Amare i giovani

Un patto educativo globale, partendo dalle vere domande di senso dei giovani.

Qualche settimana fa papa Francesco ha lanciato l’iniziativa di un Patto educativo globale, che avrà come evento centrale l’incontro di maggio 2020 a Roma. Il papa convoca tutti coloro che sono sinceramente preoccupati dell’attuale deriva nella trasmissione di valori autentici e umanizzanti, deriva che porta le nuove generazioni allo sbaraglio e ad essere facile preda di poteri che le manipolano a piacimento. Dico “tutti” perché in effetti l’evento di maggio (e la sua preparazione già da adesso) non è indirizzato ai soli cattolici o credenti, ma a tutte le persone che si danno da fare per i cambiamenti culturali, con uno sguardo privilegiato per i giovani. Questo prossimo appuntamento potrebbe avere la portata di quel rinomato incontro di Assisi di 26 anni fa, quando Giovanni Paolo II fece un accorato appello per la pace, insieme a tutti i capi mondiali delle grandi religioni.

L’emergenza educativa che viviamo oggi, in questa società della dis-conoscenza, come qualcuno ha avuto modo di denominarla, è evidente e i suoi effetti sono a portata di mano. Ci vuole un’alleanza educativa davvero mondiale e globale, che apra nuovi orizzonti con criteri e valori di massima percorribili da chiunque. Si tratta di valori legati soprattutto alla cura della persona e della natura. Stiamo parlando quindi di un’ecologia integrale e non riduttiva, reale e non ideologica. Non manca chi parla di tornare al concetto di “sapienza”, presente in tutte le culture, per una decisa inversione di marcia che non torni al passato, ma guardi al futuro.

E a proposito di futuro, mi preme sottolineare un’idea essenziale. Spesso, quando ci rivolgiamo ai giovani, parliamo di loro come del “nostro” futuro. Anche in campo educativo, le nostre considerazioni tradiscono questa visione inconscia. In definitiva, siamo sempre noi adulti ad essere il punto di riferimento. Allora mi domando: ci interessano davvero i giovani? Non è vero piuttosto che continuiamo a pensare il mondo come nostro e strumentalizziamo le nuove generazioni alla luce dei nostri interessi, pur buoni che siano? Come dice Alberto Rossetti, nel suo splendido libro I giovani non sono una minaccia (Città Nuova, 2019), i giovani non sono il nostro futuro, ma caso mai il “loro” futuro.

Vorrei sbagliarmi ma, purtroppo, temo che in tanti dei nostri turbamenti, anche in campo pedagogico, manchi un vero amore per i giovani. In sintesi, li osserviamo a distanza, senza vera empatia, senza sintonizzarci con i loro dolori e sospensioni; in sostanza senza comprenderli. Ci disturbano quando non accettano le nostre idee o proposte per loro; non ci rendiamo conto che il problema non è il bene che proponiamo, ma il fatto che non partiamo dalle loro vere domande di senso.
Amare i giovani è oggi la sfida fondamentale. Non esito a dire che si tratta della dimensione più profonda dell’amore, da mettere in pratica. Per essi vale la pena spendersi radicalmente, pronti a perdere le nostri visioni, spesso troppo “corrette”. Essi ci sorprenderanno con la loro purezza, generosità e apertura.

Il Patto educativo globale innescato da papa Francesco avrà successo se fin da oggi si stabilisce un’alleanza generazionale centrata sull’amore. Nell’attuarla – non c’è dubbio –, la prima responsabilità è quella degli adulti.

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