Amare Gesù in ognuno

L’amore evangelico vuole che si veda Gesù nel prossimo, come egli ha detto parlando del giudizio finale: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere… Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? (…) In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25, 35.40). Quindi quest’arte di amare chiede pure che si veda Gesù, che si creda che dietro ad ogni fratello c’è Gesù, perché egli ritiene fatto a sé il bene e il male fatti al prossimo. Oggi la santità deve fuoriuscire dai conventi, essere presente nelle case, nelle scuole, nelle strade, negli uffici, nei parlamenti…, perché oggi, più di una volta, si è preso coscienza che anche i laici sono chiamati alla santità. E allora, come potranno essi, non isolati, non riparati da mura, privi di tutti quegli accorgimenti che la vita spirituale chiedeva un tempo, trovare l’unione con Dio stando in mezzo al mondo? Essi che non solo non sono protetti da alcunché, ma vivono sempre circondati da altri uomini e donne, che un tempo si preferiva tener lontani. Ma ecco qui incominciare a luccicare quasi una perla. Lo Spirito Santo, illuminandoci con un suo carisma, ci ha suggerito: proprio il fratello, la sorella, proprio loro, che un tempo potevano essere visti come ostacoli, possono diventare addirittura la vostra via per arrivare a Dio, un’apertura, una porta, una strada, un varco su di lui. Ad una condizione, naturalmente: che non essi influiscano su di noi, con il loro comportamento spesso solo umano, ma noi su di essi con il nostro, soprannaturale. E come? Si sa: amandoli. Amandoli ad uno ad uno durante la giornata, tutta la giornata. Amandoli con quell’arte d’amare che è divina, perché possibile solo con l’amore infuso nel nostro cuore dallo Spirito Santo. E noi tutti ne conosciamo ormai le esigenze. Che avverrà se faremo così? Alla sera, ad esempio, durante la preghiera, e poi anche durante il giorno, quando, per un attimo, potremo raccoglierci da soli con Dio, avvertiremo la sua presenza. Egli è venuto a noi, perché noi siamo andati a lui nei fratelli. Si realizza così quell’unione sperimentata che molti di noi conoscono, ma non sanno ancora definire, classificare, forse perché nuova, sensibile ai sensi dell’anima, che riempie il cuore d’amore. E così, con Lui presente, possiamo rivedere ogni nostra faccenda. Ne consegue, fra il resto, che se abbiamo ottenuto ciò attraverso il fratello amato, questi non è soltanto un nostro beneficato, ma un nostro benefattore: ci ha procurato ciò che di meglio speravamo. Occorrerà allora che lo avviciniamo con riconoscenza e questo ci metterà in umiltà, virtù che poi serve molto all’amore. Bisogna tradurre in carità, trasformare in carità, i vari contatti che abbiamo con i prossimi durante la giornata. Dal mattino quando ci alziamo, alla sera quando ci corichiamo, ogni rapporto con gli altri deve essere carità. In chiesa, in casa, in ufficio, a scuola, per strada dobbiamo trovare le varie occasioni per vivere la carità. È nostro compito insegnare, istruire, governare, sfamare, vestire, accudire i familiari, servire i clienti, sbrigare pratiche? Dobbiamo fare ogni cosa per Gesù nei fratelli, non trascurando nessuno, anzi amando tutti per primi. È una ginnastica, durante la giornata, ma merita, merita perché, in tal modo, si va avanti nell’amore di Dio. (Da L’arte di amare,

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