Alle radici di una spiritualità

“Lettere dei primi tempi” di Chiara Lubich pubblicato da Città Nuova. Ne parliamo con Marco Tecilla, il primo focolarino.
Marco Tecilla

Che il carisma dell’unità avesse una vocazione tendente all’universalità già appariva innegabile nelle lettere che Chiara Lubich scriveva negli anni della Seconda guerra mondiale e in quelli immediatamente successivi. Molti di questi scritti, conservati dai vari destinatari, sono stati pubblicati da Città Nuova editrice a fine febbraio – Lettere dei primi tempi. Alle origini di una nuova spiritualità (1943-1949) –. Si tratta di un corpus di ben sessanta missive che Silvia Lubich scriveva a familiari, giovani conosciuti presso le terziarie francescane, religiosi e persone frequentate durante gli anni dell’insegnamento. Molti di loro non avrebbero continuato il cammino nel Movimento dei focolari; ma erano persone in cui la giovane intravedeva germi spirituali fuori dal comune.

Sempre negli stessi anni, anche un diciannovenne operaio della ferrovia Trento-Malé fece la conoscenza di Chiara e della nascente spiritualità. Marco Tecilla fu il primo focolarino che ora ha aiutato i curatori nella scelta degli scritti. «Ero stato invitato da padre Casimiro a un incontro per soli ragazzi a Sala Massaia – mi racconta –. Vidi entrare nell’aula questa squadra di ragazze capeggiata da una bellissima giovane dai capelli neri: era Chiara. Sentendola parlare rimasi folgorato anche se in realtà non ricordo cosa disse; ma il fuoco, il clima mi aveva impressionato. Dopo qualche giorno padre Casimiro mi mise in mano un fornello bruciato della casetta di Chiara e delle prime compagne. Da allora sono sempre tornato in quell’appartamento per aggiustare qualcosa, respirando il linguaggio evangelico che permeava quel luogo».

La sua scelta di vita fu legata anche a una lettera di Chiara: «Ero in crisi e padre Casimiro scrisse una lettera a Chiara; e lei, per risposta, ne consegnò un’altra a me nel giro di un’ora. In essa si riprendeva una frase del Vangelo: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto e seguimi”. Oggi, purtroppo, quella lettera non esiste più, come tante altre, perché la riconsegnai a lei quando mi chiamò ad essere capo focolare».

Marco Tecilla parla anche di un fuoco «che anima queste lettere» perché in esse vi sono le radici, le fondamenta di quella spiritualità che fiorirà negli anni successivi. Un carisma che, come scrive Chiara in quegli anni a Fosca Pellegrini, «dà le vertigini e se non ci buttassimo a capofitto… ci sentiremmo barcollare!».

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