Amicizie nate durante il fitness

Si può cercare di vivere il Vangelo anche in una palestra, facendo del fitness? Accade in Svizzera.

A causa di qualche disturbo, il medico mi ha consigliato di iscrivermi ad un club fitness. Non ne ero attratto, ma avevo l’impressione di averne bisogno. Certo un club del genere non è proprio una cattedrale che invita alla preghiera…anzi, proprio il contrario: è il luogo dove si può essere tentati di celebrare se stessi, per ben apparire! Certamente il mio “bel” fisico non può certo aspirare a vincere un concorso di bellezza!

In quell’ambiente ciò che più mi faceva male era costatare l’esaltazione dell’ego. Quasi nessuno rispondeva al saluto o tanto meno si rivolgeva all’altro. Ognuno per sé e basta. Eppure volevo che il Vangelo fosse anche lì, durante l’attività fisica. Insieme ai tanti giovani, che sembrano degli dei greci, c’è  anche un gran numero di persone di una certa età che, come me, si danno da fare per migliorare la salute. Come Carmen, una signora di 80 anni, che a malapena riesce a camminare con il bastone e che ha trovato come aggrapparsi a due stanghe per poter camminare secondo il suo lento ritmo con impegno e costanza per quasi due ore al giorno.

Anche lei doveva essere “una candidata” del mio amore. Ho scoperto che parlava spagnolo e, conoscendo la sua lingua, mi sono avvicinato per salutarla. Si sa, una parola tira l’altra ed il suo volto s’illuminava, contenta che qualcuno le rivolgesse la parola. Mi dice piena di gioia che quel giorno era anniversario del suo matrimonio,  56 anni. Condivido la sua gioia facendole gli auguri. Che testimonianza di fedeltà nei tempi che corrono!

«Non è tanto facile – le dico – restare nell’amore, per non cadere nella routine della tolleranza reciproca e …». Mi guarda un po’ stupita, ma io ho finito il training e devo andare perché sono atteso.

Qualche giorno dopo mi reco di nuovo al fitness e lei mi fa segno di avvicinarmi. «Sa, quando alla fine del nostro dialogo mi ha detto quella frase, non capivo esattamente ciò che intendeva, ma ho lasciato perdere e sono tornata a casa. Dovevo svegliare mio marito, per aiutarlo, ma non era né nella stanza, né in casa. Ho chiesto aiuto ai vicini e lo abbiamo cercato dappertutto. Dopo lunghe ricerche, l’ho trovato fuori oltre vari incroci ancora in pigiama. C’erano delle persone che volevano aiutarlo, però non sapeva più il suo nome né dove abitava. Prima che arrivassi da lui ho ripensato alla frase che mi aveva detto: amare, non sopportare. L’ho preso a braccetto . Con gli occhi sbarrati mi guarda e mi  chiede: “Lei chi è ? Tua moglie! Vieni, andiamo a casa, ti faccio la doccia, facciamo colazione e poi usciamo un po’!”  “Allora tu sai dove abito…”».

Carmen aggiunge: «Sa non ho pensato per niente di rimproverarlo. Quella piccola parola sua “amare”, non sopportare, è stata decisiva per me. Mio marito ha questa malattia, dimentica e si smarrisce. Quindi che rimprovero potevo fargli?  L’amore inizia proprio lì, non è così?».

Il rapporto con Carmen diventa sempre più cordiale e personale e quando non sa come cavarsela, le viene spontaneo di chiedermi se possiamo trovare una soluzione al problema: sia che si tratti di cose gravi, come la sua salute. È logico, darle un aiuto o fare una preghiera per e con lei!…ma anche per cose meno gravi, come un’immaginetta di sant’Antonio che le era stata rubata insieme alla borsa contenente anche i documenti e del denaro, mentre era nel negozio per comperare il latte ed il pane. Il marito era rimasto fuori ad aspettarla con la borsa quando è stato avvicinato da qualcuno che gliel’ha strappata di mano, lasciandolo confuso e smarrito. Sì, i documenti potevano essere sostituiti, ma l’immaginetta di sant’Antonio era quasi insostituibile.

Quando qualche giorno fa mi ha comunicato il responso del medico che diceva che il suo mal di gola era dovuto ad un tumore, era logico per lei confidarmelo con la preghiera: «Vero che ora non mi lascia in asso!». Era logico assicurale che avremmo portato insieme anche questa croce.

Ma Carmen non era l’unica persona da avvicinare là dentro.

Avevo saputo che un mio amico conosciuto in Equador è in fin di vita. Cosa potevo fare di concreto  per lui, se non una preghiera? Questo canale mi sembrava la cosa migliore per aiutarlo da lontano. Ma non volevo semplicemente scuotere il Cielo, ma fare anche una piccola offerta a Dio per ottenere una speciale grazia per lui. Così decido, durante il training di cercare contatto con la persona che mi sembrava  più chiusa e inaccessibile. Non era affare da poco per me che mi porto dentro un buona dose di timidezza.

Ecco chi può essere  la mia “vittima”! Quel ragazzo là, chiuso in se stesso, che non guarda in faccia a nessuno.  Avevo cercato già di salutarlo, ma si comportava come se non sentisse o vedesse.  Al mio saluto , non mi ha neanche guardato e quando gli ho fatto una domanda, il suo sguardo diceva chiaramente che lo disturbavo. Una piccola dichiarazione ha cambiato tutto: «Io faccio gli esercizi con tutte le forze e sudo come una bestia. Tu ancora più di me e non vedo neanche una goccia di sudore, pensi che posso imparare, che ci arriverò anche io?». il ragazzo scoppia a ridere forte sorpreso dalla mia domanda…ed inizia a darmi consigli, ad incoraggiarmi a tener duro. « Alcuni sudano di più altri meno, non darti pena!..».

Il ghiaccio era rotto e il dialogo continuava...niente di straordinario  certamente, ma era il primo passo per un rapporto cordiale.

Qualche giorno dopo ci siamo rivisti e alla sua domanda di come stavo, ho sentito di non dargli una risposta superficiale, ma di comunicargli ciò che di profondo c’era nel mio cuore! Gli ho raccontato del mio amico in Equador e di mio fratello, cui il giorno prima era stato scoperto un tumore maligno. Queste notizie mi facevano soffrire molto, soprattutto il fatto di non poter far niente di concreto per loro. Mi ascoltava attentamente e poi: «Se si ama qualcuno, come un vero amico o un fratello si può anche essere tristi…!». Poi ci siamo lasciati ed ognuno ha continuato i propri esercizi.

Dopo tre giorni eravamo di nuovo lì insieme e sono andato a salutarlo per ringraziarlo di quel momento per me molto importante. E lui: «Grazie a te per la fiducia che mi tocca profondamente. Mai nella vita mi è capitato che qualcuno mi parlasse di cose così personali. Ho passato un anno difficile, ma quel momento con te mi ha permesso di vedere tutto in un’altra prospettiva e sono grato di averti incontrato. Spero che possiamo diventare amici».

Gli ho promesso che avrei pregato per lui. Mi ha guardato sorpreso : «Io non credo in Dio, ma chissà se il rapporto con te non mi apra la porta alla fede…».

Ha collaborato Maria Pia Di Giacomo

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