L’Europa è leader mondiale nell’impegno per il clima: raddoppia la quota di energie rinnovabili dal 2005 contribuendo alla riduzione delle emissioni di gas serra e l’uso di combustibili fossili. Ulteriori progressi giungono anche grazie ad innovazione, finanza sostenibile e lavoro verde.
Nonostante ciò, il vecchio continente è sotto stress sui cambiamenti climatici: è quello che si riscalda più rapidamente nell’intero pianeta. Ed è anche complessa la situazione della biodiversità con tutti gli ecosistemi – terrestri, di acqua dolce e marini – in crisi a causa dei modelli di produzione e consumo non sostenibili.
Questi dati sono stati presentati il 28 ottobre a Roma presso la Camera dei Deputati attraverso tre strumenti fondamentali: il Rapporto europeo “Europe’s Environment 2025” dell’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), il Rapporto “Stato dell’Ambiente in Italia 2025: Indicatori e Analisi” dell’Istituto Superiore per la Protezione a la Ricerca Ambientale (Ispra) e il Rapporto Ambiente del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), che comprende Ispra e le Agenzie ambientali di Regioni e Province autonome (Arpa/Appa).
I tre Rapporti non sono studi isolati, ma parte di un’unica cornice conoscitiva fondata su indicatori ambientali ufficiali, costantemente aggiornati che consentono di monitorare i progressi e misurare l’efficacia delle politiche pubbliche.
Come si colloca l’Italia in questo quadro generale? Siamo secondi sul podio dell’economia circolare: con un tasso di utilizzo circolare dei materiali raggiugiamo il 20,8% nel 2023, quasi il doppio della media Ue (11,8%). Riduciamo le emissioni di gas serra (-26,4% tra 1990 e 2023), cresce l’agricoltura biologica, aumenta il consumo di energia da fonti rinnovabili che punta al 38,7% entro il 2030.
Ma le sfide più urgenti riguardano la biodiversità, il consumo del suolo e il clima.
La biodiversità italiana continua ad essere sotto pressione. È una delle più ricche in Europa: solo l’8% degli habitat naturali risulta in uno stato di conservazione favorevole, mentre il 28% delle specie di vertebrati e il 24% delle piante vascolari valutate sono a rischio estinzione.
Il consumo di suolo invece resta una criticità: nel 2024 sono stati persi 7.850 ettari, pari a 21,5 ettari al giorno.
Infine il versante climatico che preoccupa non poco: il 2024 è stato l’anno più caldo dal 1961. I ghiacciai alpini diminuiscono in maniera sostenuta e l’innalzamento del livello del mare, pur di pochi millimetri l’anno, è continuo e non è da sottovalutare. Forti temporali e inondazioni sono quintuplicati in sette anni: dal 2017 l’Italia si colloca stabilmente su livelli superiori alla media europea.
Sul fronte della qualità ambientale, l’Italia mostra risultati contrastanti: da un lato un aumento dei corpi idrici superficiali in stato chimico buono, che raggiungono il 78% dei fiumi; dall’altro, nonostante l’inquinamento atmosferico presenti un generale miglioramento, avvicinandosi al rispetto dei valori limite di legge, si necessita di ulteriori interventi per raggiungere pienamente i valori di riferimento dell’Organizzazione mondiale della sanità.
A livello regionale si nota il vero motore sostenibile del Paese dove le politiche ambientali iniziano a produrre effetti tangibili. Come sempre ci sono eccezioni positive e negative, disuguaglianze territoriali e ritardi da colmare. Per l’economia circolare, performance di raccolta differenziata particolarmente positive in Veneto (77,7%), Emilia-Romagna (77,2%) e Sardegna (76,3%). Valle d’Aosta, Trentino e Basilicata si distinguono per l’elevato consumo di energia prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Molto vicine al target Ue per l’agricoltura biologica le regioni del Centro e del Mezzogiorno.
Infine solo sette Regioni hanno ad oggi approvato formalmente una Strategia regionale di adattamento ai cambiamenti climatici, ma tutte hanno inserito il tema dell’adattamento climatico tra le priorità della propria programmazione ambientale.