avevano prescritto il ricovero forzato. L’ho ascoltata, cercando di farle capire che, con ogni probabilità, il medico aveva solamente obbedito alle regole professionali e etiche del suo lavoro. Lei stessa avrebbe mai accettato di lasciare il suo bambino di dieci anni in un istituto per bambini a fianco di adulti di 22 anni? Così la donna ha cominciato ad ascoltarmi. Avrebbe voluto che depositassi una denuncia al procuratore contro i medici e gli ospedali implicati nella faccenda… Le ho fatto notare che avrei dovuto denunciare tut- ti coloro che stavano dedicandosi a suo figlio e a chi era nella sua stessa situazione. Confesso che ero un po’ in imbarazzo, perché nessuna norma giuridica mi sembrava permettermi di aiutarla. E nello stesso tempo mi pareva chiaro che non era opportuno seguirla nella sua richiesta di denuncia. Che fare? Ho quindi pensato che suo figlio Y era solo nella sua stanza d’ospedale, e che a mala pena riusciva a comunicare con sua madre, e con nessun altro. Quel ragazzo, che Madame X mi aveva descritto come estremamente sensibile, doveva soffrire in modo spropositato. Aveva forse bisogno di un messaggio di pace, di amore. Così ho detto alla donna: “Mi permette di fare un regalo a suo figlio?”. “Non è un regalo che voglio, ma la sua libertà”, mi ha risposto. Le ho quindi detto che la libertà del figlio passava per la libertà del suo cuore, e che se riceveva un messaggio di amicizia di qualcuno che non conosceva, poteva anche quello essere un modo per aiutarlo a liberararsi, in attesa che i servizi amministrativi trovassero un altro istituto adatto al suo caso. Ho cercato tra le mie conoscenze i luoghi dove indirizzarla. Ma tutti gli indirizzi trovati non avevano possibilità supplementari di accoglienza di nuovi ospiti. E le ricerche fatte fino ad allora, anche in ambienti politici, si erano rivelate infruttuose. Madame X soffriva dell’incapacità della società di risolvere il problema di suo figlio. Mi rimaneva una sola risorsa. Dire alla donna che l’avevo a cuore, come avevo a cuore suo figlio. Semplicemente perché Dio mi amava personalmente. Per amore di quel Dio, volevo darle una prova d’affetto per il figlio. Ho quindi preso un libro di favole in poesia che avevo scritto qualche anno prima, e ho tracciato una dedica per Y: “Un tuo sorriso può trasformare le lacrime in perle di cristallo”. Madame X è rimasta sorpresa della dedica, e si è messa a piangere. E mi ha detto: “Sono venuta qui per mio figlio, ma anche…”. “Sì, lei è venuta anche per lei stessa”, ho completato la sua frase. Ho aggiunto un’altra riga alla dedica: “La notte più profonda capitola al mattino”. A quel punto Madame X mi ha abbracciato. La figlia di 23 anni, che l’aveva accompagnata, non credeva ai suoi occhi: venti minuti prima la madre era oltremodo aggressiva, ed ora era invece in lacrime, mentre abbracciava l’avvocato che voleva coinvolgere nel suo attacco “alla società”. Stamattina ho trovato una busta sulla mia scrivania. C’era una foto di Y, con una dedica: “Ognuno deve accrescere il meglio che è in sé per rischiarare la notte con una dolcezza infinita”. Firmato Y. Sul retro, era riportata una poesia della mamma, Madame X: “Ho sognato un Natale/ Tra le candele/ Gli invitati/ Erano gli afflitti/ Uniti nella favola/ E nel calore della notte/ Hanno unito le loro lacrime/ Ascoltando i loro cuori/ Mormorando come un segreto/ Anno nuovo, dacci la pace”. E la firma: “Senza rancore ci siamo capiti grazie al tenue filo della poesia”.

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