Afghanistan Cina, un treno per Kabul

Afghanistan, Sono molti gli annunci allarmanti sulla grave situazione alimentare, sanitaria e sociale del martoriato Paese. Oggi vogliamo fermarci su un treno di aiuti partito dalla Cina verso Kabul. Una goccia in mezzo all’oceano del bisogno, ma almeno è qualcosa.
Afghanistan (AP Photo/Bernat Armangue)

Un treno pieno di aiuti per la gente è partito alla volta dell’Afghanistan: lo ha annunciato il 22 novembre l’agenzia cinese Cgtn. Una notizia che non ha fatto il giro del mondo, come spesso accade per questo tipo di notizie, che è però molto importante e non è passata inosservata agli analisti asiatici che monitorano la geopolicia. Mille tonnellate di cibo, medicine e aiuti umanitari partiti da una regione della Cina che è al centro di contese politiche internazionali (e di fake news): la regione autonoma dello Xinjiang dove vivono popolazioni uygure, e precisamente dalla città di Urumqui, nella parte nord occidentale della regione. Il treno, dopo 2 giorni di viaggio, arriverà in Afghanistan a Mazar-i-Sharif.

È stata approntata una procedura d’urgenza per il passaggio dei controlli doganali di confine, una specie di ‘percorso verde’ che permetterà alla merce di essere scaricata già 3 ore dopo l’arrivo. L’iniziativa era stata annunciata dal responsabile dell’Urumqi Freight Center e subito attuata. La cosa che potremmo definire strana è che da luglio 2021 sono arrivate dalla Cina altre 2.600 tonnellate di cibo, medicine, vestiti, scarpe, coperte e quant’altro possa essere necessario agli afghani, che tra poco dovranno affrontare un lungo e rigido inverno. E nessuno, in Occidente, ne ha parlato!

Il commercio tra Cina e Afghanistan non si è mai fermato e l’aiuto umanitario complessivo finora stanziato è di 200 milioni di yuan, circa 31,2 milioni di dollari, di cui il treno per Mazar-i-Sharif fa parte.
La nuova rete ferroviaria promossa dalla Cina, e collegata con con quelle di vari Paesi, sta diventando operativa e trasporta già containers di merci in Laos e Afghanistan, ma attraversa ormai anche la Russia e raggiunge la Polonia, la Germania e l’Italia. Da tempo la Cina sta allestendo questi collegamenti terrestri per commerciare con il mondo intero (Vedi l’ articolo: http://www.cittanuova.it/dal-g7-via-occidentale-alternativa-alla-belt-and-road-cinese/?ms=007&se=023)

È una rete che potremmo dire alternativa all’attuale, fatta di rotte marittime, di navi porta container mastodontiche e inquinanti, che non di rado perdono il carico o si incagliano a Suez e, soprattutto, sono per l’80% controllate da compagnie occidentali. Ma c’è dell’altro: da gennaio 2022 il nolo dei container dalla Cina, in partenza dal porto di Yangon, passerà da 1.200 dollari a circa 14.000 dollari. Per i consumatori di tutto il mondo non è una bella notizia. Per non parlare poi del nolo dei container che partono da Shanghai per Los Angeles: si potrebbe arrivare anche a 20.000 dollari.

La ragione? Controlli e politiche doganali. A settembre, per esempio, si sono fermate 66 navi porta container in attesa di passare la dogana. Questo ha sconvolto la catena di distribuzione statunitense e non solo per quanto riguarda i prodotti finiti, ma ha messo in crisi tutta la catena di produzione e distribuzione mondiale di materie prime! Per i cinesi, quindi, ma anche per tutti i consumatori finali soprattutto asiatici ed europei, la ‘nuova via della seta’ terrestre è molto più vantaggiosa, perchè facilita il passaggio delle merci da un capo all’altro del mondo.

Naturalmente molta stampa schierata si è indignata per l’aiuto cinese all’Afghanistan, considerandolo esclusivamente come un nuovo modo cinese per espandersi e controllare il Paese centro-asiatico. Intanto, però, si tratta comunque di aiuti umanitari necessari. Se poi c’è una finalità diversa non è comunque, in questo caso, così evidente.

Anche le speculazioni sull’arrivo di militari cinesi nella base di Bagram, in Afghanistan, sono iniziate subito dopo il ritiro delle forze Nato, a fine agosto. Fino ad oggi, non si trova una sola foto satellitare che sancisca queste illazioni. Ma già un’ipotesi non confermata, come questa, amplifica la politicizzazione e distoglie dai problemi concreti, come le condizioni durissime di mancanza di tutto in cui si trova la popolazione afghana.

Questo è il tempo che ci deve vedere impegnati a organizzare non uno ma centinaia di treni ed aerei che portino aiuto alla gente in Afghanistan. Non importa il colore politico o religioso: quando si ha fame, si soffre tutti allo stesso modo. E la gente, a Kabul ed in tutto il Paese, ha fame, sete, freddo, ed ha bisogno di vaccini. Basta con le armi. Recita un famoso proverbio: “Sotto il cielo siamo tutti un’unica famiglia”. Sì, è un proverbio cinese, ma non è ancora stato politicizzato.

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