Amministrazioni pubbliche più trasparenti. Per decreto

La corruzione sistemica inquina la vita sociale e politica ed è tra le cause del blocco economico e occupazionale. Con l’approvazione della legge anticorruzione e l’esecutività del decreto sulla trasparenza delle Pubbliche amministrazioni ci sono ora gli strumenti per un'azione di contrasto. Con il controllo di autorità pubbliche e anche dei cittadini
Palazzo Koch a Roma

«Troppa corruzione in Italia, terzultima nell'Eurozona». Così titolava Il Sole 24 Ore a corredo dei dati sulla corruzione che annualmente vengono diffusi dall'ong Transaperency International, l’associazione che dal 1998 compila la classifica dell’Indice di percezione della corruzione (Cpi) di 182 Paesi nel Mondo.

Nel 2011 l'Italia si trovava al 69esimo posto e nella Ue eravamo quartultimi nella lotta alla corruzione. Nel 2012 abbiamo fatto anche peggio (sic!), scivolando al 72esimo posto, terzultima nazione europea seguita solo da Grecia e Bulgaria. È antipatico fare paragoni, ma non si può fare a meno di notare che, ad esempio, la Francia e persino la Spagna (nonostante la sua grave crisi) ci precedono di una cinquantina di posizioni in questa classifica del disonore.

Quanto ci costa? Secondo le stime del Dipartimento della funzione pubblica, riprese anche nella relazione del procuratore generale della Corte dei conti, l’Italia perde annualmente da 60 a 70 miliardi di euro per il giro d’affari legato alla corruzione.

Al di là della precisione dei dati, una cosa è certa: la corruzione, definita “sistemica” dalla Corte dei conti, è tra le principali cause del blocco economico, provocando una serie di perdite a catena che vanno a incidere sul lavoro e sulle opportunità di crescita. È innegabile, infatti, che oltre a inquinare la vita politica e sociale, la corruzione aumenta la sfiducia degli investitori stranieri nel nostro sistema-Paese e diminuisce, di conseguenza, l’afflusso di capitali dall’estero, facendoci perdere importanti opportunità di sviluppo e di lavoro.

Il contrasto è possibile Adesso ci sono gli strumenti. Dopo la lunga serie di scandali e sperperi delle giunte regionali di tutta la Penisola – dal Lazio alla Lombardia, dalla Campania alla Sicilia, dal Veneto al Piemonte (è di questi giorni la notizia dei 53 consiglieri regionali su 60 di quest’ultima regione  – di tutti i partiti, 5 Stelle incluso – indagati per uso spregiudicato di denaro pubblico), finalmente è operativa la legge n.190/2012 nota come “legge anti-corruzione” approvata dal Parlamento nel novembre dello scorso anno. E un paio di settimane orsono (il 5 aprile) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto legislativo n. 33 del 14 marzo 2013 sulla trasparenza nelle pubbliche amministrazioni.

Case di vetro Il Decreto legge sulla trasparenza introduce norme che prevedono, da un lato, l’obbligo di pubblicazione sui siti web istituzionali di ogni aspetto inerente le attività delle pubbliche amministrazioni e, dall’altro, il diritto di accesso totale a queste informazioni da parte dei cittadini. E prevede sanzioni rigorose nei casi di inadempienza. Non solo nei riguardi degli amministratori responsabili, ma anche nei confronti delle stesse istituzioni (Comuni, Regioni…) che rischiano il taglio del 50 per cento dei trasferimenti annuali ove non pubblicassero i rendiconti. Con effetti devastanti sulle risorse disponibili per i servizi da offrire ai cittadini.

Chi è tenuto Per "amministrazioni pubbliche" si intendono tutte le amministrazioni dello Stato. Quindi il decreto non attiene soltanto a Regioni, Province e Comuni. Ma riguarda anche le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Comunità montane, i consorzi, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, tutti gli enti pubblici non economici (nazionali, regionali e locali), le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, le istituzioni universitarie ed anche gli istituti, le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative. Perché corruzione e illegalità si annidano non solo negli ambiti a guida politica, e vanno contrastate a ogni livello.

Cosa va pubblicato Documenti, informazioni e dati concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni: in pratica tutto ciò che comporta impegni di spesa di denaro pubblico. Dai compensi e redditi di politici e dirigenti delle amministrazioni pubbliche (inclusi i congiunti di primo e secondo grado, per evitare sprechi e ruberie collaterali) agli incarichi di collaborazione e di consulenza attribuiti a soggetti individuati discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione; dalle procedure seguite per il reclutamento, a qualsiasi titolo, di personale presso l'amministrazione (a tempo indeterminato o determinato), alla corresponsione del trattamento accessorio (gratifiche ed incentivi al personale), dando conto del livello di selettività e del grado di differenziazione utilizzati per l’attribuzione della premialità; dai bandi di gara per forniture di lavori e servizi, alle modalità di scelta dei contraenti…

Vincoli preventivi di spesa. Non basterà pubblicare, ad esempio, gli incarichi dirigenziali e quelli di consulenza conferiti (corredati dalle finalità dell’incarico, dai curricula dei destinatari, dalla durata dell’incarico e del compenso previsto). La comunicazione contestuale al Dipartimento della funzione pubblica della presidenza del Consiglio dei ministri e la successiva approvazione da parte dello stesso sono  condizioni per l'acquisizione dell'efficacia dell'atto e per la liquidazione dei relativi   compensi.  

Diritto di accesso ai dati È previsto senza limiti, per chiunque. Diventeremo tutti dei severi controllori, avendo modo di conoscere tempestivamente, monitorare (e allo Stato di sanzionare se necessario), come vengono spesi i nostri soldi.

Prevenzione di un rischio La legge 190/2012 e il decreto 33/2013, in più punti, prescrivono – e alla “clausola di invarianza” ribadiscono – che «dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Ci mancherebbe pure! Potrebbe sembrare assurda questa precisazione, ma è più che opportuna, giacché il rischio che le pubbliche amministrazioni siano tentate dall’affidare a società esterne il compito della gestione dei propri siti web istituzionali – con l’introduzione di nuovi rivoli di spesa clientelare – non è una ipotesi peregrina.

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